Rivista Anarchica Online
Piacere, sono l'embrione
di Emanuela Scuccato
Il concetto di vita si inscrive in un groviglio di segni culturali e sociali che determinano anche il dibattito in corso
su embrione e clonazione
L'argomento di discussione che, opportunamente lardellato, ci viene servito sempre
più spesso negli ultimi tempi
dai media, riguarda l'embrione. Che sia davvero "un piccolo, grande uomo?". Una volta, il sensazionale quesito
tiene banco sulle pagine, appunto, del supplemento donnesco di un noto quotidiano nazionale - tra un abito
dell'Azienda Moschino e "une pair des souliers" (leggi: scarpe) della Manufacture d'essai. Un'altra, invece,
è buon puntello alle polemiche tra Osservatore Romano e PDS, tra singoli pidiessini,
arcivescovi
e quant'altro. Tal'altra volta ancora, discosto dalle baruffe, riesce a proporre riflessioni niente affatto ipocrite,
come quelle di
Umberto Galimberti su Repubblica, qualche mese fa. Che, cioè, bisognerebbe riconoscere
dignità ai già nati,
innanzi tutto. Oppure di provare a pensare anche ai corpi nei quali sono impiantati questi embrioni. Corpi di
donna, non incubatrici. In realtà, le proposte di legge presentate al Parlamento italiano fin dal '95
(vedi riquadro) e volte perlopiù a
riconoscere capacità giuridica all'embrione, sollevano tutta una serie di questioni di carattere giuridico,
morale,
filosofico, tra le quali, nel bla bla bla generale, risulta sempre più difficile districarsi, lo ammettiamo, ma
che, con
i tempi che corrono, non possiamo permetterci di ignorare impunemente. Se provassimo a schematizzare
molto a grandi linee la questione, vedremmo da una parte il complesso delle
problematiche relative alla bioetica, dall'altra le donne. L'embrione si situerebbe proprio nel mezzo.
Riconoscendogli capacità giuridica, quindi diritti - primo fra tutti il diritto alla nascita - si avrebbe un
duplice
effetto: la messa in discussione radicale della 194 sull'interruzione di gravidanza, con tutte le conseguenze che
ne deriverebbero per le donne, e il controllo della sperimentazione in materia di bioetica, una sperimentazione
che molti dicono essere, allo stato attuale, "selvaggia". Ma: attenzione! se il centro del problema è
davvero l'embrione, allora non ci sarà tanto facile scapolarcela... Per prendere partito in questa che
viene fatta passare un po' subdolamente come una faccenda della quale tutti
i termini sono chiari, la Scienza infatti, ahimè!, non ci è di alcun aiuto. Perchè oggi come
oggi la scienza non è
in grado di dirci in modo definitivo quand'è che la vita prende coscienza di sè, ossia, nello
specifico, se si possa
parlare di persona in relazione all'embrione. Come si diceva qualche anno fa a proposito dell'aborto, trattasi
dunque di un problema di coscienza, ognuno si
prenda le sue responsabilità. Checchè se ne dica, ce la dobbiamo vedere ancora una volta da soli;
noi e le nostre
credenze: filosofiche, religiose, ecologiste, femministe... Tuttavia, se siamo d'accordo che la vita si inscrive
sempre in un groviglio di segni culturali e sociali anche quando
ci si appella ad una pretesa oggettività della scienza per tracciare netti contorni alle nostre prese di
posizione, non
possiamo permetterci di sottovalutare il pericolo di strumentalizzazione cui questo tema si presta per sua stessa
natura. A proposito di bioetica e delle polemiche susseguenti la sperimentazione in questo campo, mi
colpirono molto
le riflessioni della filosofa ungherese Agnes Heller. "...Mi si lasci ancora una volta far riferimento a Kant", scrisse
al Heller nel 1984 in un suo intervento su Panorama. "La disapprovazione morale ha ragion d'essere
quando degli
esseri umani usano altri esseri umani come meri strumenti". E più oltre: "Detto tutto questo, arriviamo
alla
conclusione che non è l'artificiale rispetto al naturale che disapproviamo [il riferimento, qui, era
appunto alla
fecondazione artificiale, ndr], ma il tipo di azione, indipendentemente dalle tecnologie coinvolte". Che
non ci convenga partire da qui per dar vita a un dialogo veramente costruttivo per tutti: uomini e donne,
cattoli e non, mi chiedo? Partire cioè dalla considerazione del "tipo di azione", come già ventilava
la filosofa
allieva di György Lukács? E mi spiego. Lucrare sugli embrioni è sicuramente
immorale, per esempio: ma per evitare questo, è ragionevole riconoscere
un nuovo soggetto giuridico? Un buon numero di parlamentari, trasversali a tutti i partiti ad eccezione di
Rifondazione Comunista,
evidentemente ritiene di sì, se ha pensato di presentare un disegno di legge che va in questa
direzione. Per non parlare poi della proposta di considerare l'embrione "persona" a tutti gli effetti fin dal
concepimento,
avanzata dal segretario di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini...E' ragionevole? O non sarebbe piuttosto
sufficiente, intanto, attenersi a quanto è già stato approvato nell'ambito della convenzione
europea di bioetica, e cioè il divieto di produrre embrioni da destinarsi esclusivamente alla
sperimentazione e
collaborare fattivamente per dotarsi di strumenti giuridici duttili, che non si puntellino a ideologismi così
scopertamente biechi? Si, lo so, lo so, la clonazione...me ne rendo conto. Mentre scrivo, la paventatissima
possibilità di clonazione umana sta tenendo tutte le prime pagine dei giornali.
