Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 233
febbraio 1997


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

La mistica dello sfasciacarrozze

Jan Hacking, fra le ricche pieghe de La riscoperta dell'anima (Feltrinelli, 1996), porta alla luce quello che potrebbe essere individuato come un corrispettivo urbano e moderno dello stato di trance, tanto studiato dagli antropologi nelle società cosiddette «primitive». È lo stato di chi viaggia da solo, a lungo, in automobile - magari nel quotidiano esercizio di pendolarismo. Hacking parla espressamente di una «dissociazione da guida» che può ben essere messa in rapporto a quella diagnosi di «automatismo ambulatorio» con cui Charcot tentò d'innovare il prestigio proprio e della psichiatria francese nel 1888 (con la differenza che un Charcot d'oggidì potrebbe parlare di un «automatismo ambulatorio a supporto simbiotico automobilistico»). In modo sbrigativamente ottimistico questo stato dissociativo - checchè gli psichiatri intendano con esso - viene considerato «innocuo», ma, forse, se se ne estendesse l'analisi in chiave ideologica se ne scorgerebbe anche le sembianze più deleterie. Sulla perversa relazione che ha avvinto l'uomo e l'automobile molto è stato scritto e molto, purtroppo, si dovrà scrivere - nella speranza che qualcuno, prima o poi, dall'analisi passi a vie di fatto.
Il regista David Cronenberg, assecondando per l'ennesima volta il suo gusto per il torbidume (Videodrome, La zona morta, La mosca, Inseparabili, Il pasto nudo, etc. con risultati diversissimi), prende un racconto di Ballard e ne fa Crash, un titolo che è già un rumore ed uno sconquasso. Fra le degenerazioni della vita automobilistica, dunque, c'è anche quella - strettamente parente di vizi sadomasochistici di più ampia tradizione - dell'interconnessione fra sesso e incidente. Come dire che da quella dissociazione indotta dalla guida può scaturire non solo il rincitrullimento ma anche la soluzione alle pulsazioni sessuali represse e compresse. Ecco, allora, da vicino - anzi, da vicinissimo, con l'ossessiva applicazione stilistica da parte del regista di canoni iperrealistici - alcuni personaggi che, fra incidenti casuali e no, fra lamiere contorte e agonizzanti, fra sfasciacarrozze e lavamacchine, a cento all'ora o da fermi, sul cofano o sui sedili posteriori, con una pazienza ed una tenacia degne delle migliori cause cercano orgasmi e, qualche volta, li ottengono. Si riempiono di cicatrici e si avvalgono dei più raffinati strumenti ortopedici, parlano del sesso come di un «incidente stradale» o dell'estetica di un corpo modellizzato dalla tecnologia; in un rigurgito di consapevolezza critica avvertono l'avanzare di nuove psicopatalogie indotte dall'automobile. Già Lynch, nei suoi film, aveva fatto balenare sullo sfondo del suo occidente malato tremendi incidenti stradali - e il film americano d'azione in genere non ne fa mai mancare -, ma qui, per Cronenberg, non c'è altro. Lo scontro frontale come grado superiore dell'ascesi e la mistica del tamponamento: ogni narrazione in cui inserirli, in pratica, è superflua.
Che ciò porti ad una critica della società ci permettiamo di dubitarne, che ciò annoi parecchio, invece, è fuor di dubbio. Che il tema, invece, abbia un senso e che valesse la pena proporlo è altresì certo. Tuttavia - a parte l'insistenza fin paradossale sul sesso -, già nella connotazione dei personaggi sta il limite ideologico della fatica di Cronenberg. Costoro, infatti, sono tutti, già in partenza, situati ai bordi di quella comunità di «normali» che rappresenta davvero l'epidemia di massa dell'infezione automobilistica: la coppia principale ha già le sue brave tare da noia di lusso e sesso, una delle prime vittime di scontri frontali scioglie la propria vedovanza con una velocità che pare eccessiva, il personaggio fondamentale è addirittura un fanatico che vive organizzando spettacolini di scontri automobilistici clandestini, nessuno di costoro ha un granchè da lavorare per vivere e l'ultima cosa di cui si preoccupano è il conto del meccanico o del carrozziere. Sono già predisposti, in altre parole, al baratro o al gard-rail che li attende. Diverso sarebbe stato se, alla psicopatologia dell'automobile, vi fosse condotto il ragioniere del piano di sopra e la casalinga che incontri al supermercato, cioè la «brava gente» comune e asettica, monda di stigmi sociali e ben integrata nelle convenienze della comunità assuefatta. Rappresentando il patologico tramite una campionatura di eccesso si finisce - reazionariamente - con il tranquillizzare e con il compiacersene. Coloro che, rimasti incastrati in quell'angusto abitacolo mentale, guidando l'automobile diventano gradualmente mostri - sia che si eccitino sessualmente o che, più prosaicamente, si caccino le dita nel naso - sono molto più a portata di mano di quanto Crash non suggerisca. Basta scendere in strada, osservarli ai semafori, o in coda, o quando guardano morbosamente l'incidente che è toccato a qualcuno di loro.