Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 233
febbraio 1997


Rivista Anarchica Online

Zapatisti: libertari o autoritari?
di Pino Cacucci

Un recente saggio di Silvye Deneuve e Charles Reeve, apparso in Francia, contiene dure critiche all'EZLN del subcomandante Marcos. Ecco la replica di Pino Cacucci

E' dal 1° gennaio del 1994 che gli insorti zapatisti cercano di anteporre il dialogo a qualsiasi pratica autoritaria, compresa la via armata, perchè, sono stati i primi a dirlo, "qualsiasi forma di esercito è la negazione stessa della democrazia diretta". Dialogo, cioèdiscussione, dibattito, analisi, approfondimento, persino "spaccare il capello in quattro" è meglio che abbracciare, magari sull'onda dell'entusiasmo o dell'istintiva solidarietà, un fenomeno senza conoscerne origini, sviluppi e soprattutto pratica quotidiana. Dunque, discutere se, e fino a che punto, lo zapatismo in armi e quindi l'EZLN, sia un movimento genuinamente libertario, è un nosrto dovere. Per questo ritengo che il Bollettino - a cura della commissione di relazioni internazionali della FAI - abbia fatto benissimo a pubblicare la lunga dissertazione a firma di Silvye Deneuve e Charles Reeve: non essendo assolutamente d'accordo con quanto espongono, considero "salutare" discuterne pubblicamente.
L'EZLN è nato tredici anni fa, quando un manipolo di "meticci" venuti da Città del Messico o altre grandi città del centro-nord hanno preso contatto con gli indios chiapanechi avviando la costituzione di una formazione armata sulle montagne del sud-est. Che quei meticci fossero animati da ideologie tipiche delle guerriglie marxiste latino-americane anni '70, è una scoperta dell'acqua calda, visto che lo stesso Marcos lo ha raccontato, aggiungendo però che sarebbero poi rimasti in pochissimi a ersistere laggiù, dove condividere la vita (la sopravvivenza di stenti) degli indios, falcidiò la presenza dei bianchi, quasi tutti rientrati "a casa". Ma attenzione: le varie comunità indigene avevano già delle milizie in armi con funzione di autodifesa, non furono certo i meticci venuti dal nord a convincerli della necessità di resistere alla violenza di latifondisti e polizia...Marcos confessa, scrivendolo e dicendolo in varie interviste, che tra loro ha trovato una coscienza sociale e politica enormemente più complessa e variegata della sua (e dei suoi compagni), al punto che dagli indios ha imparato il vero significato della democrazia diretta. Già, Marcos e ancora Marcos: per quanto si sia messo un passamontagna, ricorra all'autoironia, abbia inventato il personaggio dello scarabeo Durito per farsi prendere in giro ogni volta rischi una qualche forma di prosopopea, il mondo continua a guardare lui, perchè l'informazione è stata da tempo sostituita dalla spettacolarizzazione. E Deneuve & Reeve lo sbattono senza mezzi termini nella tradizione caudillista. Marcos ammette di aver avuto, in questi tredici anni, soltanto una cosa da insegnare agli indios: l'uso delle armi, cioè l'addestramento finalizzato a mantenere l'autodisciplina in combattimento. Se lui per questo è definibile un caudillo, allora dovremmo sbarazzarci in un solo fascio di Durruti, Ascaso, Makhno, Praxedis Guerrero e di tutti gli anarchici che, in una fase di guerra rivoluzionaria (perchè le rivoluzioni, ahinoi, prevedono a volte il combattimento, che significa uccidere, difendere una posizione, assaltare, muoversi in schiera impugnando fucili, ripiegare sotto il fuoco degli elicotteri continuando a proteggere le popolazioni in fuga...tutte cose dolorose senza dubbio e con evidenti rischi di "autoritarismo") si sono trovati in situazioni nelle quali occorre dare ordini e farli rispettare: come uscire da questa impasse? Evitando di ribellarsi, temo...Insomma, se la critica viene da un punto di vista non violento, allora lo rispetto rimandando la discussione a un ambito immensamente più vasto, ma se partiamo dal considerare sacrosanta