Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 234
marzo 1997


Rivista Anarchica Online

Liberarete
a cura di Marco Cagnotti(cagnotti@venus.it)

Tempi grami...

Gli ultimi tre anni hanno visto una vera e propria esplosione dell'interesse per Internet. Quello che in origine era solo uno strumento militare destinato a mantenere i contatti fra gli Stati Maggiori dell'esercito americano si è trasformato a metà degli anni Settanta in un mezzo di comunicazione e diffusione delle conoscenze in ambito accademico. Lo ritroviamo all'inizio dei Novanta come uno spazio virtuale accessibile anche al grande pubblico e, inevitabilmente, terra di conquista per le aziende. Uno strumento di diffusione delle informazioni nuovo, potente, veloce e flessibile si presta ad applicazioni originali che ne sfruttano le peculiarità. Come dubitare che agli imprenditori, e in particolare a quelli legati all'industria informatica, sarebbe venuto in mente di inventarsi qualche servizio o prodotto legato alla Rete da vendere alle centinaia di migliaia di persone che sono entrate nel cyberspazio, o stanno per decidersi a farlo? Ed ecco infatti nascere realtà imprenditoriali nuove: gente che fino a ieri era un oscuro tecnico delle grandi aziende di software o uno sprovveduto studente di informatica, dalla sera alla mattina si è messa in proprio, a vendere browser, o a mantenere motori di ricerca, o a rendere disponibili programmi shareware o documenti in formato elettronico. Qualcuno c'è riuscito, e sull'onda della novità ha fatto un mucchio di quattrini. Un nome per tutti: Netscape. Sfruttando la vera grande novità del Net degli anni Novanta, il World Wide Web, Jim Clark e Marc Andreessen lo hanno trasformato in un gigantesco ipertesto multimediale, ricco di immagini, filmati, suoni (chi si ricorda più i tempi di Lynx e delle interfacce a caratteri?… eppure si tratta di tre anni fa!…). Risultato: alcuni milioni di dollari nelle loro tasche. A partire praticamente dal nulla. E tutti a gridare al miracolo economico, forse addirittura alla nascita di un vero, pericoloso concorrente per Bill Gates. Sull'onda della moda, con davanti agli occhi l'esempio di Netscape, un sacco di gente s'è inventata un mestiere che avesse a che fare con Internet. Peccato che a tutti quanti le cose stiano andando maluccio…
Eh, già, perché ancora nessuno è riuscito a trovare un sistema sicuro per fare soldi vendendo servizi attraverso la Rete. Il risultato è che gran parte delle nuove imprese che si sono lanciate nel cyberspazio hanno dovuto o ritirarsi precipitosamente oppure rimanerci ma in una forma neppure lontanamente paragonabile alle più rosee speranze. Nessuna grande azienda può più permettersi di non avere un proprio sito pubblicitario, ma quello che si deve scordare è di usarlo per farci i soldi. Chi è entrato partendo dal nulla credendo di aver trovato l'Eldorado, e per crearsi un capitale con cui lavorare ha deciso di farsi quotare in Borsa, ha fatto male i suoi conti: le azioni di quasi tutte le aziende che offrono servizi via Internet sono drasticamente in calo. La stessa Netscape, che nell'agosto '95, all'inizio del collocamento in Borsa, aveva azioni del valore di 25 dollari, dopo un picco che superò gli 80 dollari tre mesi dopo, si ritrova oggi a essere quotata fra 40 e 50 dollari per azione. Un bel guadagno, non c'è che dire, ma certo non quel miracolo di cui tutti parlavano un anno fa. L'ultimo grande exploit borsistico risale ad aprile dell'anno scorso, quando Yahoo!, che gestisce uno dei più gettonati motori di ricerca, si era collocata con azioni da 12 dollari per vedersele subito lanciare a 33 dollari l'una. Da allora, solo crolli per quasi tutti, con un generale e indiscutibile trend negativo… e proprio mentre l'indice Dow Jones andava alle stelle (tanto per chiarire che la tendenza al ribasso non è generalizzata). Le azioni di Infonautics, che offre una biblioteca multimediale a pagamento attraverso il Web, sono scese dal valore iniziale di 13 dollari ai primi di maggio dell'anno scorso ai 4 dollari all'inizio di novembre. Il flop borsistico più recente è quello di Wired, la rivista di culto che i fanatici della Rete devono leggere per forza di cose: per tenersi aggiornati, per conoscere le opinioni dei commentatori più autorevoli, o anche solo perché "fa figo" averla in casa da mostrare agli amici. Ebbene, la più nota rivista dedicata alla cybercultura ha un buon successo nella sua versione cartacea, ma paradossalmente la sua versione online, Hotwired (http://www.hotwired.com), è un vero e proprio fallimento. Al punto da dover essere drasticamente ridimensionata, perché non riusciva a sopravvivere nella forma in cui era stata pensata originariamente. Quando Wired Ventures, che edita entrambe le testate, ha deciso di quotarsi in Borsa, la reazione degli analisti è stata talmente pessimista da dissuaderla dal fare il grande salto.
Acquistare le azioni di una società significa concederle fiducia, e contare sul fatto che quella società guadagnerà e si espanderà. Come mai i risparmiatori non si fidano delle aziende che si sono lanciate in Internet? Finite le speranze di colonizzare lo spazio esterno che alimentavano l'immaginario collettivo degli anni Sessanta e Settanta, il cyberspazio sembra essere diventato l'ultima frontiera di fine secolo, eppure… sono in pochi a scommettere sulla possibilità di guadagnarci. C'è qualcosa che non torna. E questo qualcosa è nello spirito che anima gli utenti della Rete, che sono ben felici di trovare un servizio gratuito ma, quando si tratta di scucire anche solo due lire, fanno orecchio da mercante. Perché? Un mese di pazienza, e ne riparliamo.