Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Il suono dei libri
"Viviamo immersi nel suono: secondo ricerche condotte in modo indipendente in numerosi paesi, con risultati
quasi perfettamente coincidenti, siamo esposti per più di tre ore al giorno, in media, a musiche prodotte
da
altoparlanti. Molte musiche, musiche diverse: che nascono in luoghi, culture, attraverso pratiche differenti, spesso
in contrasto reciproco, ma che ci raggiungono usando le stesse tecnologie, attraverso gli stessi mass media..."
(Franco Fabbri, dall'introduzione a "Il suono in cui viviamo", Feltrinelli 1996).
Ho scoperto l'acqua calda, magari direte voi. Niente di nuovo: l'hanno detto-scritto-suonato Hemingway e
John
Lennon, Bruce Chatwin e Brian Eno. Io ci sono arrivato così, da solo, senza sapere. Mi sono accorto che
certi libri
"suonano". Lo stesso, anche certe pagine di certi giornali hanno un "suono" tutto loro che viaggia intrecciato alle
parole. E anche le lettere che mi spedite hanno un suono tutto loro, sempre diverso eppure sempre familiare, in
qualche modo riconoscibile. Onde sonore miste di fantasia, ricordi e desideri che colorano l'aria tutt'attorno
mentre le parole sono come matite magiche e ci disegnano le immagini nella testa. Possono essere canzoni intere
che durano un libro, oppure "pezzi" cioè composizioni fatte a brandelli, o dei medley. Più spesso
si tratta di
collages multidimensionali che non tengono conto degli autori, dei ritmi, delle tonalità o delle strutture
della
musica. Risultati sempre differenti di ricette alchemiche anche (e soprattutto, e volentieri) irreali dove si possono
mescolare, che so, Keith Jarrett a Colonia e i Walkabouts, i Throbbing Gristle con le Officine Schwarz e
"Revolution #9" dei Beatles. Cose che non succedono neanche nella colonna sonora del film più assurdo,
perché
non serve aspettare la fine di un pezzo per sentirne un altro. Il bello sta qui. Il bello è che chiunque,
leggendo, può
usare tutto ciò che ha in testa. Tutto può succedere: anche interrompere una frase a metà
e giocare con
un'immaginaria manopola della sintonia di un'altrettanto immaginaria radio.
"...Ermanno sa che fra poco scenderà pistolero in quella strada semisconosciuta, giacchetta à
la Ramones e
pantaloni a brandelli. Avrà fame, certamente. (...) Così, camminerà spedito verso lo
special con la sella di dalmata,
canticchiando asimmetrico la canzone che dice "Mongoloid, he was a mongoloid", e mimerà rapidi
accordi di
basso uncinando corde immaginarie con la destra..." (Enrico Brizzi, da "Bastogne", Baldini & Castoldi
1996).
Macché "Mongoloid", macché Ramones. Restiamo vicini a casa, e prendiamo invece questa
compilation su
cassetta: si chiama "Pozza dei Demo, Vol. 1" e dentro c'è una dozzina di gruppi assolutamente
sconosciuti, zona
dintorni di Milano. Per la nostra colonna sonora di adesso prendiamo anche i 77 Spreads, napoletani, che hanno
pubblicato un demotape cui è seguito, qualche mese fa, un appetibile cd su label Dumbo. Produzioni
sotterranee che non è facile trovare in giro, eppure è stato facile per me incontrare il suono di
questi
gruppi fatto a schegge tra le pagine di "Bastogne". Altro che i Devo, dei quali non c'è qui dentro neanche
un po'
di puzza sintetica, o i Talking Heads. O i Ramones, poi: stanno sul bordo della piscina a contare soldi, non dentro
lo stereo rubato dei protagonisti. Quella gente sta dall'altra parte dell'oceano, sono lontani. Brizzi ha travestito
da Nizza Bologna o forse Milano, o qualsiasi altra città cicciona del nord. Non gli americani, ci stanno
invece
proprio bene gli Spreads, e i De Crew e gli altri, tra le pagine di questo libro. A guardare bene, sia le musiche
che le storie dentro il libro hanno più d'un punto in comune. Brizzi racconta gli
anni Ottanta artificiali e caleidoscopici di un pugno di ragazzi alla deriva, così come Emilio Salgari
raccontava
dell'India avventurosa di Sandokan, cioè senza esserci mai veramente stato. Succede come nella lettera
-pubblicata qualche numero fa- di quel ragazzo che criticava "La seconda volta" di Mimmo Calopresti e,
soprattutto, nelle parole della risposta di Stefano Giaccone. Gli Spreads e praticamente tutti gli altri della
"Pozza dei Demo" suonano adesso come degli oscuri gruppi new
wave tipici grosso modo della metà del decennio scorso. Pensiamoci un momento: sono dei documenti
di cosa
succede nelle cantine adesso, però quel che c'è dentro "suona" incredibilmente del suono di
dieci-quindici anni
fa. Fermi tutti, non sto dicendo che è roba vecchia e che chi la suona fa schifo. Dico che questa gente fa
della roba
adesso assolutamente fuori moda, cosa che in una certa prospettiva vedrei piuttosto come un grosso merito.
Andando nello specifico: il cd dei 77 Spreads, nonostante una evidente latitanza di produzione (succede sempre
che i tempi necessari per la realizzazione in studio facciano a pugni con il contenuto del portafoglio), è
un lavoro
fatto con una grande cura ed altrettanto grandi impegno e dedizione. Non era nelle intenzioni del gruppo la caccia
alla recensione su queste pagine, anzi direi che siamo su tutt'altre strade: Gianmaria ha scritto e spedito una copia
del cd offrendone delle copie come benefit. Grazie di cuore: giro la proposta a tutti quelli che stanno leggendo.
Come detto poc'anzi l'etichetta è l'indipendente Dumbo, che pubblica anche un catalogo enorme di
materiali
sotterranei in distribuzione, tutto a prezzi supercorretti. Indirizzo: Dumbo c/o Gianmaria Punzi, via Trezza 8,
84010 Badia di Cava (Salerno). Mi auguro che al primo siano seguiti altri volumi della "Pozza dei Demo":
la cassetta è stata prodotta
dall'associazione culturale Mumble e dai vari gruppi coinvolti. E' virtualmente impossibile identificare un gruppo
dall'altro, a meno di non suonarci dentro. L'iniziativa è simpatica e realizzata abbastanza bene anche in
senso
strettamente tecnico. Anche in questo caso sono state offerte delle copie come benefit per il giornale. Grazie. Per
contatti, per partecipare, per acquisti, per informazioni: Mumble, casella postale 73, 20047 Brugherio
(Milano).
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