Rivista Anarchica Online
L'anno del rospo
di Maria Matteo
Molti segnali, anche poco vistosi, confermano il peggioramento del clima sociale (e poliziesco)
L'anno nuovo è tradizionalmente il momento dei bilanci nonché l'occasione
in cui scendono in campo più o meno
accreditati futurologi: chiromanti, politologi, preti e sociologi. Illuminati esponenti della sempre più dolente
e trista « cultura» di sinistra si affannano a puntare l'indice verso chi,
scettico nei confronti di politici, sindacalisti ed analisti vari, preferisce affidarsi alle stelle o ai fondi di caffé. Non
vorrei
apparire blasfema o poco laica ma devo dire che in questi tempi bui preferire gli oroscopi ai calcoli di previsione sulla
finanziaria mi pare indice di indiscutibile buon senso. Nella peggiore delle ipotesi i danni derivanti da un possibile errore
saranno sicuramente più contenuti. Tentare di afferrare le sempre più rapide ed imperscrutabili
modalità di composizione e scomposizione delle
maggioranze parlamentari che sostengono il sempre agonizzante e sempre vivo governo Dini è indubbiamente
impresa ben
più ardua della lettura del futuro di maghi e chiromanti. Forse quando leggerete queste mie note il quadro
politico sarà mutato: forse Dini avrà dato le dimissioni, forse Prodi
e Berlusconi si saranno accordati per un governissimo di transizione, forse ci sarà un Dini bis, forse saremo alla
vigilia di
una nuova consultazione elettorale. Forse. Sicuramente tutti sosterranno che qualcosa è cambiato mentre tutto
resterà come prima. Se non, chissà, peggio. Naturalmente come anarchica non posso che opporre al
pessimismo della ragione l'ottimismo della volontà, per quanto
ardua ed utopica possa apparire questa via, che è poi quella classica, ma imprescindibile che vuole che ciascuno
faccia il
possibile per essere padrone del proprio destino. Non sempre ci si riesce, tuttavia da sempre gli anarchici fanno il
possibile. L'anno del Signore 1995, in questa nostra allegra penisola designato come anno del Rospo, non si è
certo chiuso con
i migliori auspici: i nostri baldi tutori dell'ordine hanno recentemente recitato il loro ruolo con una certa enfasi come
dimostrano le loro esibizioni a Milano e Roma. La devastazione del centro sociale, che, grazie ai « buoni uffici» di Craxi
e Formentini è, a torto o a ragione, il più famoso d'Italia nonchè le botte ai dializzati e ai minatori
del Sulcis nel piazzale
antistante Montecitorio sono il segnale più eclatante di una vigorosa ripresa dell'iniziativa muscolare da parte di
CC e PS. Semplici episodi? Incidenti di percorso? Difficile crederlo. L'attitudine a trattare le questioni sociali in termini
di ordine
pubblico che tempo fa sulle pagine di questa rivista individuavo nel patrimonio genetico del neoliberismo imperante, mi
pare stia oggi cominciando manifestarsi in modo sempre più netto. L' assenza, o la sostanziale riduzione, di
ammortizzatori sociali efficaci fà crescere l'insicurezza e le tensioni sociali
e, conseguentemente, produce un ampliamento del ruolo disciplinare di polizia e carabinieri. D'altro canto il medesimo
clima di incertezza sociale diffusa, nonché l'affievolirsi della fiducia nella classe politica nel suo complesso
è a sua volta
foriera di una richiesta forcaiola di legge ed ordine che emerge prepotentemente dalla società civile. Ne abbiamo
avuto una
dimostrazione sin troppo efficace in occasione del famigerato decreto sull'immigrazione, promulgato sull'onda crescente
di sentimenti razzisti e xenofobi che hanno portato allo scoperto settori minoritari ma consistenti della società
civile. Segnali forse meno vistosi ma significativi del peggioramento del clima sociale si ravvisano da più parti:
sarebbe stolto
considerare mera questione di costume la normativa sull'orario di chiusura delle discoteche, che sino a qualche tempo
fa era l'inascoltato argomento di sermoni di chierici più o meno integralisti. L'intervento dello stato arriva alla
pretesa di
regolamentare quegli ambiti della vita personale che la disciplina del lavoro o della scuola lasciano liberi. Il tutto
ovviamente condito da moralistici piagnistei sulle giovani vite prematuramente spezzate a causa degli incidenti
stradali provocati da ubriachi usciti dalle discoteche. Della serie: il comportamento indubbiamente deprecabile di
guidare in stato d'ebbrezza è in qualche modo conseguenza
diretta del modo in cui si è trascorsa la serata. Il sillogismo mi pare un po' azzardato non foss'altro perché
risulta
incomprensibile capire perché chi guida ubriaco dopo essere stato a ballare sia più pericoloso di chi guida
ubriaco dopo
una tombola in parrocchia o una cena con i parenti. Ma tant'è: gli intenti profondi dei nostri legislatori sono per
noi miseri mortali imperscrutabili alla stregua del senso ultimo della creazione ed è pertanto d'obbligo la
rassegnazione. La tormentata vicenda della nuova legge sulla violenza sessuale, il cui iter parlamentare si è
inceppato sulla definizione
del limite di età al di sotto del quale qualsiasi rapporto sessuale, compreso quello tra coetanei consenzienti, viene
considerato un abuso, fornisce un altro sgradevole esempio della pretesa dello stato di interferire in questioni che solo
ciascuno di noi nella singolarità incomparabile della propria esistenza può valutare. La linea di
