Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 235
aprile 1997


Rivista Anarchica Online

Il lavoro nobilita il bambino
di Filippo Trasatti

Ci sono libri che acquistano il loro pieno significato magari solo grazie a una noticina, oppure attraverso una postfazione scritta molto più tardi. Il lettore è come finalmente liberato da un'ossessione, arriva finalmente a comprendere chi era veramente l'autore e che cosa voleva. Sto parlando di tal Walter Block, credo sconosciuto ai più, di cui la marchigiana casa editrice Liberilibri ha pubblicato Difendere l'indifendibile. Fin dal titolo, l'intento di Block è di farci arrabbiare. E ci riesce in una maniera rimarchevole e degna di stima soprattutto in questi tempi tiepidi. Block è un economista americano, allievo di Murray Rothbard (che gli scrive gentilmente una introduzione piuttosto di basso profilo) e discende cioè dalla covata austroliberista di Von Mises, Hayek e Popper. Ricorderete forse che Rothbard, cosiddetto "anarcocapitalista", è per un liberismo estremo che prevede la privatizzazione di ogni cosa, anche dell'aria che respiriamo. Proprio perchè l'aria e l'acqua non appartengono a nessuno, dice, ognuno può inquinare senza conseguenze. Se l'atmosfera venisse privatizzata, i proprietari la preserverebbero dall'inquinamento. In attesa di conoscere come questa geniale impresa verrà realizzata, torniamo al suo simpatico allievo.
Nell'introduzione leggiamo: "La vocazione di questo libro è il libertarismo. La premessa di questa filosofia è la seguente: è illegittimo intraprendere aggressioni contro dei non aggressori". Fin qui tutti d'accordo: ma poco dopo risulta subito chiaro quale aggressione preoccupi maggiormente il professor Block, cioè le tasse, apice della violenza brutale dello Stato contro cittadini inermi. "Il regime fiscale è contrario al principio libertario in quanto compie un'aggressione contro quei cittadini non aggressivi che rifiutano di pagare". Ogni scambio, secondo i libertari, dev'essere volontario. "Non vi possono essere obblighi positivi a meno che il soggetto stesso non li stipuli", dice Block e si premura di farci presente un fatto che forse sarebbe sfuggito ai più: "Questo libro è una difesa del mercato".
Non si pensi però ad una argometazione da "bottegai", perchè Block pensa in grande e cerca di vedere i problemi a livello più generale, dal punto di vista del principio libertario. Il libertario "non pretende che il mercato sia un'istituzione economica morale". Il mercato è amorale; si tratta in realtà solo del miglior meccanismo conosciuto dall'uomo per lo scambio tra domanda e offerta di qualsiasi genere di beni, materiali e non.
Questo sistema, e non altro, ha portato l'occidente alla testa del mondo, in ricchezza, potenza, benessere. Della gioia e della soddisfazione si debbono interessare i singoli e non il sistema. Il sistema è ovviamente dinamico e sempre perfettibile ed è per questo che, certo un po' provocatoriamente, Block propone le sue tesi: la riabilitazione e il riassorbimento nel mercato libero di figure che attualmente non solo sono emarginate, ma vengono utilizzate come comodi capri espiatori. Si tratta di 32 personaggi in genere poco simpatici, alcuni dei quali considerati infami.Block non vuole, com'è ovvio, riabilitarli moralmente, ma solo mostrare due cose: che questi personaggi prestano un servizio socialmente utile e indispensabile e che dunque, se non vanno incoraggiati nè innalzati moralmente, non dovrebbero neppure essere puniti, ma piuttosto considerati alla stregua di soggetti del mercato, che a qualcuno (non importa chi) possono apparire immorali. L'elenco sarebbe troppo lungo, ma ha già in sé qualcosa di inquietante, perchè mette insieme il ruffiano e l'inquinatore, colui che rifiuta di far beneficienza e lo speculatore, il mediatore e lo sfruttatore di manodopera infantile. Ciascuno può divertirsi, se può e se vuole, a fare una personale graduatoria di infamità o di immoralità. Quel che appare chiaro già dall'elencazione, è che anche qui agisce il meccanismo livellatore del mercato; non importa chi, cosa o come, se non nuoce agli altri, va garantito il suo libero accesso all'arena sociale. Insomma ogni soggetto è prima di tutto, al di là di ciò che fa e delle sue qualità morali, gladiatore.
