Rivista Anarchica Online
Liberarete
a cura di Marco Cagnotti(cagnotti@venus.it)
India e China
Ricordo certe proiezioni trionfalistiche che andavano tanto di moda fino a poco tempo fa. Crescite
esponenziali
(fateci caso: quando qualcosa cresce molto, si dice sempre che ha una crescita "esponenziale"
anche quando la
funzione esponenziale c'entra come i cavoli a merenda). Miliardi di utenti della Rete entro quindici o vent'anni.
Curiosamente, da un po' di tempo si è sgonfiato tutto. Cos'è successo? E' successo che la crescita
è diminuita.
Sia chiaro: il bacino di utenza aumenta ancora. Ma un po' meno. Siamo ancora molto lontani dal fondo del barile,
ma qualcosa si è inceppato. Così molti analisti si sono accorti che quella crescita che pareva
inarrestabile risente
invece di rallentamenti. Frequenti, imprevedibili, e legati alle realtà locali: aree geografiche diverse
presentano
differenze notevoli. Come ho spiegato nel numero precedente di A, c'è tutto un mondo che di Internet non
sa
nulla, neppure che esiste: i morti di fame, in fondo alla scala sociale. E poi c'è una grande massa della
popolazione che è istruita abbastanza per accedervi, e magari ha anche un tenore di vita tale da consentire
di
andare online
ma non ci va. Magari perché situazioni contingenti glielo impediscono, come un apparato
burocratico mastodontico o un regime dittatoriale. Lasciamo perdere l'Italia, alla quale alcune stime
attribuiscono quasi due milioni e mezzo di utenti, e altre parlano
di non più di 250 mila abbonamenti
e non si capisce come facciano a esserci dieci utenti per ogni
abbonato,
anche considerando la popolazione accademica e aziendale. Lasciamo perdere anche l'Europa, realtà
geografica
frammentata nella quale ogni nazione meriterebbe un discorso a parte. Usciamo dal nostro orticello, e vediamo
cosa capita lontano, davvero lontano. In due grandi realtà asiatiche, due serbatoi di popolazione che
spesso
vengono citati come "bombe demografiche": l'India e la Cina. Strano Paese, l'India. Le premesse per una
diffusione della Rete ci sarebbero. E' vero che gran parte della
popolazione vive in condizioni di povertà, ma vi è pure un congruo numero di indiani abbastanza
abbienti da
informatizzarsi. Costoro sono anche sufficientemente colti da parlare correntemente l'inglese. E abbastanza
alfabetizzati da essere interessanti per le grandi multinazionali come forza-lavoro per impieghi non "di bassa
forza": cominciano a diventare numerose le imprese che spostano le proprie amministrazioni centrali in India
perché la manodopera intellettuale costa meno, e i programmatori indiani, bravi ma pagati quattro soldi,
fanno
gola alle software-house occidentali. Ecco dunque un mercato potenziale di parecchi milioni di utenti. E invece
niente. Invece in tutto in India ci sono appena 5.000 host, ossia computer connessi più o meno stabilmente
con
Internet. A fronte di una media mondiale di 3,8 host per ogni 1.000 abitanti, in India ce ne sono solo 0,005.
Perché? Per cominciare il Paese soffre di un apparato burocratico pachidermico in confronto al quale il
nostro
ha la leggiadria di un cardellino. Poi manca un substrato economico formato da industrie piccole e medie: vi sono
invece grandi imprese concentrate in poche mani. Basta questo per giustificare la scarsa diffusione della Rete nel
subcontinente indiano? Non si sa. Del resto il governo ha indicato fra le priorità principali proprio un
aumento
degli accessi da parte della popolazione. Ma ancora si è visto poco o nulla. Sia come sia, gli indiani online
sono
pochi. Il problema cinese è invece più chiaro. Nel senso che è più facile
capire perché Internet non si diffonde laggiù:
problemi di regime. La dittatura ha un controllo così stretto del flusso di informazioni che procurarsi un
account
è praticamente impossibile. Risultato: su 1.000 abitanti ci sono solo 0,02 host. Mettiamoci anche Hong
Kong:
diventano 0,06 host per 1.000 abitanti. Se per caso si incontra un cinese online, in qualche gruppo o qualche lista
di discussione, se non è di Hong Kong è di Singapore, oppure fa parte della comunità
sino-americana. Novecento milioni di indiani. Un miliardo e duecento milioni di cinesi. Globalmente, un
terzo della popolazione
umana con cui non potremo mai comunicare e confrontarci attraverso la Rete, e che pure in gran parte avrebbe
i mezzi culturali e materiali per farlo. E poi veniteci a dire che il mondo è diventato un "villaggio globale"
in cui
Internet è lo strumento di comunicazione per eccellenza
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