Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 235
aprile 1997


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Il suono dei libri

"Viviamo immersi nel suono: secondo ricerche condotte in modo indipendente in numerosi paesi, con risultati quasi perfettamente coincidenti, siamo esposti per più di tre ore al giorno, in media, a musiche prodotte da altoparlanti. Molte musiche, musiche diverse: che nascono in luoghi, culture, attraverso pratiche differenti, spesso in contrasto reciproco, ma che ci raggiungono usando le stesse tecnologie, attraverso gli stessi mass media..." (Franco Fabbri, dall'introduzione a "Il suono in cui viviamo", Feltrinelli 1996).

Ho scoperto l'acqua calda, magari direte voi. Niente di nuovo: l'hanno detto-scritto-suonato Hemingway e John Lennon, Bruce Chatwin e Brian Eno. Io ci sono arrivato così, da solo, senza sapere. Mi sono accorto che certi libri "suonano". Lo stesso, anche certe pagine di certi giornali hanno un "suono" tutto loro che viaggia intrecciato alle parole. E anche le lettere che mi spedite hanno un suono tutto loro, sempre diverso eppure sempre familiare, in qualche modo riconoscibile. Onde sonore miste di fantasia, ricordi e desideri che colorano l'aria tutt'attorno mentre le parole sono come matite magiche e ci disegnano le immagini nella testa. Possono essere canzoni intere che durano un libro, oppure "pezzi" cioè composizioni fatte a brandelli, o dei medley. Più spesso si tratta di collages multidimensionali che non tengono conto degli autori, dei ritmi, delle tonalità o delle strutture della musica. Risultati sempre differenti di ricette alchemiche anche (e soprattutto, e volentieri) irreali dove si possono mescolare, che so, Keith Jarrett a Colonia e i Walkabouts, i Throbbing Gristle con le Officine Schwarz e "Revolution #9" dei Beatles. Cose che non succedono neanche nella colonna sonora del film più assurdo, perché non serve aspettare la fine di un pezzo per sentirne un altro. Il bello sta qui. Il bello è che chiunque, leggendo, può usare tutto ciò che ha in testa. Tutto può succedere: anche interrompere una frase a metà e giocare con un'immaginaria manopola della sintonia di un'altrettanto immaginaria radio.

"...Ermanno sa che fra poco scenderà pistolero in quella strada semisconosciuta, giacchetta à la Ramones e pantaloni a brandelli. Avrà fame, certamente. (...) Così, camminerà spedito verso lo special con la sella di dalmata, canticchiando asimmetrico la canzone che dice "Mongoloid, he was a mongoloid", e mimerà rapidi accordi di basso uncinando corde immaginarie con la destra..." (Enrico Brizzi, da "Bastogne", Baldini & Castoldi 1996).

Macché "Mongoloid", macché Ramones. Restiamo vicini a casa, e prendiamo invece questa compilation su cassetta: si chiama "Pozza dei Demo, Vol. 1" e dentro c'è una dozzina di gruppi assolutamente sconosciuti, zona dintorni di Milano. Per la nostra colonna sonora di adesso prendiamo anche i 77 Spreads, napoletani, che hanno pubblicato un demotape cui è seguito, qualche mese fa, un appetibile cd su label Dumbo.
Produzioni sotterranee che non è facile trovare in giro, eppure è stato facile per me incontrare il suono di questi gruppi fatto a schegge tra le pagine di "Bastogne". Altro che i Devo, dei quali non c'è qui dentro neanche un po' di puzza sintetica, o i Talking Heads. O i Ramones, poi: stanno sul bordo della piscina a contare soldi, non dentro lo stereo rubato dei protagonisti. Quella gente sta dall'altra parte dell'oceano, sono lontani. Brizzi ha travestito da Nizza Bologna o forse Milano, o qualsiasi altra città cicciona del nord. Non gli americani, ci stanno invece proprio bene gli Spreads, e i De Crew e gli altri, tra le pagine di questo libro.
A guardare bene, sia le musiche che le storie dentro il libro hanno più d'un punto in comune. Brizzi racconta gli anni Ottanta artificiali e caleidoscopici di un pugno di ragazzi alla deriva, così come Emilio Salgari raccontava dell'India avventurosa di Sandokan, cioè senza esserci mai veramente stato. Succede come nella lettera -pubblicata qualche numero fa- di quel ragazzo che criticava "La seconda volta" di Mimmo Calopresti e, soprattutto, nelle parole della risposta di Stefano Giaccone.
Gli Spreads e praticamente tutti gli altri della "Pozza dei Demo" suonano adesso come degli oscuri gruppi new wave tipici grosso modo della metà del decennio scorso. Pensiamoci un momento: sono dei documenti di cosa succede nelle cantine adesso, però quel che c'è dentro "suona" incredibilmente del suono di dieci-quindici anni fa. Fermi tutti, non sto dicendo che è roba vecchia e che chi la suona fa schifo. Dico che questa gente fa della roba adesso assolutamente fuori moda, cosa che in una certa prospettiva vedrei piuttosto come un grosso merito. Andando nello specifico: il cd dei 77 Spreads, nonostante una evidente latitanza di produzione (succede sempre che i tempi necessari per la realizzazione in studio facciano a pugni con il contenuto del portafoglio), è un lavoro fatto con una grande cura ed altrettanto grandi impegno e dedizione. Non era nelle intenzioni del gruppo la caccia alla recensione su queste pagine, anzi direi che siamo su tutt'altre strade: Gianmaria ha scritto e spedito una copia del cd offrendone delle copie come benefit. Grazie di cuore: giro la proposta a tutti quelli che stanno leggendo. Come detto poc'anzi l'etichetta è l'indipendente Dumbo, che pubblica anche un catalogo enorme di materiali sotterranei in distribuzione, tutto a prezzi supercorretti. Indirizzo: Dumbo c/o Gianmaria Punzi, via Trezza 8, 84010 Badia di Cava (Salerno).
Mi auguro che al primo siano seguiti altri volumi della "Pozza dei Demo": la cassetta è stata prodotta dall'associazione culturale Mumble e dai vari gruppi coinvolti. E' virtualmente impossibile identificare un gruppo dall'altro, a meno di non suonarci dentro. L'iniziativa è simpatica e realizzata abbastanza bene anche in senso strettamente tecnico. Anche in questo caso sono state offerte delle copie come benefit per il giornale. Grazie. Per contatti, per partecipare, per acquisti, per informazioni: Mumble, casella postale 73, 20047 Brugherio (Milano).