Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 234
marzo 1997


Rivista Anarchica Online

Anarchicando
a cura di Elena Petrassi

Prosegue la pubblicazione di alcuni dei testi ricevuti l'anno scorso, nell'ambito del concorso letterario sul tema "L'anarchia e...". I primi tre testi sono stati pubblicati su "A" 230 (ottobre '96), altri lo saranno in un prossimo futuro

L'anarchico Bugatti

Vederlo scattare all'ala sinistra - così ci aveva insegnato si dicesse - era un vero spettacolo: piccoletto, i forti bicipiti che agita nella corsa, quei passi frenetici e più lunghi delle sue stesse gambe...e i baffoni spioventi, quegli occhietti tanto piccoli e profondi da doverli cercare...una maglia rossa e blu sdrucita che insegue un pallone e ci caracolla attorno e lo fa arrivare dove sicuramente aveva pensato...
Uno come il compagno Bugatti non l'avevo mai visto, e nemmeno pensavo che esistesse.
Se ne era andato via da Genova qualche anno prima (doveva essere il 1887 o 88, boh...), che io ero ancora un ragazzino e a malapena ne sentivo parlare da mio padre. Che lavorava con lui, giù al secondo molo a scaricare balle di chissà che cosa da navi di tutti paesi; e che lo incontrava anche la sera, al circolo anarchico che avevano messo insieme con Rivara e Mascheroni. Una bella coppia, quelli: Rivara era grande e grosso come una vaporiera, Mascheroni piccolo con baffetti. E l'intellettuale, quello che leggeva Bakunin era il Rivara, mica il baffetto con l'aria persa. Il Bugatti, con i suoi occhietti sperduti nel fondo di quella bettola-tana, era quello che sapeva sempre come organizzarsi in modo invisibile: la polizia era a conoscenza degli anarchici a Genova, ma nessuno dei nostri nomi era mai uscito, e neanche sapevano dove ci riunivamo. Trovavano i nostri volantini in giro per il porto e si incazzavano.
Ma adesso era tornato - non ho mai saputo perché aveva cambiato aria - e si era portato dietro un gruppetto di giovanotti alti e biondastri. Era stato in Inghilterra, a scaricare balle di chissà che cosa sui docks di Liverpool; i docks - così ci aveva insegnato si dicesse - erano i moli in inglese. I suoi compagni, invece, era anarchici inglesi che volevano conoscere i compagni italiani.
Il Rivara si incazzò moltissimo, perché già la polizia ce l'abbiamo più addosso di prima e adesso dobbiamo occuparci anche dei turisti inglesi. L'anarchico Bugatti lo fulminò con i suoi occhietti ispidi: i turisti inglesi leggevano più di noi, erano organizzati più di noi e avevano un'idea fantastica per passare inosservati. Senza dimenticare la fratellanza fra oppressi, l'internazionalismo, ecc.: Rivara guardava in basso, giù fino ai baffoni del Bugatti, e la sua opinione di prima lo lasciava man mano che veniva rimpiazzata da quella del compagno emigrante.
L'idea degli inglesi - che poi abbiamo saputo dopo era un'idea tutta del Bugatti - era di organizzarsi in modo nuovo: avremmo fatto finta di essere un'associazione sportiva, come quelle dei figli di borghesi che giocano a tennis o vanno a cavallo. Ma con uno sport nuovo, di gran moda in Inghilterra.
«Che bélino è il futbol?» si chiesero gli anarchici genovesi, che si fidavano del Bugatti ma che non avevano viaggiato come lui. Lui arrivava con gli inglesi; gli inglesi arrivavano con una palla di cuoio; gli altri anarchici arrivavano con una faccia tra lo scocciato e il curioso. Si passava quel poco tempo libero a capire quel po' di regole del nuovo gioco, a darsi appuntamenti per l'attività politica, a imparare l'inglese che un giorno o l'altro la rivoluzione la facciamo anche con loro.
