Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 28 nr. 243
marzo 1998


Rivista Anarchica Online

Da Kropotkin a noi, via Mumford
di Franco Bunçuga

Architetto e anarchico come Doglio, Franco Bunçuga - che ne è stato allievo e che già ha firmato il necrologio di Doglio su "A" 222 (novembre '95) - ne traccia qui un profilo

E' difficile dire perché Carlo Doglio è stato importante per l'urbanistica contemporanea. E importante lo è indubbiamente stato. Se parliamo dell'urbanistica come disciplina tecnica sociologico-ingegneristica, beh, in quel campo Doglio è quasi sconosciuto. E se qualcuno per caso è stato costretto ad averci a che fare, ha fatto di tutto per togliersi dai piedi un disturbo, un impedimento all'agire, un continuo richiamo al pensare, all'essere e all'andare altrove da dove la disciplina porta.
Se urbanistica è mediazione con le forze che agiscono sul territorio, tentativo di dare una forma spaziale alle attività produttive e residenziali, creazione di infrastrutture atte alla crescita, allo sviluppo, beh, questo non è campo in cui Doglio può suggerire formule, schemi o ricette.
Doglio crea problemi. Da vivo li creava e li crea da morto. Al massimo va bene per qualche convegno. Ma prendere sul serio ciò che diceva...per un urbanista che deve fare piani è solo una perdita di tempo.
Doglio è stato importante per la storia dell'anarchia, ma questo è un altro discorso, anche se la sua attività come urbanista non può essere disgiunta dal suo essere anarchico e agire da tale. Dalle ricerche di Carlo Doglio nasce in Italia quel filone della pianificazione (sicuramente minoritario) che riscopre l'importanza di Kropotkin e della scuola inglese.
Il pensiero di Doglio rimane importante per chi vuole operare sul territorio e ancora, illuso, crede che la qualità di ciò che ci circonda dipenda dalla qualità del nostro agire, che la città sia la somma dei singoli cittadini e non una serie di righe e colori su un piano regolatore.
Per capire alcuni dei punti fondamentali dell'esperienza di Doglio potremmo parafrasare Aristotele e Kropotkin: sembrano una strana accoppiata, ma sostenevano entrambi alcuni principi sempre presenti nelle ricerche di Doglio. Il primo diceva che l'essenza della città non può essere ridotta agli edifici e alle mura ma deve consistere nella qualità dei cittadini, l'altro che nessuna struttura sociale può essere progettata e imposta dall'alto ma solo aiutata a crescere e svilupparsi pienamente in piena autonomia. Come sintetizzerà Patrick Geddes, collaboratore e amico di Kropotkin: il piano deve essere "il fiore e il risultato di un'epoca", la storia degli sforzi nei secoli di una collettività che si riconosce nei propri manufatti e nelle proprie organizzazioni liberamente istituite.
L'urbanista deve amare e conoscere la città o il territorio in cui opera, possibilmente risiederci, almeno per periodi significativi, deve rispettare le profonde dinamiche che rendono ogni città, ogni luogo, unici e degni di essere rispettati nella propria irriducibile complessità.
La disciplina urbanistica oggi si limita quasi soltanto a calare idee e schemi precostituiti sull'esistente per costringerlo ad andare in direzioni prefissate o desiderate - per motivi di dominio, di sviluppo o di mera speculazione.
Doglio non è mai stato un urbanista in senso stretto, non è mai stato altro se non, soprattutto, Carlo Doglio, unico nel panorama culturale contemporaneo, una persona che ammaliava intellettualmente con le sue idee anticonformiste, come ci racconta De Carlo, che affascinava o respingeva, o tutte due le cose insieme, spiazzando e rendendo problematico un giudizio netto.
L'esempio e l'azione di Carlo Doglio lasciava dentro a tutti quelli che l'avvicinavano un seme che in alcuni germogliava nei tempi e nei modi più impensati, in altri diventava un tarlo, difficile da snidare e neutralizzare, che continuava a riapparire nei punti più impensati.
Alcuni dati biografici di Doglio mi permetto di estrarli dalla prefazione alla riedizione del suo testo fondamentale, La città giardino, per i tipi di Gangemi nel 1985, che contiene, come antefatto, una sorta di "curriculum vitae" compilato nel 1983 dallo stesso Doglio, in toni a volte aoutoironici. Allo stesso testo rimando per un'informazione più completa.