la ribellione violenta in situazioni del genere (Spagna del '36, Messico del '10, Russia del '17, ecc), certe asserzioni di Deneuve & Reeve mi appaiono gratuite e al limite della disinformazione. O vogliamo illuderci che Buenaventura Durruti non abbia mai punito uomini la cui condotta aveva messo a repentaglio la vita di tanti altri compagni? E' per questo tacciabile di autoritarismo? Quando Deneuve & Reeve dicono che vietare l'alcol non risolve il problema perchè non ne attacca le radici, mi suona come puro onanismo intellettuale: se la tua ubriacatura, mentre la comunità di ha affidato un turno di guardia su una montagna, ha permesso ai mercenari dei latifondisti di bruciare case e raccolti, si tratta di un abuso di alcol ben diverso dallo scolarsi una bottiglia nella placida quiete della tua casa a Bologna, Parigi o Barcellona.
Il fatto che l'esercito federale distribuisca gratuitamente bottiglie di caña (praticamente alcol puro distillato dalla canna da zucchero) nei villaggi riconquistati, dovrebbe indurci a riflettere: se vivi nella costante disperazione, vedendo i figli morire di dissenteria o morbillo, se l'orizzonte più lontano è l'indomani mattina, ci vuole una notevole coscienza sociale per rifiutare la consolazione di una bottiglia, tanto più che te la regalano. E la coscienza indubbiamente c'è, al punto che le comunità zapatiste respingono persino i viveri e l'assitenza medica, se vengono dall'esercito: ma occorre impedire i disastri, piccoli o grandi, provocati dai cedimenti individuali. Ecco perchè gli zapatisti "proibiscono" gli alcolici. Ma non lo fanno certo limitandosi a un editto, una bolla papale o una legge sulla gazzetta ufficiale. Ripeto: si vive e sopravvive in una situazione di guerra, che sia totale o a "bassa intensità", per loro fa poca differenza, viste le condizioni. Pontificare sui "divieti" è del tutto fuorviante.
Pur dimostrando una conoscenza dettagliata della storia passata e recente, Deneuve & Reeve ci ricordano "il carattere totalitario della società Maya", criticando il mito idilliaco degli "indiani". Ma forse vogliamo paragonare le innumerevoli rivolte degli schiavi maya contro il colonialismo spagnolo e la successiva borghesia meticcia, alle teocrazie dei Maya intesi come sacerdoti-astronomi-matematici precolombiani? Si tratta evidentemente di due storie diverse, che in comune hanno solo l'imposizione dello schiavismo. Sarebbe come mettere in guardia sull'anarchismo spagnolo degli anni '30 ricordando che la loro "razza" discende dai Conquistadores e dagli Inquisitori...
Non tutte le comunità maya del Chiapas applicano la democrazia diretta e non sono "libertarie" nella loro totalità: i cacicchi di Chamula, quel villaggio nei pressi di San Cristobal che attira turisti con la pantomima della "bastonata in testa a chiunque scatti una fotografia" (se pagate il cacicco di turno, state tranquilli che vi fanno usare anche la telecamera), sono affiliati al partito di governo e ottengono in cambio il controllo sul commercio degli alcolici. E, non a caso, si sono schierati con l'esercito e contro gli insorti. Ma le comunità delle cañadas e dei Los Altos, sono zapatiste perchè nella figura e nella pratica rivoluzionaria di Zapata hanno riconosciuto il proprio modo di intendere la vita sociale, l'organizzazione del lavoro, la coltivazione comunitaria delle terre, la secolare tradizione solidaristica.
