Rivista Anarchica Online
Realismo dell'utopia: Fai, i cinquant'anni a Carrara
di Maria Matteo
In occasione del cinquantesimo anniversario dalla costituzione della Federazione Anarchica
Italiana il 9 e IO dicembre
anarchici provenienti da tutt'Italia sono convenuti a Carrara, la città in cui nel settembre del '45 si svolse il
congresso di
fondazione della FAI. I più anziani tra gli anarchici che 5O anni fà si incontrarono a Carrara avevano
partecipato alla settimana rossa,
all'occupazione delle fabbriche e alla lotta antifascista, spesso pagando di persona: alcuni avevano conosciuto il confino
e la galera, altri avevano preso la via dell'esilio; i più giovani si erano avvicinati all'anarchismo nei momenti
terribili ma
esaltanti della lotta partigiana. La Federazione allora rappresentava la quasi totalità del movimento anarchico
di lingua italiana. Gli anarchici che il nove e il dieci dicembre si sono riuniti a Carrara per fare il punto sui primi
cinquant'anni della FAI si
sono formati nelle lotte studentesche, operaie, antimilitariste dal '68 ad oggi: la loro, la mia esperienza è assai
diversa da
quella di coloro che ci hanno preceduto; oggi la Federazione pur essendo una componente significativa dell'anarchismo
italiano non lo rappresenta più nella sua interezza. Nel '45 gli anarchici si ritrovarono ad agire in un mondo
che il trattato di Yalta aveva diviso in due blocchi contrapposti:
da un lato l'occidente capitalista, liberale e democratico, dall'altro l'est comunista e totalitario. La scelta, per chi ama
codesto stile di cimenti, era quello classico tra l'arcinota padella e la non meno famosa brace. Gli auspici di chi con
generosità e coraggio, si era battuto contro il nazifascismo sperando in un mondo migliore, si
rivelarono presto vani. La componente maggioritaria della sinistra italiana rappresentata da comunisti e socialisti si
adattò facilmente alla nuova
situazione, rinunciando alle proprie velleità rivoluzionarie in cambio di quel complesso sistema di garanzie che
siamo soliti
definire stato sociale o welfare state. È quello che oggi chiamiamo compromesso socialdemocratico. Gli anarchici,
che
già nel '43 furono i soli a non godere del provvedimento che liberò dal confino gli antifascisti, nel
dopoguerra saranno
soli nel rifiutare il realismo folle di un mondo diviso in due blocchi contrapposti ma specularmente identici. Fu una
scelta che, inevitabilmente, ebbe i suoi prezzi: il movimento anarchico, nuovamente solo, si trovò dalla parte degli
sfruttati, dei senza potere, di chi assumeva l'internazionalismo come riferimento ideale per un mondo di liberi ed
eguali. Il realismo dell'utopia che negli anni '50 rese l'anarchismo socialmente ininfluente darà i suoi frutti nella
stagione
successiva quando, dentro e fuori dal movimento anarchico le istanze libertarie riprenderanno vigore, risultando
socialmente pervasive, influenzando le scelte politiche, esistenziali, economiche di tanta gente. Dal '68 in poi il
movimento anarchico nel suo complesso ha una forte crescita: una nuova generazione di militanti si forma
nelle lotte operaie, antimilitariste ed antiautoritarie. Il nove e dieci dicembre a Carrara è stata occasione
propizia per riflettere sulla storia di questi ultimi cinquant'anni e per
porre in luce i vari campi d'intervento politico, sociale ed economico in cui è oggi presente la FAI. Preziosi sono
stati gli
interventi storici di Gigi Di Lembo, Italino Rossi, Giorgio Sacchetti e Claudio Venza, nonchè le relazioni proposte
da vari
compagni sui temi dell'internazionalismo, dell'intervento sindacale, dell'anticlericalismo, dell'autogestione, del
femminismo e delle attività dei gruppi giovanili. Da questi interventi è emersa con forza la vitalità
di un anarchismo
sociale, la cui volontà trasformatrice intimamente si connette alla capacità di elaborare e praticare una
proposta politica
che, pur essendo saldamente radicata nel presente, mantiene una forte tensione ad un radicale cambiamento
dell'esistente. La prima giornata si è conclusa con una serata animata dalle esibizioni musicali di Roberto e
Ruggero Ruberti, di Selva
Varengo e del Teatro dei due mondi. La domenica mattina un corteo di circa cinquecento compagni ha attraversato
le vie di Carrara per testimoniare che a
ventisei anni dalla strage di stato e dall'assassinio di Giuseppe Pinelli nei locali della questura di Milano nel dicembre di
un ormai lontano 1969 resta saldo l'impegno degli anarchici contro l'autoritarismo. Un autoritarismo che per quanto vesta
i panni decorosi della democrazia parlamentare non manca di lasciare dietro di sè una lunga scia sanguinosa. Ha
concluso
la manifestazione un intenso comizio di Domenico Liguori, che ha ricordato come l'impegno degli anarchici si giochi fuori
e contro la logica del potere e si dia altresì nelle lotte sociali. L'incontro di Carrara ha evidenziato la
vitalità di una struttura organizzativa che, pur nel rispetto rigoroso dell'autonomia
di ogni aderente, ha mantenuto una stabile ed efficace rete di collegamento tra compagni e una discreta capacità
di
intervento politico e sociale. A quanti considerano l'anarchismo una proposta utopica ed inattuale si può con
legittima soddisfazione ricordare che tutti
i gruppi politici nati dopo la resistenza si sono oggi dissolti mentre la Federazione anarchica festeggia il proprio
cinquantenario. Con buona pace di tutti quelli che pensavano che DC, PSI, PCI ed MSI fossero immortali. A volte il
realismo dell'utopia si rivela più efficace del realismo della politica.
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