demarcazione tra lecito ed illecito non è il consenso ma l'età, che i progressisti, più «illuminati»,
vorrebbero
fissare a dodici anni e le destre, più «conservatrici», preferiscono elevare a quattordici. La tutela dei minori non
è che un
pretesto che cela la velleità moralista di controllare la sessualità degli adolescenti.La valorizzazione della
differenza, la
ricerca di un modo autenticamente libero di vivere la propria sessualità, di costruire un rapporto di scambio con
l'altro,
tipici della riflessione femminista, sono completamente ignorati. Il Partito Cattolico Trasversale, invisibile ma potente,
affina ogni giorno le sue armi: le sue varie anime, che ormai
attraversano orizzontalmente tutti gli schieramenti, si ritrovano compatte nel proposito di informare la nostra
legislazione ai precetti della morale cattolica: l'unità di intenti in materia di aborto e bioetica, di recente sottoscritta
da
tutti gli schieramenti cattolici, dai Cristiano Sociali ai CCD, ne è la manifestazione più evidente. Il
Partito Unico oggi al potere, poco importa se nella versione Berlusconi-Fini o in quella D'Alema-Prodi, ha più volte
dimostrato di essere sin troppo sensibile alle esigenze del Partito Cattolico Trasversale, che in maniera paradossalmente
ben più pervasiva della vecchia Democrazia Cristiana, pone sul piatto della bilancia il proprio pacchetto di
voti. D'altro canto le velleità forcaiole del Parti-to Unico che in quest'ultimo anno ci ha governato sotto le
nobili insegne del
Rospo emergono in modo ancor più netto se si prendono in esame alcuni non secondari aspetti del programma
dell'Ulivo
in materia di riforma del diritto penale, che contemplano simpatiche amenità quali la netta riduzione del diritto di
appello,
la carcerazione dopo il processo di primo grado ed il weekend in galera per chi gode della semilibertà. In
materia di legislazione sull'uso di stupefacenti, progressisti e conservatori si sono trovati d'accordo su un
emendamento al decreto sul fondo anti-droga che non solo vieta la somministrazione controllata di eroina ma addirittura
limita l'uso di sostanze sostitutive. Meno male che tale fondo era stato istituito per la riduzione del danno, perché
altrimenti potrebbe insogere il dubbio, invero malizioso, che lo scopo fosse il suo incremento. Tutti coloro che, in
maniera particolare le anime belle della sinistra, avevano pensato che il nostro Bel Paese avesse
toccato il fondo con il governo presieduto dal Cavalier Berlusconi, forse ancora non sapevano quel che li attendeva
nell'anno del Rospo. Per gli appassionati del genere avrà senza dubbio suscitato interesse la telenovela della
finanziaria, la modifica ed il
repentino ripristino di maggioranze parlamentari, il dubbio se fosse preferibile un aumento delle tasse o una, ulteriore,
riduzione dei servizi, la indubbia abilità del Rospo a barcamenarsi tra gli uni e gli altri, tanto più divisi
quanto più simili. La ristretta schiera di coloro che alle telenovele preferiscono la cruda realtà dei fatti
si sarà resa conto che le frontiere
del Bel Paese, ermeticamente chiuse non solo agli immigrati ma anche alle migliaia di profughi dalla ex-Jugoslavia, si
aprono magicamente per consentire alle truppe del contingente italiano di attraversare l'Adriatico per svolgere l'ennesima
operazione umanitaria in armi tra le martoriate popolazioni della Bosnia. Come già in Somalia la posta in
gioco è sin troppo evidente: la spartizione della lucrosa torta della ricostruzione di un
paese distrutto, nonché l'estensione della propria area d'influenza in quella regione. Con buona pace di coloro che
in questi
anni, senza alcuna sovvenzione pubblica, hanno operato per portare solidarietà ai profughi ed ai disertori. La stessa
Italia
che aveva negato asilo politico al diciannovenne Zoran Cuc, anarchico e disertore, la stessa Italia che si era ben guardata
dallo stanziare fondi per il sostegno alle vittime della guerra, oggi spende miliardi per inviare un contingente di «pace»
sull'altra sponda del l'Adriatico. Un bilancio obbiettivo dell'anno del Rospo dovrebbe per una volta far prevalere il
pessimismo della ragione
sull'ottimismo della volontà, tuttavia anche quest'anno alcuni segnali positivi ci sono stati, segnali che il Partito
Unico non
domina incontrastato la scena sociale. Penso a quelli che fuori e contro la logica del mercato hanno costruito luoghi di vita,
di lavoro e di socialità autogestiti; a coloro che operano nelle strutture sindacali alternative; a chi istituisce strutture
municipali di base; a quelli che, in una rete di collegamento internazionale hanno portato a Tuzla una nave che dalla Svezia,
attraverso la Scozia e l'Italia ha testimoniato una solidarietà di segno autenticamente internazionalista. Certo la
sfida che
ci attende non è tra le più facili, poichè non si tratta tanto o soltanto di opporsi al Rospo ed ai suoi
successori, quanto di
operare per la ricostruzione di un tessuto sociale capace di creare percorsi di autonomia dall'istituito, di operare una
trasformazione sociale profonda, capace di investire anche gli ambiti culturali e relazionali e non solo quelli politici. Niente
di più facile per chi, come gli anarchici, è convinto che volere l'impossibile sia l'unica sana forma di
realismo. Buon anno.
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