Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 231
novembre 1996


Rivista Anarchica Online

Internet e l'armonia

Mi propongo, con questo breve scritto, di contribuire al dibattito aperto da David Koven e da Marco Cagnotti sull'uso di Internet da parte degli anarchici o, se preferiamo, dell'area libertaria nel suo insieme.
Sono propenso a credere che dietro il disagio palesato da David circa l'utilizzo della rete, ci sia qualcosa di più profondo del timore che il ragno del potere fagociti quanti più insetti si insinuino nella ragnatela mondiale. La paura più grande è un'altra, quella che David dice con innocente semplicità: «penso che questi congegni elettronici, inclusa l'apparentemente innocente televisione, hanno l'effetto di isolare le persone le une dalle altre». Al che replica Marco Cagnotti: «a mio avviso dipende dalle abitudini dei singoli e dalla capacità di ognuno di andare oltre il mezzo per comprendere l'interlocutore».
Mi sembra questo il punto centrale del problema.
Ancora una volta si tende a considerare il mezzo neutro, plasmabile, utilizzabile per qualsivoglia fine. Ciò è in parte spiegabile con la frenesia intellettuale (e non solo) che segue ogni nuova invenzione, in parte a causa della fretta spasmodica che attanaglia individui e gruppi e non consente talora di collegare le parti del tutto, di avere cioè una visione critica degli eventi che ci raggiungono.
Se pensiamo che quarant'anni di televisione non abbiano avuto effetti (oggigiorno ancora incalcolabili) sulla cultura e il modo di sentire della popolazione, ci manca già un collegamento. Dobbiamo giocoforza tenere conto della frantumazione sociale che caratterizza la nostra epoca e porta sempre più spesso all'isolamento, o a forme rituali di socializzazione. Cerchiamo le connessioni.
Per quanto concerne la televisione, la passività recettiva del messaggio non lascia molti dubbi circa i rischi che tale tecnologia può produrre, soprattutto tra le menti più giovani o sprovvedute. Tuttavia ben pochi si sono interessati a serie campagne critiche che mettano in guardia sull'uso di tale mezzo, ormai comunemente usato per sedare i bambini. Per quanto concerne il computer e tutte le tecnologie da esso derivate o che si sono incontrate al crocevia, il discorso parrebbe diverso. L'interattività insita nel mezzo potrebbe implicare uno spazio libero di espressione.
Sicuramente lo è, almeno agli occhi di chi ci naviga dentro. Ma immaginiamoci la diffusione sempre più capillare di questa rete, così come sarà nei prossimi anni, mentre troveranno le prime applicazioni commerciali su vasta scala le scienze collegate alla realtà virtuale. Nei prossimi anni le tecnologie di comunicazione arriveranno sempre più a raccordarsi, fino a creare un vero mondo virtuale in ogni casa. Anche allora spetterà ai singoli come utilizzare tale invenzione, certo. Ma come potranno farlo? L'uomo si abitua al cambiamento, può perfino accettare di vivere solo attraverso un computer; se tutti fanno così, poi, diventa quasi indispensabile. I sostenitori della rivoluzione cibernetica non accettano l'idea che un mezzo possa influenzare il fine, o che abbia di per sé degli aspetti alienanti.
Credo che occorra leggere la storia attraverso una prospettiva antropologica ed ecologica assieme. La rivoluzione industriale, nel suo continuo superarsi, ha creato il problema ecologico su scala planetaria. Dobbiamo cercare di leggere l'incipiente rivoluzione cibernetica alla luce dei risultati (positivi o negativi che di volta in volta appaiono) scaturiti dal precedente salto tecnologico. L'impressione, per quel che mi riguarda, è che ci si stia sempre più allontanando dalla natura e dall'esperienza diretta. Il mondo sembra sia diventato piccolo, senza più misteri, senza più sogni.
Molti fra gli adepti del mondo virtuale pensano che navigare nel ciberspazio costituisca, non solo una valida maniera di amplificare le potenzialità della mente, ma addirittura un sostituto dell'esperienza.
Costoro sostengono che l'uomo potrebbe benissimo fare a meno della natura. È evidente che molti legami coll'universo esperienziale sono stati già recisi, al punto da rendere difficile, alle nuove generazioni, la stessa distinzione fra naturale e artificiale. Dal canto mio sento d'essere parte della natura e soffro nel vedere come il costruito sovrasti il vissuto, malsopporto i passi invadenti con cui l'artificio penetra nella nostra vita, spogliandoci sempre di più del contatto diretto con gli esseri, con i fenomeni, con i cicli. Il nostro rapporto col naturale si affievolisce di generazione in generazione. Non possiamo far finta di non vedere la relazione con l'avanzare del mondo virtuale.
Sono consapevole del fatto che possa apparire vantaggioso, da un certo punto di vista pratico, l'utilizzo delle reti multimediali, per la facilità e il basso costo con cui è possibile scambiarsi informazioni da un capo all'altro del mondo. Ma occorre al contempo riflettere sul fatto che la velocità e la quantità di informazione non equivalgono ad una comunicazione più profonda; sembrerebbero anzi andare in altro senso. Perciò mi pongo da un punto di vista critico nei confronti delle nuove frontiere tecnologiche, attraverso le quali sarà sempre più facile falsificare, manipolare, allontanare le persone dalla ricerca di un'effettiva, difficile, drammatica comunicazione faccia a faccia. Dovremmo tornare a chiederci quali sono i nostri fini e verificare se i mezzi usati siano ad essi armonici.

Carlo Bellisai
(Capoterra)