Eppure, anche rispetto a questa notizia, per quanto aberranti e spaventosi possano apparire gli scenari prospettati
in questo senso dalla ricerca scientifica, non riesco ad esimermi dal tentare di ragionarci sopra facendo, a caldo,
qualche prima osservazione in ordine sparso. Innanzi tutto mi auguro che si continui a parlarne. E molto,
anche. Personalmente però, poichè credo che alla censura intrinseca alla paura di sapere sia
sempre preferibile la
conoscenza, se non altro per evitare di essere turlupinati, sulla clonazione, più che rintronata, gradirei
prima di
tutto essere adeguatamente informata. Vorrei sapere con chiarezza, ad esempio, dove, come, da quanto tempo
e a che scopo si sta lavorando a questo
tipo di ricerche. Soprattutto chi le finanzi! Sono infatti convinta che l'unica, vera garanzia circa l'impiego dei
risultati della sperimentazione scientifica, sia
proprio questa: l'informazione trasparente e tempestiva (o sul serio qualcuno è convinto che basti dire no
a
qualcosa, perchè questo qualcosa venga tralasciato e smetta, ipso facto, di rappresentare un
pericolo?). Subito dopo osservo come "...la nascita di un agnello dal nucleo cellulare di una pecora adulta"
- stringi, stringi
è di questo che stiamo parlando! - si sta rivelando un ottimo mantice nelle mani di coloro che stanno
soffiando
sul fuoco della polemica e che hanno tutto l'interesse a fare di ogni erba un fascio. A dire, cioè, che nel
sensazionalismo che lo sta tuttora connotando, l'argomento clonazione è quanto mai funzionale a chi
sostiene la
tesi dell'urgenza di un intervento normativo generale. E il più possibile restrittivo, mi
racomando! Avranno buon gioco? Quando leggo che sette italiani su dieci sono spaventati dalle notizie
sui cloni passate in TV, penso di sì, penso
che questi batman dell'umanità potrebbero avere buon gioco. Intendo ora che la Sinistra si interroga
su Micromega e il Movimento delle donne è occupato a fare "salti di gioia"
per la fine del patriarcato. Boutade a parte, anch'io, come Ken Follet, ho il sospetto che i "replicanti" siano
già
tra noi. Ma per motivi purtroppo diversi, naturalmente, da quelli del summenzionato scrittore di
romanzi. Insomma: che la pecorella Dolly si stia vendicando a nome di tutti i ruminanti suoi confratelli dei
mammiferi
superiori che per secoli l'hanno sgozzata, giusto in questo periodo dell'anno, per rendere più appetibili
le
tradizionali mense pasquali, è l'unica fanfaluca che i giornali non hanno ancora scritto... L'unica
fanfaluca divertente, che forse proprio per questo i "replicanti", notoriamente sprovvisti di senso
dell'ironia, non si sarebbero bevuta, o chissà! Tornando a bomba però, alle proposte di legge
inerenti all'embrione dalle quali siamo partiti, se lo Stato le
accogliesse, cosa ne sarebbe dell'autodeterminazione delle donne? Nel testa a testa che si creerebbe tra i diritti
dell'embrione e i diritti della donna, che cosa di buono potrebbe venirne, e per l'uno e per l'altra? Niente,
è indubbio. Se è vero che la procreazione responsabile comincia dall'uso responsabile dei
contraccettivi e, a monte, da un
diverso approccio umano, sensuale e sessuale tra uomo e donna, come si potrà dirimere la controversia
tra una
donna e l'embrione che sta crescendo dentro di lei, qualora lei, l'incauta, non voglia portarlo avanti? Andranno
in tribunale? E se l'embrione dovesse vincere la causa, che tipo di rapporto si instaurerebbe tra lui e
l'organismo ospitante? A questo punto non so davvero se sia più orripilante la possibilità di
clonare gli uomini, possibilità per ora ancora
di là da venire, o la folle situazione che si verrebbe a creare se si verificasse l'irreparabile: lo
smantellamento della
194 nei termini auspicati dai Batman dell'umanità. Con la differenza però, che questo è
un pericolo già a portata
di mano.
