Rivista Anarchica Online
Attenzione all'omologazione
Scrivo in riferimento alla lettera pubblicata sul numero 232 di A e intitolata «Lo sguardo e
il coltello» la lettera
mi è piaciuta per l'analisi che l'autrice, Elisabetta di Vigonovo, fa di quello che definirei neo-pietismo e
di alcune
forme di razzismo non «plateale». Alcune affermazioni mi hanno lasciato un po' spiazzato e su queste vorrei
esporre la mia opinione. Elisabetta parla di alcune ragazze zingare e descrive con precisione un loro
atteggiamento arrivando a sostenere,
dopo una serie di considerazioni, che loro sono come tutti gli adolescenti, sono come «noi», e con quei «noi»
condividono desideri e speranze. Tralasciando il mistero di chi siano quei «noi», io non penso che i desideri
e le aspettative di vita degli adolescenti
siano così simili tra loro da essere ritenuti uguali. L'omologazione è molto diffusa ma non
al punto da impedire l'espressione delle individualità. Inoltre negare che
ci sia una differenza tra le aspettative di una ragazza rom e quelle di una fan delle «Spice girls» mi sembra
un'estensione talmente totalizzante del principio egualitario da poter essere addirittura «pericolosa». Elisabetta
mi sembra sostenga che l'uguaglianza, la possibilità di instaurare un rapporto identitario, sia alla base
dell'accettazione di un «altro». L'alterità che noi percepiamo, non va negata, non va considerata come
un'incrostazione che nasconde ciò che è
uguale a noi, a mio avviso, va accolta nella sua integrità. Considerare le differenze non significa
costruire una gerarchia, ma creare un rapporto di scambio e dialogo. Certo
è difficile rinunciare al desiderio di rispecchiamento nell'altro, ma è necessario se non si vuole
finire in un vicolo
cieco. Fondare il nostro rifiuto del razzismo e di ogni forma di discriminazione sulla negazione
dell'alterità può essere
altrettanto pericoloso che denunciare questa alterità a fini xenofobi, quali sono quelli delle destre.
Dobbiamo
sfuggire al principio che ha guidato i conquistadores di Cortes che hanno distrutto interi popoli perché
era
impossibile per loro instaurare un rapporto diverso da quello fondato sul principio di identità. T.
Todorov nel saggio «La conquista dell'America» analizza questi aspetti con l'arguzia e lo spirito tipico dello
storico delle idee. Quanti totalitarismi hanno voluto eliminare l'alterità: il dissidente, l'intellettuale
non allineato, il «malato» di
mente, l'omosessuale ... Questi totalitarismi avevano in comune un'esaltazione per la massa, una massa in cui
l'individuo si annullava e immersi nella quale ci si doveva sentire tutti uguali. Quanti libertari fuggiti dall'Italia
fascista sono stati perseguitati, torturati e uccisi dalla polizia di Stalin proprio perché hanno rinunciato
ad
annullare il loro dissenso, ad essere uguali e per questo sono stati considerati dei corpi estranei da eliminare.
Tullio Padovese (Venezia-Mestre)
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