Veniamo al punto più spinoso dell'intera questione: il supposto "patriottismo" dell'EZLN. E' la solita storia di quel proverbio orientale: quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito. Il fatto che gli zapatisti abbiano portato una bandiera messicana alle prime trattative, rappresenta essenzialmente due cose: la riappropriazione di un simbolo legato alla rivoluzione - che il governo ha "ingangato" - e l'affermazione dell'autenticità messicana nel momento in cui, per screditarli, l'allora presidente Carlos Salinas de Gortari li accusava di essere un'accozzaglia di ex-guerriglieri centro-americani (guatemaltechi, salvadoregni e nicaraguensi, più il fantomatico apporto di qualche profesional del "terrorismo" europeo). Oggi nessuno, dai generali fino all'ultimo burocrate governativo, oserebbe mettere in dubbio l'origine messicana e la genuinità indigena dell'insurrezione, ma allora c'era bisogno di sostenerlo. Inoltre, è un tipico atteggiamento da eurocentrici pretendere di applicare i nostri schemi ideologici a realtà profondamente diverse e complesse come quella messicana e più in generale latino-americana: dove noi vediamo con miopia manifestazioni di "nazionalismo", spesso si tratta di orgogliosa difesa delle proprie radici. Non è affatto casuale che nei comunicati dell'EZLN, le rare volte che citano dei referenti storici, compaia il nome di Ricardo Flores Magon; il quale scriveva, in una lettera al fratello Enrique del 13 giugno 1908: "Tutto si riduce ad una pura questione di tattica, se ci fossimo chiamati anarchici fin dall'inizio, nessuno, o comunque pochi, ci avrebbero ascoltato. Senza chiamarci anarchici, abbiamo contribuito a incendiare la mente del popolo con l'odio per la classe possidente e la casta governativa". E questo perchè Flores Magon, assieme a Praxedis Guerrero e altri anarchici messicani, avevano fondato il Partito Liberale Messicano...Ad alcuni può sembrare un'eresia (laica, s'intende...) che degli anarchici si riuniscano in un "partito". Ma nessuno può mettere in dubbio che il magonismo appartiene alla storia dell'anarchismo. Comunque, le etichette sono inutili: gli zapatisti stanno dimostrando di mettere in pratica i principi libertari con ogni loro azione e in ogni loro scritto o discorso. E se dopo aver messo bene in chiaro che non solo non ambiscono ad alcuna forma di potere, ma neppure accettano nel Fronte Zapatista chiunque abbia incarichi o appartenga a un partito, qualcuno come Deneuve & Reeve asseriscono che un giorno "si vedranno i vecchi cacicchi e i nuovi capi in passamontagna darsi la mano" e addirittura "realizzeranno così le loro ambizioni"...oltre che gratuito mi sembra offensivo verso chi, da almeno tredici anni, si gode i privilegi del vivere sulle montagne del sud-est, dove la vita degli esseri umani vale davvero meno di quella delle galline. Hanno fatto tutto questo come "tirocinio" per guadagnarsi una poltrona? Deneuve & Reeve non hanno dubbi in proposito, arrivando a definire l'EZLN una nuova organizzazione burocratica da cui i "proletari messicani" dovranno liberarsi al pari di quella "vecchia" del PRI, il partito al governo. Questa è francamente una enormità. E la espongono con tanta sicumera, da ricordare i testi messi a disposizione dal Ministero della Difesa messicano per stilare un libro denigratorio nei confronti dell'EZLN, dove si cerca di dimostrare che sono tutti marxisti-leninisti camuffati da indios libertari. Duole dover constatare tale similitudine. Mi auguro che le fonti di Deneuve & Reeve non siano i documenti dei servizi di sicurezza, il cui principale intento e screditare, non certo informare o promuovere il dibattito.

Il saggio di Silvye Deneuve e Charles Reeve, cui replica in queste pagine il nostro collaboratore Pino Cacucci, è apparso - in traduzione italiana - sul quarto numero del Bollettino Internazionale della Federazione Anarchica Italiana, dedicato esclusivamente alla lotta condotta dagli indios del Chiapas messicano e dall'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) contro le secolari condizioni di sfruttamento e di oppressione esaltate negli ultimi anni dalle politiche neoliberiste. Due i testi contenuti nel Bollettino: uno critico verso l'EZLN (cui appunto replica Cacucci) ed uno ad esso favorevole prodotto dal gruppo di Nantes della Federation Anarchiste di lingua francese. Il Bollettino costa 4.000 lire e va richiesto (allegando l'importo in francobolli) a: FAI, viale Monza 255, 20126 Milano