Il corpo scomparso
Parole profetiche quelle con le quali la studiosa Grazie Zuffa ci invitava sul Manifesto dell'8
marzo 1995 a
"cogliere il salto qualitativo e simbolico che le tecnologie della riproduzione hanno segnato". "Non si tratta
più del corpo violato dall'inrtusione visiva", scriveva la Zuffa a proposito del corpo della donna,
"bensì di deflagrazione e scomparsa del corpo stesso". Ebbene, solo due mesi più tardi, il 10
maggio 1995, superando l'attuale statuto sul feto, l'Ufficio Legislativo
presso il Ministero di Grazia e Giustizia depositava un articolato normativo in materia di fecondazione assistita
che postulava la tutela della vita fin dal suo concepimento in termini del tutto svincolati dalla relazione a due
madre/figlio. Riconoscendo all'embrione capacità giuridica, cioè capacita di godere di diritti
indipendentemente
dal suo essere fisicamente impiantato in un corpo di donna e all'interno di un complesso legame osmotico,
questa normativa in materia di bioetica rappresenta un vero e proprio attacco frontale all'autodeterminazione
della donna, che pretende di controllare intimamente secondo principi etici del tutto opinabili stabiliti dallo
Stato. Un nutrito gruppo di giuriste ha voluto entrare nello specifico dell'articolato per la rivista trimestrale
di
informazione giuridica d/D Il Diritto delle donne. I contenuti che emergono dall'analisi sono
perfettamente in linea con le ultime prese di posizione, per usare
un eufemismo, di un buon numero di parlamentari in relazione alla legge 194 sull'interruzione di
gravidanza. Ne isoliamo i punti principali secondo la lettura proposta sulle pagine del trimestrale
bolognese: a) contrariamente agli ordinamenti di altri Paesi - per esempio la
Spagna, la Danimarca, l'Inghilterra -, secondo
l'Ufficio Legislativo del Ministero di Grazia e Giustizia italiano, l'accesso alla fecondazione assistita dovrebbe
essere consentito soltanto alle coppie regolarmente sposate, in età fertile, "per porre rimedio alla
sterilità della
coppia" ovvero "per prevenire la trasmissione al nascituro di gravi malattie"; b) in
caso di morte del marito, la vedova avrebbe diritto a ricevere l'embrione solo se la gravidanza avesse
inizio entro l'anno dalla scomparsa del consorte. Se contraesse nuove nozze, il vedovo potrebbe invece
richiedere l'impianto dell'embrione fino al termine ordinario di cinque anni e, in questo caso, il figlio sarebbe
considerato come legittimo della nuova coppia. In questo frangente, come viene fatto rilevare dalle giuriste,
"l'esigenza di offrire una famiglia stabile al nascituro passa in secondo ordine a favore della esigenza della
trasmissione del cognome paterno"; c) le Tecniche di Riproduzione Assistita (TRA)
sarebbero fruibili soltanto in appositi centri istituiti dal
Ministero della Sanità. Per accedere alla fecondazione assistita, i coniugi dovrebbero affidarsi alla
discrezionalità del personale addetto che, in caso di rifiuto, sarebbe tenuto a fornire per iscritto le
motivazioni
di tale decisione e ad informare gli utenti circa le altre possibilità offerte dalla legge (v.
adozione); d) l'eventuale richiesta da parte della coppia di distruggere l'embrione
non sarebbe ammessa. L'embrione
potrebbe essere destinato ad altri coniugi oppure essere interrotta la conservazione "una volta che ne sia cessata
la vitalità, il cui accertamento è demandato al decreto del Ministero della
Sanità"; e) sarebbero previste sanzioni in caso di "embrionicidio" e di
applicazione di pratiche di TRA al di fuori delle
procedure previste e autorizzate statalmente.
Corpo a corpo. Inserto speciale 8 marzo 1995 del Il
Manifesto. Regolare la scienza o controllare le donne? in d/D Il diritto
delle donne, trimestrale di informazione
Giuridica per iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Regione Emilia-Romagna (luglio
1996) |
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