Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 28 nr. 243
marzo 1998


Rivista Anarchica Online

Dopo i Savoia riprendiamoci l'impero
di Dino Taddei

Cascais è - come si scriveva nelle cartoline di un tempo - un'amena cittadina portoghese adagiata sulle coste atlantiche a mezz'ora di strada da Lisbona, con alte scogliere scure e vegetazione mediterranea.
Appena fuori dall'abitato, tutto proteso a riuscir gradevole, "vero lusitano", spendibile per turisti tedeschi ed italiani, ci si perde in un dedalo di viuzze nella pineta da cui si intuiscono, dietro possenti cancellate, ville di antica e nobile fattura che tradiscono un passato di agiata villeggiatura (più o meno forzata) per l'aristocrazia europea.
Tra le residenze più monumentali vi è Villa Italia, esilio dorato del "re di maggio" Umberto II e meta passata d'infiniti pellegrinaggi di monarchici nostrani; letteralmente lasciata cadere a pezzi e - come mi racconta l'amico guardiano dell'Angola - prossima preda di una multinazionale giapponese che vi vuole costruire un albergo esclusivo per signori attempati, muniti di portafogli ben pasciuti.
In questo clima da Ancien Régime in disfacimento, ho ceduto alla tentazione romantica di sedermi nella poltrona in veranda sulla quale il re soleva passare lunghe ore a contemplare l'Oceano, sfogliando riviste internazionali e - confesso - ho riso di gusto pensando di avere in qualche modo vendicato la memoria di Passanante: un anarchico vivo seduto sul trono di un re morto.
Sbagliavo a ridere eccome se sbagliavo...c'è poco da stare allegri a vedere come il governo dell'Ulivo sta affrontando la faccenda di un oramai prossimo rientro dei Savoia in Italia. Sia ben chiaro da subito che non mi turba minimamente l'idea che il signor Savoia possa girare liberamente dove più gli aggrada e, tanto meno, mi accaloro agli appelli tardo risorgimentali in difesa del regime repubblicano.
Questa repubblica non l'ho mai particolarmente amata e non credo tocchi agli anarchici esprimersi a favore di restrizioni di libertà personali, per giunta ereditarie. Quello che ha compiuto questo nefasto casato oramai è consegnato alla criminologia ed alla storia.
Già, la storia...evidentemente l'interpretazione ulivista del concetto di storia si limita al puro e semplice oblio, un oblio unto che a confronto rende perfino accettabili gli storici revisionisti; una ginnastica alquanto apprezzata dai partiti che hanno molto da farsi perdonare: PDS in testa.
Naturalmente - per essere ecumenici - anche altre forze politiche lavorano freneticamente per seppellire, con grandi palate, i propri peccatucci di gioventù e così in una grande sagra di perdoni reciproci, scopriamo che i repubblichini erano cavalieri cortesi in lotta per un nobile ideale, che il Papa è il capo del comunismo internazionale, che i sindacati sono i difensori del tricolore e dell'unità nazionale, che dieci milioni di cinquantenni nel '68 tiravano le molotov e - che palle con questa storia di piazza Fontana - vabbé la bomba la mise proprio lo stato, contenti? E anche i Savoia tutto sommato, se dicessero meno spropositi nelle interviste, potrebbero diventare l'italica risposta a Ranieri di Monaco.
Il problema non è certamente la volontà di chiudere i conti con il passato ma è il metodo che s'intende usare e purtroppo, nella questione Savoia, si è deciso di mettere mano al tritacarne: buoni e cattivi, ragioni e torti vengono macinati alla stessa maniera, niente viene risparmiato, niente viene spiegato, le ragioni ideali che portarono il popolo italiano nel 1946 a spaccarsi in due vengono accuratamente messe in sordina; forse perché sarebbe in seguito lecito chiedere se poi chi votò per la repubblica, intendeva proprio questa farsa di repubblica che dura da mezzo secolo. Meglio metterci una bella pietra sopra, riappacificarsi, escludere i rischi di un dibattito aperto, capace di introdurre elementi di riflessione nella società ed invece affidarsi ai D'alema di turno per cucinare una terza o quarta repubblichetta.
Ma c'è a mio avviso dell'altro.
Le monarchie - date troppo frettolosamente come razza in estinzione - vivono una straordinaria seconda giovinezza.
All'interno della Comunità Europea ben sette stati su quindici sono retti da monarchie costituzionali, peraltro molto amate dai rispettivi sudditi, e poi buona parte del mondo arabo (Giordania, Marocco, la quasi totalità della penisola Arabica), l'Asia del Nepal e dell'ipertecnologico Giappone, gli insulti alla miseria del sultano del Brunei. Insomma sembra che l'istituto monarchico sia riuscito a scamparla, tra un premio Nobel, un po' di cronaca rosa e come garante politico dell'unità e della legalità nazionale.
Ancor più stupefacente è il ruolo che i partiti monarchici si sono ritagliati nell'Est europeo: nella Russia che recupera l'aquila bicipite e costruisce monumenti a Pietro il Grande, gli zaristi sono un movimento di massa altamente influente, lo stesso accade in Romania e Bulgaria per non dire di quel poveraccio di re Lehka d'Albania in cerca pure lui di un posto al sole.
Ovviamente non è all'orizzonte un nuovo Congresso di Vienna che restauri con le baionette il principio monarchico, eppure se anche negli Stati Uniti (paese in compagnia di San Marino per antonomasia antimonarchico), vi è qualcuno che apertamente riconosce un ruolo di stabilizzazione alle teste coronate c'è da rizzare le antenne.
D'altronde la stampa questo lo ha capito da un pezzo: non più mielose fiabe alla Walt Disney su bellissime principessine ma sostanziose analisi politiche sul ruolo democratico e antigolpista di Juan Carlos di Spagna o la difficile transizione in atto in Cambogia.
Come mai ancora gode di grande popolarità una forma di governo (simbolica o effettiva che sia, comunque lontana dalle tre effe borboniche Festa, Farina e Forca) data per moribonda ed invece silenziosamente rinnovata ed adattata a nuovi contesti?
Forse tanto più gli stati nazionali si decompongono, attaccati dall'economia globale e da nuovi poteri sovranazionali, tanto più vi è una ricerca smemorata d'identità e di simboli.
Così tra piccole patrie, Vandee, feste patronali c'è spazio anche per il re buono, magari da contrapporre alla rosa camuna: Cavour contro Cattaneo, non c'è che dire un bel match.
Sicuramente qualche compagno parlamentare questo calcolo l'ha pure fatto: lasciate pensare alle banche centrali le cose serie e voi tenetevi pure il carnevale. Se le cose stanno così che sia: i Savoia non ci bastano, rivendichiamo l'Abissinia e tutto quello che ci ha fregato la perfida Albione, altro che restituzione di obelischi.
Cinto da tre corone l'ultimo monarca assoluto se la ride: è il successore di San Pietro.