Block deve dunque cercare di difendere questi "mascalzoni" (parole sue) e lo fa con argomentazioni condotte in modo serrato con spirito anglosassone, chiare e razionali che poggiano su argomenti e ribattono alle obiezioni. Da questo punto di vista, il libro può essere pensato come un'utile palestra di allenamento per la costruzione e la confutazione di argomentazioni. Provare per credere. Qui m'interessa sottoporvi un caso particolarmente interessante, con implicazioni che vanno decisamente al di là della teoria economica.
Il personaggio in questione da riabilitare è il "datore di lavoro ai minori", noi diremmo lo sfruttatore di manodopera infantile, che diventa un eroe misconosciuto nel movimento della "liberazione dei bambini". Vediamo come.
Tesi: "Il lavoro minorile è un'istituzione onorevole, con una lunga storia e gloriosa di opere di bene. E i cattivi non sono i datori di lavoro, ma piuttosto coloro che proibiscono il libero mercato del lavoro minorile" (218).
Svolgimento. I tanto vituperati datori di lavoro ai bambini svolgono in realtà una funzione importante, liberandoli dai ceppi che gli sono imposti dalla minore età. Fornendo un lavoro ai bambini, gli imprenditori perseguono certo il loro privato vantaggio ma, come già insegnava Adam Smith, producono un vantaggio collettivo incalcolabile. "Il datore di lavoro ai minori non ha mai obbligato nessuno a mettersi alle sue dipendenze. Tutti gli accordi sulle prestazioni della manodopera sono totalmente volontari, nessuno escluso" (idem). Ma, obietta lo stesso Block, potrebbero essere stati mandati a lavorare per forza dai genitori; chi può dire quando un bambino sceglie veramente di lavorare? Inoltre, questione ancora più importante, a che età si può dire di saper scegliere? Il nostro comincia allora una digressione sulla definizione della "minore età". Fino a che età si è bambini? 12 come vogliono alcune religioni, 18 come vuole l'esercito o 21 come vogliono alcuni stati? Tutte le definizioni arbitrarie di confine tra età sono prive di valore. Per risolvere il problema bisogna tener conto di molte più variabili e integrarle nel principio libertario dell'homesteading, ovvero del dominio naturale, secondo cui ogni individuo possiede la propria persona e quindi possiede le cose che prodce; principio che (seguendo la teoria di Rothbard) può essere applicato anche alla definizione dell'età adulta. "Un bambino diventa adulto - secondo Rothbard - non quando raggiunge un arbitrario limite d'età, ma piuttosto quando egli fa qualcosa per affermare la proprietà di se stesso e il controllo sulla propria persona: quando cioè, va via di casa ed è in grado di mantenersi" (221). In altre parole, l'età adulta non èqualcosa da accettare passivamente, ma si istituisce con un atto di volontà liberandosi dalla dipendenza della famiglia di origine.Questo principio ha una serie di conseguenze importanti, come si può facilmente immaginare, una delle quali è che il genitore non ha il diritto di imporre al bambino la propria volontà, se questo vuole andarsene di casa.
D'altra parte, coerentemente, Block afferma che "non vi sono obblighi positivi di alcun genere dei genitori nei confronti del bambino". Il genitore ha il bambino in custodia finché questo è in grado di istituire la propria "adultità". Ma perché questo sia possibile, è necessario dargli la possibilità di lavorare per costruirsi una nuova casa. "Se a una persona giovanissima viene effettivamente vietato di lavorare, l'opzione di andare via di casa e di mantenersi gli viene sottratta. Egli viene dunque escluso dal dominio naturale della sua stessa età adulta e deve forzatamente aspettare finchè l'arbitrario numero di anni che definisce l'età adulta non sia stato raggiunto" (222).
