Rivista Anarchica Online
Anarchici in rete
Vorrei ricollegarmi a quanto scritto da Filippo Trasatti su A rivista anarchica numero 219 sulle reti telematiche e su
Internet: condivido la sua analisi del motivo per cui tanto oggi se ne parli e del come esse rispondano alle necessità
sociali
e comunicative dell'incipiente terzo millennio. Condivido ancor più la sfida a cercare una posizione come
anarchici che ci permetta di non essere tagliati fuori dalle future
vie di comunicazione e di trovare il modo di combattere anche con esse la nostra battaglia per la libertà. Le reti
telematiche
sono penetrate in Italia quasi di soppiatto, quando nel 1983 un radioamatore di Potenza aprì il primo nodo della
rete
«Fidonet», questa è una rete amatoriale che oggi consta di circa cinquantamila utenti sul territorio nazionale e
utilizzata
in molti paesi del mondo (ma non ha niente a che fare con Internet). E' governata dai cosiddetti « sysop» i quali mettono
a disposizione macchine e competenze per gestire i nodi, ed emanano delle circolari regolamentative interne; in genere sono
foraggiati da iniziative commerciali, ma comunque nessuno di essi è vincolato a fare quello che fa e se, se ne
andasse
all'improvviso niente potrebbe trattenerlo. Ciò comporta che né vi sia un preciso statuto né un
preciso organico, ed è anzi
curioso vedere quanto gli utenti di tale rete siano i primi a sorprendersi nel constatare che malgrado questa sorta di
«autogestione» tutto funzioni egregiamente «senza precipitare nell'anarchia» (!)(G. BONAUDI, La bibbia del modem ,
Muzzio Editore). Può anzi sembrare strano, ma a tutt'oggi non c'è in Italia alcuna legislazione che regoli
la creazione e
la gestione di una BBS, né che inquadri i servizi od i guadagni con essa realizzabili. Eppure il futuro è
già in qualche modo
sotto i nostri occhi: negli Stati uniti ci si muove verso una gestione privatizzata dell'offerta di servizi e di accessi on line,
regolamentata da Autority statali, tale da limitare di fatto l'offerta di possibilità su rete (ed il potere è
sempre dalla parte
dell'offerta, e non della domanda), e di controllare di fatto gli accessi tenendo fuori, o sotto sorveglianza, eventuali
indesiderati (The Nation, 3 luglio 1995, La Repubbli-ca 9 luglio 1995). Purtroppo è un modello che vediamo
ampiamente
propugnato anche in Italia (vedi il dibattito sul riassetto dell'etere), ed è dunque quantomai opportuno sforzarsi di
cogliere
subito le possibilità offerte dall'attuale assenza di legislazione in materia per cercare di diffondere una pratica
indipendente
ed autogestita che cerchi di creare la consapevolezza dell'importanza di sottrarre il più possibile a controlli e vincoli
questo
campo. In tal senso si stanno muovendo i compagni di Livorno («mercati esplosivi» su Internet HTTP: // WWW. cribecu.
sins. it/n turchett/mesplo. html) che hanno presentato il loro lavoro alla fiera dell'autogestione tenutasi a Padova in
settembre, ma vi è anche l'importante esperienza dei compagni australiani (vedi Umanità Nova, del 15
ottobre 1995.) partiti
su Fidonet e poi passati a Internet (per ragioni economiche) non senza conseguenze per la loro azione. In realtà
essi
avviarono il progetto di rete telematica spinti da ragioni di coordinamento interno del movimento stesso, e con un tale
utilizzo penso che anche qui in Italia la rete sia uno strumento che andrebbe profondamente strutturato, ma non senza una
strategia precisa: vediamo di definirne una proponibile a grandi linee. Diciamo la verità: l'anarchismo di questo
paese conta
meno di zero, e non perché sia da qualcuno preso in considerazione e accantonato come utopistico o superato, ma
proprio
perché la stragrande maggioranza delle persone non sa neppure che esiste. Il fatto che un tempo in Italia vi sia stata
una
forte tradizione anarchica e poi sia stata cancellata dal codice genetico dell'antagonismo di questo paese è da
ascriversi
in parte alle responsabilità ed alle vicende storiche del movimento, ma anche, e di misura non indifferente, al
successo della
strategia Gramsciana di egemonizzazione della cultura (antagonista). E' una strategia che si è realizzata con il
crearsi di
organizzazioni specifiche ( facenti comune capo al P.C.I.) come per esempio la CGIL, la lega delle cooperative, i circoli
ARCI per dire solo le più grosse, le quali hanno portato la presenza comunista in ogni luogo dove nascesse la
protesta con
competenze settoriali ed efficaci, in modo tale che l'atto stesso di rivendicare è venuto ad immedesimarsi
nell'opposizione
comunista, mentre l'anarchismo veniva mano a mano riposto nell'angolino delle velleità. Certo, a noi non importa
«prendere il potere», ma può interessarci diffondere proprio mediante l'organizzazione della protesta semi e
pratiche
libertarie che avvicinino l'anarchismo alla società e la società all'anarchismo; una strategia di propaganda
con e durante
la rivendicazione sociale e civile in cui la cultura libertaria si manifesta e comunica sui temi e sui mezzi e modi con cui
si esercita l'azione politica. Ma come può il movimento anarchico pensare una cosa del genere, essendo esso privo
di
qualsiasi coordinamento, incapace di indire lotte di protesta nazionale, somigliante ad un quadro puntinista, i cui puntini
troppo pochi e fra loro lontani, rendono incomprensibile (se non invisibile) la figura? Ciascun gruppo isolato dagli altri
si inventa ogni giorno competenze politiche, storiche, sindacali, economiche, giuridiche e tecniche per riuscire a
sopravvivere e rendersi appena visibile, e posto che riesca bene è un lavoro quasi mai cumulabile o esportabile.
Ecco a cosa
può servire una rete telematica. A creare una connessione attraverso cui scambiare esperienze e materiali e nella
quale
creare possibili luoghi di dibattito permanente dove consultarsi e decidere in tempo reale, senza la necessità di
viaggi,
portavoce e delegati. E' un mezzo e nient'altro, per rendere funzionale l'azione politica che ognuno di noi fa nel suo posto
o città, a contatto con persone, problemi tangibili e realtà quotidiana. E forse di promuovere lo sviluppo
di competenze
settoriali e specifiche.... Infine, dato che si sta parlando di una «agenzia» che si occupi di curare i rapporti tra le
realtà
autogestionarie forse si potrebbe tener presente la possibilità di strutturarla almeno in parte in forma di rete
telematica, o
no?
Guido Coraddu, CDA (Padova)
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