Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 236
maggio 1997


Rivista Anarchica Online

Il Francisco rimosso
di Cristiano Draghi

Con una gigantesca opera di rimozione, interi spezzoni di storia, con le persone che c'erano dentro, sono stati cancellati (o quasi) nei libri e nella cultura. Non fa eccezione Francisco Ferrer

Quando a 23 anni mi trovai a dover pensare alla mia tesi di laurea, si era agli sgoccioli del movimento del '77, nel quale parecchi come me avevano investito, con esiti disastrositrosi, tutte quelle energie accumulate dal '68 - che io avevo vissuto da ragazzo - in poi.
C'era allora, in me come in altri, una confusa ricerca di una identità politica che permettesse di ritrovare un terreno solido in cui riconoscersi e che non fosse dominato da quella cultura marxleninista che aveva - a mio parere, naturalmente - distorto, travolto e sfruttato ogni elemento libertario presente nel movimento a cui avevamo partecipato. E che lasciasse spazio vitale a quella soggettività, a quell'abitudine alla libertà - ma anche alla responsabilità - individuale, che nel corso dei miei studi di psicologia junghianamente orientati consideravo necessari per lo sviluppo dell'intera collettività.
Ciò spiega perché fossi particolarmente pronto ad assorbire eventuali stimoli esterni che facessero da catalizzatore di queste mie esigenze. Aspettavo, come si diceva allora in linguaggio psicanalitico, un evento sincronistico che mi orientasse. E il fatto si materializzò nella scoperta casuale, in un mucchietto di monete e medagliette ereditate in quei giorni da una certa zia un po' tocca, di una medaglia ricordo di ottone su cui era rappresentato un tale parecchio simile a Lenin, con quella barbetta a punta e quel vestiario un po' così, accompagnato dalle parole: "Francisco Ferrer. Barcellona 13 ottobre 1909. All'apostolo e martire dell'indipendenza del popolo".
Ed è a partire da quella medaglietta, secondo un percorso lungo circa due anni durante i quali mi sono avvicinato al movimento anarchico, fino a farne per diverso tempo parte integrante, che ho scritto la mia tesi di laurea, discussa nel marzo 1980 e intitolata Francisco Ferrer Guardia: una alternativa dimenticata.
Vi risparmio le mie considerazioni di allora su Ferrer, figura sulla quale si soffermeranno sicuramente altri interventi. Ciò che forse è interessante dire in questo contesto è che al momento della scoperta della medaglietta, nonostante il mio corso di laurea fosse nientemeno che in pedagogia, di Ferrer non sapevo assolutamente niente. Non c'era niente su di lui nelle storie della pedagogia, niente nei libri di storia più comuni. Come politico, di Ferrer non c'è traccia, né se ne parla come rivoluzionario. Come dire: quella stessa cultura marxleninista, alla quale fa da sponda perfetta la cultura cattolica, e alla quale cercavo da sempre di sfuggire inseguendo una mia personale identità libertaria, aveva operato anche nella pedagogia una gigantesca e intellettualmente criminale rimozione di un personaggio che era stato capace di fondare una intera catena di scuole in Spagna, di rivoluzionare in senso razionalista l'insegnamento, di influenzare fino alla seconda guerra mondiale la pedagogia europea e americana; e questo preferendogli, che so, l'asilo psicanalitico di Mosca. Qualcosa di simile a ciò che è accaduto in cartografia: come è noto, solo ora si è scoperto che l'Unione Sovietica ignorava nelle proprie carte geografiche, per interessi soprattutto militari, intere città.
E così è stato anche nei nostri libri e nella nostra cultura, almeno a livello di massa: con una gigantesca opera di rimozione interi spezzoni di storia, con le persone che c'erano dentro, sono state cancellate. O quasi.
E allora bisognava, come in parecchi casi del genere - pensate a quanto poco si sa della partecipazione degli anarchici alla Resistenza e, per assurdo, perfino alla guerra di Spagna -, ripercorrere vecchi sentieri, andare avanti per tentativi, a spizzichi: una frase di Woodcock qui, un accenno in James Joll là. Trovando certe edizioni semiclandestine del libro fondamentale di Ferrer, La Scuola Moderna, o del libro non più ristampato in Italia di Sol Ferrer, la figlia. Scovando certi volantini nascosti nei settori chiusi delle biblioteche, che ricordano le imponenti manifestazioni che seguirono la morte del pedagogista, oppure andando a vedere certe lapidi sparse qua e là nei paesi italiani, che evocano l'emozione che la morte di Ferrer provocò nella gente, quella comune, non i militanti.
Fino a scoprire non solo la vita e le opere di Francisco Ferrer Guardia, esempio straordinario di quello che si può fare per rompere i monopoli dell'educazione, ma anche qualcos'altro secondo me fondamentale. E cioè che al di là del muro, o del velo gettato dalle grandi ideologie di massa su personaggi come questi, c'era stata dal dopoguerra agli anni Settanta una specie particolare di personaggi - penso a Umberto Marzocchi, esempio di militante, ma anche a Leonardo Bettini, incredibile anarchico da biblioteca, compilatore di una impressionante bibliografia dell'anarchismo, o allo storico Gino Cerrito - una sorta di monaci amanuensi che avevano conservato la memoria di Francisco Ferrer e di molti altri ed altre come lui nelle librerie delle case o negli archivi - il cui apice è forse in Olanda, nell'IIHS, l'Istituto internazionale di ricerche sociali dove la storia del movimento anarchico ha trovato una sorta di eccezionale rifugio - rievocandone il nome alle manifestazioni, scrivendone sulle pubblicazioni anarchiche.
In modo talvolta ingenuo, bisogna dirlo, magari ripetendo la solita poesia di Giovanni Pascoli su Ferrer (Uno scoppio di fucili / ubbidienti a un breve cenno di spada / da dentro una torva solitaria cinta di muri e di fosse / echeggiò nelle scuole della terra / rimbombò nelle officine del mondo...), solo conservando senza riuscire ad innovare, ma portando al di là del passare del tempo, direi al di là del crollo del muro di Berlino, qualcosa che altrimenti sarebbe scomparso. Un lavoro che ora ci permette di rintracciare intatto un pezzo della nostra storia, ritrovando alcuni degli uomini più coraggiosi, innovativi e rivoluzionari - nel senso anche di sperimentatori - del loro tempo.