Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 231
novembre 1996


Rivista Anarchica Online

Coprifuoco a Bologna?

E se provassimo a ragionare sulla città modello della sinistra al potere? Ma si, parliamo di Bologna, prima gioiello del «comunismo municipale», oggi vanto e palestra del nuovo corso all'insegna dell'Ulivo. Parliamone partendo dalla cronaca.
L'agosto 1996 sarà ricordato come il mese degli sgomberi, della normalizzazione. Era nell'aria da tempo e dopo Ferragosto i triumviri della città (sindaco, questore, rettore) hanno deciso il repulisti. Basta con le occupazioni, basta col «disordine» che angoscia i cittadini seri, i professori timorati, i commercianti onesti, insomma la mitica gente perbene che chiede solo «legge e ordine». Vogliamo chiamarla repressione? Ma no, forse sono troppo cattivo. Evitiamo pure di dare un nome a quel che è successo in quest'agosto di resa dei conti, ma che si deve pensare di fronte allo sgombero delle due case occupate in via del Pratello, al repulisti fatto alla biblioteca universitaria autogestita di via Zamboni, per non parlare dell'opera di «bonifica» che ha colpito molti barboni, allontanati dai luoghi storici delle loro soste notturne (piazza Verdi e dintorni)?
In via del Pratello, i giovani «occupanti» da anni ormai vivevano in una delle strade più originali di Bologna, una piccola «repubblica» di osterie aperte fino all'alba, di gente che si ritrova e canta in libertà e senza spesa, di giovani artisti che avevano legato con tanti abitanti e gestori di locali dell'antica e animata straduzza, un tempo nota per i «casini», oggi solo per il carcere minorile e il «disordine» che turbava i sonni di tanti bravi cittadini. Diciamolo: lo sgombero di via del Pratello segna un'impennata d'autoritarismo e perbenismo nella città «meglio governata dalla sinistra». Possibile che un'esperienza di libertà, di vitalità, di ricchezza sociale debba essere annientata, in una città di sinistra, perché qualcuno si lamenta delle chiacchere e della musica prolungate fino a notte fonda? Possibile che una così becera e brutale richiesta di «legge e ordine» trovi immediato ascolto in chi vorrebbe vantarsi di una improbabile diversità? Ma quelli sporcano, sono dei vandali, e poi chissà cosa fanno...: questo è bastato per convincere i triumviri a mandare la polizia in via del Pratello (e pochi giorni dopo in via Zamboni). E se gli stessi signori scoprissero che qualche cartaccia per terra o un pacco di giornali bruciati si troveranno anche ora, che le due case dello scandalo hanno porte e finestre murate? Cosa chiederanno: i vigili in pattuglia giorno e notte? Il coprifuoco? Possibile che debba imporsi a tutti il malcontento di pochi che non sopportano una chitarra che suona dopo il tramonto del sole, in una città in cui migliaia di persone accettano senza fiatare il rombo infernale del traffico sotto le finestre di casa, giorno e notte? Magari sarà colpa mia e dei miei cattivi pensieri, ma questa città in cui vivo mi sembra sempre più chiusa e intollerante, come se fosse stretta in un fortino a difesa dei suoi privilegi e della sua ricchezza. Come altrimenti devo interpretare i ricorrenti episodi di razzismo: ricordate il «negro» picchiato durante la festa dei tifosi, il giorno della promozione del Bologna in serie A? O che devo pensare della caccia all'uomo scatenata contro gli «anarchici» (non importa stabilire di chi si tratti in particolare) rei di avere tentato di occupare qualche casa di proprietà comunale abbandonata alle erbacce? Oppure ancora della protesta di alcuni signori commercianti contro quel prete che per la sua generosità (soldi e cibo) attirava in una via del centro, cioè nella sua chiesa, troppa brutta gente (vale a dire immigrati, barboni, insomma poveri e bisognosi)? O vogliamo parlare dei profughi bosniaci bollati come zingari e respinti dalla popolazione perché poi «quelli rubano, sporcano e disturbano»?
Lo so, lo so: a Bologna funziona tutto. Abbiamo il bancomat per i certificati dell'anagrafe e le prenotazioni mediche, i pullman girano fino a notte tarda, il bilancio del Comune non è in rosso, sono stati creati anche dei centri (o dei recinti?) per gli immigrati, la gente è ospitale e «bon vivant». Tutto vero, ma il dubbio resta: quest'invocazione di «legge e ordine» non sarà una patologica involuzione di una città ricca, spaventata di perdere anche solo una briciola dei suoi averi?

Lorenzo Guadagnucci (Bologna)