A Partinico con Danilo Dolci
"Carlo Doglio è nato a Cesena (Forlì) il 19 novembre 1914...si è laureato con 110 e lode in Diritto Civile nel 1936. Era stato due volte Littore (ai Littoriali della Cultura e dell'Arte) in ambito cinematografico...iscritto a Filosofia ha insegnato nel Liceo...Scriveva molto ancora di cinema e diresse la pagina cinematografica del Corriere Padano, avendo Antonioni come aiuto.
...nel 1942 (se ricordo bene) è stato arrestato e messo in S. Giovanni in Monte, da dove è uscito alla caduta del fascismo; trasferitosi a Cesena è stato nuovamente arrestato e invitato a scomparire dalla zona, per cui andò a Milano.
Prosegue l'attività clandestina, legandosi ora al Movimento Anarchico e pubblicando il giornale (clandestino) Il Libertario. A fine guerra è stato vicesegretario del movimento culturale del CNL in Milano, lavorando a lungo con Antonio Banfi e con i Banfiani.
E' poi divenuto Direttore Editoriale della Mondadori, dove è stato fino al 1949. A quella data è stato assunto da Adriano Olivetti per dirigere il Giornale di Fabbrica di Ivrea (con redazione metà operaia e metà padronale), cosa che ha fatto per circa due anni. Dopo, è passato segretario del Gruppo Tecnico per il Coordinamento Urbanistico del Canavese, per il Piano Territoriale appunto del Canavese, e li è stato fino al 1955 (era entrato nel giro degli architetti milanesi durante la clandestinità).
Nel 1955 ha lasciato l'Italia, sempre dipendente della Olivetti, e si è recato a Londra dove risiede sino al 1960 compreso: studiando Urbanistica, seguendo questioni economiche, membro della Fabian Society, dirigente della International Society for Socialist Studies (con Lelio Basso presidente e celebri nomi di varie parti del mondo). Nel 1961 è andato a lavorare con Danilo Dolci a Partinico, e lì è rimasto due anni; nel 1964 è stato chiamato come docente nella Facoltà di Architettura di Palermo e di lì passa a Napoli, a Venezia (IUAV) e infine a Bologna a Scienze Politiche, dove è ora.
E' stato l'inviato per il mondo di Comunità; è membro de Il Mulino; ha pubblicato qualche libro e tuttora scrive e forse pensa...".
Un'ottima bibliografia su Carlo Doglio la potete trovare nella selezione dei suoi scritti curata per i quaderni didattici del Dipartimento di Urbanistica dell'IUAV da Chiara Mazzoleni, i principali testi di urbanistica che consiglio, oltre naturalmente a tutti i suoi articoli per la "nostra" Volontà, sono:
- Il suo testo fondamentale L'equivoco della città giardino, frutto di un lavoro premiato al concorso Inu-della Rocca per una monografia su "L'idea della città-giardino: sua attualità e suoi sviluppi"; fu pubblicato in cinque puntate sui primi sette numeri di Volontà e poi pubblicato come opuscolo dalle Edizioni RL nel '53, poi dalla CP editrice e recentemente nel testo sopra citato della Gangemi;
- Dal paesaggio al territorio. Esercizi di pianificazione territoriale , Bologna, Il Mulino 1968;
- Le radici malate dell'urbanistica italiana (con G. De Carlo, R. Mariani, A. Samonà), Milano, Moizzi 1976.