Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 234
marzo 1997


Rivista Anarchica Online

Piselli e papere. La differenza tra le differenze
di Filippo Trasatti

C'è stato, c'è e ci sarà qualcosa che distingua in modo netto e atemporale uomini e donne? La "ridicola appendice" e le "invereconde labbra" sono davvero quanto basta per distinguere radicalmente due esseri umani? O non ci sono altri tratti che li distinguano ancor più radicalmente? Sono più differenti un uomo e una donna di mezza età bianchi , occidentali, benestanti, del primo mondo o una donna di una grande città occidentale, femminista, insegnante universitaria e una donna della tribù dei Lobi in Mali? E davvero val la pena di cercare qualcosa che distingua assolutamente i due sessi? Che strategia si persegue cercando la divaricazione originaria? A questo genere di questioni non risponde il libro di Geneviève Fraisse, filosofa francese, La differenza tra i sessi (Bollati Boringhieri, Torino, 1996, L. 22.000). Studiosa vicina a un filosofo francese come Deleuze, con qualche inflessione qua e là lacaniana, Fraisse cerca già con il titolo di prendere le distanze da altre impostazioni della stessa questione. Si parla di "differenza sessuale" per indicare una posizione filosofica che ha avuto in Francia la sua massima elaborazione teorica con il pensiero di Luce Irigaray. "Genere" (gender) indica una posizione di area anglosassone; la categoria si contrappone a sesso per indicare ciò che è costruito socialmente a proposito delle differenze tra i sessi. "Sexual difference è connotato biologicamente, e ne è scaturita la necessità di creare il "genere", nella speranza di sfuggire a una rappresentazione deterministica"(46) Proponendo "differenza tra i sessi" Fraisse cerca di lasciare aperta la questione, di non pregiudicarla filosoficamente applicando le precedenti categorie, già troppo connotate. Il primo passo è importante: nonostante l'abbondanza di studi disponibili sull'argomento, Fraisse cerca di costruire un oggetto filosofico, il concetto chiamato "differenza tra i sessi", dunque qualcosa di nuovo e diverso, da ciò che esisteva prima. Ma poi non sembra mantenere le promesse. La ricerca infatti trova troppo presto il suo primo punto da approdo e lo costituisce come fondamento. "La differenza tra i sessi- dice- è la prima delle differenze, quella sulla quale tutte le altre si costruiscono e si dicono" (47-48). E più avanti: "la differenza tra i sessi è l'oggetto a partire dal quale si dispiega il pensiero, è il materiale con cui si costruisce il pensiero" (55). Altrove ancora in modo più epocale sembra suggerire che con l'idea di uguaglianza dei sessi nel XIX secolo comincia inarrestabile il declino della metafisica, che dunque sarebbe fondata sulla differenza sessuale nell'asimmetria. D'altra parte la rilettura in questa chiave della storia della filosofia era già stata intrapresa da Luce Irigaray. Queste affermazioni danno evidentemente per scontato ciò di cui si va alla ricerca. Si crea insomma un circolo in cui ciò che si dovrebbe trovare lo si dà per presupposto. La differenza, come l'uguaglianza non sono proprietà ma operazioni, atti, processi. Nella comparazione tra due cose scelgo la pertinenza di certi tratti e l'irrilevanza di altri. Diceva già il vecchio Aristotele sulla faccenda: "ciò che è differente da qualcosa è sempre differente per qualche cosa, tanto che necessariamente ci dev'essere qualcosa di identico per cui sono differenti". Non c'è dunque differenza assoluta . Si è differenti per una certa misura relativamente a qualcosa, fino ad arrivare a quella che lo Stagirita chiama "differenza perfetta", cioè la contrarietà. Questa volontà di differenziare senza limite e senza rapporto cerca il proprio fondamento nel dato biologico: ci sono solo due sessi. Ma il cosiddetto dato biologico è già da sempre interpretato culturalmente. Non è nulla di originario, se non per una scelta culturale