Ecco dunque che lo sfruttatore di manodopera infantile, senza saperlo, fa un'opera di bene per l'intera umanità: mostra l'ingiustizia delle leggi che lo tutelano, cioè scopre la nudità del potere. La tutela è una catena. Liberarsi dalla tutela è liberarsi dalle catene, tanto meglio è quanto prima si può. Vi lascio soli ad arrabbiarvi e a meditare su queste tesi e cerco di arrivare alla conclusione.
In realtà, al quadro delle tesi anarcocapitaliste di rothbard, Block aggiunge poco, ma quel poco diventa molto quando tocca il cuore della morale e permette di vedere all'opera quel rovesciamento su cui è basata la nostra società. Quel che Block svela, senza metterlo in primo piano, è che tutte queste attività sono condannate e punite a livello individuale, mentre sono ampiamente accettate e valorizzate a livello sociale e pubblico. Inquinatori in misura minore o maggiore lo siamo tutti; sfruttatori di bambini è chiunque compri merci prodotte nei paesi più poveri dalle multinazionali; lo strozzinaggio viene esercitato da istituzioni rispettabili e potentissime e così via.
Il principio libertario da solo allora non basta e la morale rovesciata deve andargli in aiuto. Ed è qui che ci si rivela la vera natura del professor Block. Mi riferisco alla postfazione di cui parlavo all'inizio, di quasi vent'anni successiva al libro e che è sostanzialmente un mea culpa. Il professor Block è rimasto un libertario, ma è anche diventato un conservatore in campo culturale e sente il dovere di pentirsi pubblicamente per i suoi errori passati. Che cosa gli ha permesso questa maturazione? Vent'anni di riflessione, il fermo e accorato richiamo di Dan Quayle, il matrimonio e due figli e la considerazione che la religione è ormai "una delle ultime e più belle speranze della società, in quanto è una delle principali istituzioni che ancora combattono coraggiosamente contro uno Stato eccessivo e gonfiato" (240). Ma di che cosa si pente precisamente il nostro? Di non aver abbastanza aborrito le "perversioni sociali e sessuali" che distruggono l'interesse dell'umanità e minacciano la santa Istituzione del Matrimonio. "Sebbene nessuna di esse andrebbe proibita per legge, esse sono riprovevoli, degradanti, disgustose, immorali, malvagie, peccaminose e depravate. Il mio consiglio è di evitarle del tutto".
Allora, come libertario conservatore che ha finalmente compreso l'abominio di alcuni comportamenti (ecco l'elenco dei comportamenti che aborre: "omosessualità, bestialità, sadomasochismo, sfruttamento, prostituzione, tossicodipendenza e altri comportamenti degenerati" (236)), Block sente di dover fare di tutto per eliminarli con tutti i mezzi, salvo l'uso della forza. Che cosa farà mai per eliminarle? Non ce lo dice, chiaramente. Come mai lui si può scagliare con tutti i mezzi (tranne la forza) contro l'immoralità delle perversioni (private), mentre vieta di giudicare moralmente il mercato quando produce conseguenze devastanti sulle persone? Non ci risponde. Ma il massimo della spudoratezza lo raggiunge quando, ipocrita e blasfemo, usa e non cita Paolo di Tarso, per giustificare la condanna della prostituzione: "Il corpo è un tempio dello spirito; permettere di farsi usare in questo modo è certamente una violazione morale" (241). Parola di uno che vorrebbe legalizzare lo sfruttamento infantile. Allora ci sale su dal cuore la voglia, per dirla con le parole di Block, "di fare di tutto per eliminarli con tutti i mezzi; salvo l'uso della forza" questi cochon. A Block dedichiamo volentieri questo verso di Leo Ferré: "Amo questi lupi che m'hanno reso il mio lupo".