Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 236
maggio 1997


Rivista Anarchica Online

La cometa dell'Ulivo
di Maria Matteo

Probabilmente non sapremo mai che cosa sia veramente successo quel "venerdì santo" nel canale d'Otranto. Certo si è trattato di un vero e proprio atto di quella guerra non dichiarata, ma terribile, tra il nord ed il sud del mondo

Nel primo scorcio della primavera di quest'anno il Bel Paese si è mostrato nella sua veste migliore: tra la fine di marzo ed il principio d'aprile le tante giornate solatie hanno favorito una fioritura precoce e rigogliosa ed il cielo è stato a lungo limpido sì che spesso la sera abbiamo potuto ammirare la lunga scia luminosa della cometa. Nelle credenze popolari nostrane la cometa è un simbolo del tutto ambivalente: talora foriero di felici auspici, talaltra portatore di sciagure. Sebbene ignori che valenza assuma nelle credenze popolari albanesi, tuttavia questa cometa certo non è stata una buona stella per quel centinaio di disperati che da Durazzo si sono imbarcati alla volta dell'Italia la notte del venerdì di Pasqua, un venerdì di Pasqua forse del tutto simile a quello del '39 quando le truppe di Mussolini varcarono l'Adriatico per invadere l'Albania. La gran parte di loro è annegata nelle acque scure del canale d'Otranto, i pochi superstiti portano indelebilmente riflessa negli occhi l'immagine di una tragedia folle ed insensata, la tragedia di chi credeva di poter entrare nel primo mondo ma ha dovuto pagare il prezzo più alto per mostrare a tutti gli albanesi che l'Italia è meglio che si accontentino di vederla in televisione. Probabilmente non sapremo mai cosa è avvenuto quel terribile venerdì: non sapremo se lo speronamento della nave albanese è stato intenzionale o frutto di un eccesso di zelo nell'eseguire un compito di pattugliamento che solo una vergognosa ipocrisia può non definire come vero e proprio atto di guerra, la guerra non dichiarata ma terribile tra nord e sud del mondo.
Una guerra che l'Italia si trova a combattere in prima fila lungo il fronte albanese oggi come cinquant'anni fa. Certo Prodi non è Mussolini e quindi il suo modo di definire l'intervento italiano al fianco del cavalier Berisha è più sottile, non rivela in modo smaccato la propria vocazione imperialista, tuttavia alla fin fine non si tratta che di sfumature. D'altra parte non possiamo dimenticare che persino il Duce si premurava di attribuire una venatura umanitaria all'invasione dell'Albania, paese povero ed arretrato e quindi bisognoso di una mano amica e civilizzatrice. Mentre scrivo, il parlamento sta discutendo l'invio di un contingente militare che non si limiti a pattugliare le coste albanesi per impedire "l'invasione" dei profughi, ma che operi direttamente in territorio albanese. Le truppe italiane, oltre alla consueta coreografica distribuzione di viveri e medicinali, (in altri tempi la si sarebbe chiamata "carota") dovrebbero salvare l'Albania dall'anarchia in cui sarebbe piombata dopo la rivolta del sud, aiutando il governo a ricostruire l'esercito e le forze armate (questo compito, sempre in altri tempi, veniva chiamato "bastone"). Mi astengo dal commentare l'uso improprio e al solito diffamatorio che le varie forze politiche ed i principali organi d'informazione fanno del termine anarchia e mi limito a rammentare che la rivolta albanese è la rivolta di un popolo che in seguito alla maxi truffa di finanziarie, la cui collusione con gli ambienti governativi è pressoché certa, ha scoperto di aver perso persino il poco che aveva. Un terzo della popolazione albanese aveva investito tutti i propri averi nelle cosiddette "piramidi" che erano state tra le maggiori sostenitrici economiche della campagna elettorale di Berisha. Non dimentichiamo peraltro che Berisha, il cui passato di medico personale del dittatore Enver Hoxha rivela chiaramente a quale scuola si sia formato, è riuscito a vincere le elezioni del '96 solo grazie all'opera di persuasione di bande armate guidate dalla polizia segreta (lo Shik) ed a brogli tanto evidenti che persino gli osservatori occidentali ammettono la non validità della consultazione dello scorso anno. Se non fosse del tutto risibile ci si potrebbe chiedere perché l'Italia si sia ben guardata dall'intervenire allora in difesa del diritto violato ed abbia invece preferito conferire a Berisha una delle massime onorificenze, nominandolo cavaliere.
Evidentemente il diritto internazionale è una variabile del tutto dipendente dagli interessi delle maggiori potenze che negli ultimi otto, nove anni si sono attivamente impegnate ad assicurarsi il controllo dei mercati e delle risorse dei paesi dell'est post-comunista. Le imprese italiane in Albania hanno goduto degli enormi vantaggi derivanti dall'usufruire di manodopera a bassissimo costo e priva di qualsiasi tutela sindacale: le condizioni di lavoro sono talmente simili ad uno sfruttamento di carattere schiavistico da aver talora trovato una qualche eco indignata persino sulla asservitissima stampa nostrana. D'altra parte questi padroni e padroncini non hanno fatto altro che applicare in piena libertà metodi quali lo sfruttamento intensivo di manodopera femminile e minorile già applicati, sia pure clandestinamente, sull'altra sponda dell'Adriatico. E' quindi del tutto chiaro cosa realmente intendano i nostri governanti quando asseriscono che occorre praticare la solidarietà con gli albanesi purché se ne restino a casa loro. Le anime belle che ritenessero di stupirsi che un argomento tipico delle destre sia oggi disinvoltamente fatto proprio da un governo di centro sinistra dovranno forse fare i conti con la banale verità che l'esistenza stessa di stati nazionali con loro propri e specifici interessi è quel che determina le scelte concrete dei governi, indipendentemente dal loro schierarsi a destra o a sinistra.