Gli anarchici inglesi impararono il genovese molto prima che non accadesse il contrario; qualcuno, nonostante la fede politica, era un figlio di borghese e si faceva mandare dei soldi che servivano un po' a tutti. Per la questura figuravano come commercianti in studio del mercato italiano. La polizia di fine secolo ficcava il naso in tutti i posti dove ci sarebbero dovute essere delle teste calde e non ne trovava una. E passava davanti al campetto di Sturla, dava un'occhiata a quel gruppo di assatanati che rincorreva un pallone e tirava dritto. Non avrebbero mai saputo, gli sbirri del Re, quanta cultura e quanta opposizione si annidasse in quegli incontri a Sturla, quando i baffoni del Bugatti alternavano politica e futbol e tutti gli anarchici avevano imparato a come parlare di una cosa per capirsi su un'altra. Scioperi, manifestazioni, giornali clandestini fiorirono a Genova con un vigore sconosciuto e senza che si vedesse un anarchico in giro. Perché erano tutti là, attorno al Bugatti, ai suoi inglesi e al suo pallone.
Il Mascheroni, che aveva perso un po' di ascendente, lo canzonava perché Bugatti era il cognome di un'automobile. Ma a futbol ci giocava anche lui.
Il massimo della presa per il culo, secondo il Rivara che da solo «teneva» la difesa, era stato contattare altre squadre formatesi qui e là (a Torino, a Milano, comunque sorte dopo la loro) e organizzare un campionato italiano, proprio come in Inghilterra. E naturalmente si mandavano anarchici in missione segreta in quelle città e ci si dava appuntamento prima e dopo le partite, fingendo di essere lì per seguire il Bugatti e i suoi discepoli.
La squadra di Genova, la prima squadra di calcio nata in Italia, vinse sei campionati sui primi sette, era zeppa di inglesi e tutti e undici erano anarchici. Lo erano anche molti degli spettatori e, dato che per noi la parità dei sessi era una cosa importante, i primi giornalisti di questo sport si domandavano come mai solo a Genova questo sport veniva seguito anche dalle donne. Mica lo sapevano, cosa c'era sotto...
Oggi tutti dicono che il «Genoa football and cricket» venne fondato da benestanti inglesi in gita fra i caruggi, e la verità non l'ha mai saputa nessuno. Tolti gli anarchici, ovvio. Sono quasi sicuro che questa balla l'ha messa in giro ancora il Bugatti, con il suo cervello bollente dietro gli occhi lontani e furbi e le sue gambette veloci. Poi il Bugatti l'abbiamo perso di vista un'altra volta, se ne è andato dopo un attentato fallito contro Mussolini. Quello non ci giocava mica a pallone, con gli anarchici...
Mi hanno raccontato di averlo visto in Argentina, sulle Ande, a insegnare il futbol e l'anarchia agli indigeni. Che l'anarchia la conoscevano già perché se ne sono sempre sbattuti di avere uno stato, ma il pallone gliel'ha fatto vedere la prima volta proprio lui. E l'hanno visto in Spagna a sparare - mica sapeva solo correre dietro al pallone, il Bugatti. E qui, là, in ogni posto che serviva. Ma sono sicuro che - oltre che a quel cazzo di pallone - il suo chiodo fisso era rivedere Genova dal mare mentre la nave si stava avvicinando al porto. Penso che non l'abbia più vista, come noi non abbiamo più visto lui.
Fino a ieri, 12 aprile 1996, a quella partitella organizzata dagli anarchici di Sturla insieme ai senegalesi e gli algerini. Loro non lo vedevano, ma io sì: ogni volta che il centravanti dei senegalesi non ci arrivava - alto alto ma anche imbranato imbranato - ecco il Bugatti che toccava la palla, allungava la traiettoria, toccava di testa quel poco che occorreva per mandarla dentro. E tutti a far festa al senegalese mentre il Bugatti sorrideva e riprendeva a correre su e giù per l'ala sinistra, con i suoi baffoni spioventi, i calzoni al ginocchio e la maglia rosso e blu sdrucita da far schifo.
Io non so quanti anni ho, forse non ne ho più da un bel pezzo e passeggio in questo mondo anche da morto, e nessuno mi vede anche se io vedo loro. Ho gli stessi acciacchi di quando gli altri mi parlavano, anzi peggio, solo che non posso lamentarmi con questo o quest'altro.
Mica come quel vecchio anarchico del Bugatti, che è morto anche lui ma che continua a correre dietro a un pallone. E sempre con le persone giuste attorno...

Luciano Sartirana