che poi viene occultata sotto la coperta sempre ampia e disponibile del naturale. Non bisognerebbe mai dimenticare che il naturale è per l'uomo non ciò che è dato in quanto tale, ma ciò che culturalmente viene situato in posizione originaria, in un al di là della cultura. In questo recupero della presunta naturalità vedo una rivendicazione di differenza che vuol essere imposta a livello sociale, al di là di ogni discorso. É il paradosso di un discorso, quello sul sesso, che vuol cancellare se stesso in virtù di una differenza che lo precede. Se questa differenza radicale fosse vera, resterebbe soltanto il silenzio, mentre invece è fittissima da sempre la comunicazione. Ma se i sessi sono due, non ci sono due persone che pensino e vivano il sesso nella stessa maniera. E neppure, immagino, la maternità. L'anatomia come destino ha prodotto non solo fiumi di inchiostro, ma anche di sangue e sofferenza. Il discorso di Fraisse non si esaurisce però qui. Con un'altra mossa, quella della storicizzazione, cerca un'altra strada per ricostruire l'oggetto "differenza tra i sessi". Attraverso (comode) categorie storiografiche (il 1700, il 1800) illustra le rotture e le modificazioni storiche nella concezione della differenza tra i sessi. Il 1800 , con l'idea di uguaglianza, metterebbe in crisi la gerarchia soggiacente all'idea di differenza. Il 900, con la psicoanalisi di Freud, fa passare il discorso sulla differenza tra i sessi dal sesso alla sessualità. Certo con questi tagli un po' grossolani non si va molto lontano nell'analisi. Molto più interessante può essere la ricerca di come questa "differenza tra i sessi" senza essere un concetto esplicitato, ma essendo inscritta socialmente, visibile e fondamentale, abbia sotto traccia segnato lo svolgimento di una parte del pensiero filosofico. "Dal colmo dell'immanenza empirica al sostituto della trascendenza e dell'infinito, la differenza tra i sessi appare e scompare. Non è mai assente, è più o meno presente ovunque". (51) Qua e là appare in sordina nei discorsi dei filosofi , associata con altre differenze: i bambini, gli schiavi, i pazzi, gli ebrei, gli omosessuali. Ma è interessante vedere come opera. Che rapporto c'è tra il pensiero di un filosofo (o di una filosofa) e la sua posizione (consapevole e non) nei confronti della differenza tra i sessi? In altri termini, come mi situo rispetto all'interminabile serie di differenze originate dalla differenza tra i sessi? Non che prenda posizione esplicitamente su questo e su quello, ma nel modo di operare del mio pensiero agisce la differenza. E' un tratto identitario forte e sarebbe assurdo che non avesse alcuna influenza. Ma non ci sono un pensiero maschile e femminile, una scrittura maschile e una femminile, un amore maschile e uno femminile: c'è un diverso modo di rapportarsi al pensiero, alla scrittura, all'amore socialmente e culturalmente costruiti e storicamente mutevoli. E assai mutati, anche se le resistenze tra donne e uomini sono molte. Si va verso un'indifferenziazione? E questo, si dice, non sarebbe un impoverimento? Si tratterebbe, poiché le differenze sono infinite, di spostare l'accento su altre differenze, di costruire con i corpi un diverso rapporto. Di liberare i corpi dalla presunta naturalità, dalle identità forti. Forse allora saremmo individui differenti. Conclu-diamo con un forse, ed è quello di Judith Lorber (L'invenzione dei sessi): "Liberate/i dalle disuguaglianze tra generi, razze e classi, che cosa potremmo essere? Forse ci identificheremo culturalmente come donne, uomini, eterosessuali, omosessuali, cittadini di differenti paesi, a derenti a diverse religioni, lavoratori occupati in svariate mansioni, persone di diversa origine biologica e sociale e così via. Forse saremo persone libere di provare la jouissance, la passione erotica che si esprime nei corpi umani, nelle identità, nelle credenze più profonde, nel lavoro, nell'amore, nella spiritualità".