Di indubbio valore educativo è stata la distribuzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione nella pantomima recitata nei giorni dell'affondamento della nave di profughi: il duro Berlusconi che scoppia in lacrime e distribuisce una manciata di posti di lavoro ad una mezza dozzina di persone ed il cattolico Andreatta che difende con forza l'operato della Marina Militare che con perizia e valore ha difeso le sacre sponde italiche dall'invasione albanese e non manca di rimbrottare con vigore la stampa e la televisione per l'eccessiva e pericolosa attenzione dedicata alla tragedia. Altro dato certamente curioso è che la vicenda albanese assume valenze diversificate in relazione all'ottica in cui viene esaminata. E' una situazione allarmante, una vera e propria emergenza politica ed umanitaria derivante da quello che un commentatore ha definito il "suicidio di una nazione" ogniqualvolta è necessario giustificare l'intervento armato, tuttavia, beninteso, questa stessa situazione non è poi così grave quando si tratta di conferire lo status di profughi a coloro che tentano di sfuggirvi. In parole povere Prodi è più che disposto a proclamarsi imperatore d'Italia ed Albania purché gli albanesi siano consapevoli e lieti del ruolo di sudditi disciplinati loro assegnato che è l'unico che appieno si confà a gente che i mass media più o meno unanimemente riportano al mai del tutto sepolto ruolo di selvaggi, ora buoni ma incapaci di autodeterminarsi, ora infidi, cattivi e pericolosi: in ogni caso bisognosi di una tutela sì umanitaria ma ferma e decisa.
Peraltro chiunque ritenesse che la vocazione imperialistica e neocoloniale del governo Prodi, il primo governo di sinistra dal dopoguerra ad oggi, sia in qualche modo frutto di momentanea improvvisazione farebbe bene a ricordare che la compagine guidata dall'ex-presidente dell'I.R.I. ha invece dimostrato una indubbia lungimiranza nel preparare l'Italia ad una politica estera più incline al vigore che all'esercizio della mediazione. Nonostante la più volte conclamata necessità di ridurre la spesa pubblica, nella recente finanziaria è stato deciso un primo stanziamento di cinquanta miliardi per la costruzione di una nuova, grande portaerei che sarà dotata di aerei Harrier a decollo corto ed atterraggio verticale che, come specificano le più accreditate riviste militari, sono utili non tanto in funzione difensiva ma per operazioni di sbarco. Il che conferma l'adozione di un Nuovo Modello di Difesa in cui lo strumento militare diviene atto a difendere non solo le acque territoriali, la costa ed il territorio ma anche e soprattutto gli "interessi nazionali all'estero". Con buona pace di coloro che credono nella Costituzione ed in particolare in quell'articolo 11 che, se non erro, afferma che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Quando la portaerei sarà completata il costo per la collettività sarà di duemila miliardi. Alessandro Marescotti su Avvenimenti faceva notare che una tale cifra sarebbe stata sufficiente a nutrire e mandare a scuola per cinque anni un milione di bambini keniani. Il che equivale ad un decimo della popolazione albanese.
Il progetto di legge di riforma del servizio militare presentato dl'Ulivo costituisce un altro, fondamentale tassello nell'elaborazione e costruzione di quel Nuovo Modello di Difesa le cui linee portanti sono state tracciate negli ultimi dieci anni, quando l'attitudine "interventista" dell'Italia si è venuta man mano affinando grazie all'esperienza maturata nel Libano, nella guerra del golfo, in Somalia, in ex-Jugoslavia. Tutte "operazioni di polizia internazionale" od "umanitarie" per le quali era necessario un esercito professionale, efficiente, ben addestrato le cui motivazioni di fondo fossero una buona paga ed ancor migliori incentivi per ogni singola missione. Di qui un progetto che, istituendo il Servizio Civile Nazionale, da un lato mira a coprire con manodopera semigratuita i buchi aperti dalla dismissione dello stato sociale, dall'altro sanziona il carattere volontario, professionale del nuovo esercito. Le forze armate potranno in tal modo selezionare coloro che riterranno più idonei, ma avranno comunque in ogni momento la facoltà di avvalersi di chi, pur avendo optato per il civile ma non essendo obbiettore, fosse necessario ad un completamento dell'organico. E' un sistema che riesce ad essere al contempo duttile ed efficiente, un sistema che l'Ulivo si è premurato di colorare di rosa, grazie alla sgradevole concessione alle donne del diritto di accedere alla carriera militare.
Nel frattempo al di là del canale d'Otranto l'Albania offre all'imperialismo italiano una nuova palestra d'esercizio. L'avventura di Mussolini ebbe un ben duro prezzo per i popoli delle due sponde dell'Adriatico, quella di Prodi, specie se non incontrerà una forte e decisa opposizione, non pare certo nascere sotto una buona stella.