Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 222
novembre 1995


Rivista Anarchica Online

Pedro niente altro
di Fernando Mastropasqua

La pubblicazione da parte della Biblioteca Serantini di Pisa del dramma di Mario Benedetti Pedro e il Capitano (pagg. 80, lire 12.000), nella traduzione di Furio Lippi, rivela al pubblico italiano un'opera di grande potenza espressiva e di scabro rigore compositivo dell'autore uruguayano, nato a paso de Los Toros nel 1920.
Il testo è costruito secondo la forma antica del contrasto, dove principi contrapposti - ma annodati dal destino che ne incrocia le esistenze - si danno battaglia con ferocia e determinazione. La storia del teatro ne è percorsa e animata: dall'arcaico dialogo mesopotamico tra padrone e schiavo ai combattimenti tra Carnevale e Quaresima; dalle zuffe tra Pantalone e Zanni della Commedia dell'Arte allo scontro di classe di Puntila e Matti nel dramma brechtiano. Il genere del contrasto nasce da una contesa che non ammette tregua né lieto fine: anche quando l'esito riveste i panni del comico non è per muovere un riso consolatorio, ma per esplodere in ghigno crudele.
Nella pièce di Benedetti il tema viene svolto sul piano più violento ed elementare della contrapposizione: Pedro e il Capitano sono il torturato e il torturatore. La condizione particolare dei contendenti non ammette accomodamento: il contrasto è messo a nudo nella sua forma più aspra. Sullo sfondo una realtà del mondo latino americano, così diffusa da stemperare la tragedia in folklore, e in primo piano una metafora sull'uomo contemporaneo, la cui crudezza e concretezza smentisce ogni edulcorazione mitologica, scongiura l'indifferenza che fa esotico ogni terrore. Sotto questo profilo il dramma si allinea alla coraggiosa denuncia di testi come The Brig di Kenneth Brown e di spettacoli come Sette meditazioni sul sadomasochismo del Living Theatre.
Il dramma si divide in quattro movimenti sostenuti dai concetti di "tortura" e "persuasione". La tortura altro non è che la forma estrema di persuasione. Parola e dolore sono nell'azione collocati sullo stesso piano: strumenti della persuasione, diversi solo per qualità, ma non per intensità e ferocia; complementari in alcune fasi dell'interrogatorio-scontro. Se il torturato si lascia persuadere dalla parola, può evitare in parte o diminuire la quantità di sofferenza fisica, ma non sfuggire alle conseguenze di aver ceduto alla persuasione. L'esito è identico. Perché esso possa essere scongiurato il torturato deve resistere sia al dolore che alla parola.
Nel primo movimento lo scontro è rappresentato al livello base del problema: alla parola del Capitano-torturatore Pedro-torturato oppone il silenzio, l'unica arma in grado di sconvolgere la strategia del discorso persuasivo. Il confronto si rafforza visivamente con Pedro incappucciato, avvolto nel proprio ostinato silenzio, e il verboso Capitano a capo scoperto.
Drammaticamente il dialogo disatteso si avvilisce a monologo imperfetto: il silenzio di Pedro rifrange ogni parola. Dal secondo movimento, quando a Pedro viene tolto il cappuccio, parola si contrappone a parola, dolore a dolore. In un crescendo che investe il terzo e il quarto movimento i ruoli si alternano, si scambiano, i destini si incrociano, le parole si confondono. Più il dolore delle torture fiacca il corpo di Pedro più il potere della sua parola incrina la logica del Capitano. Più il corpo di Pedro muore, più acquista vita (e verità) anarchicamente la sua idea. Il corpo distrutto potenzia la parola del torturato che devasta la mente del torturatore. L'affrancamento di Pedro nasce dalla sua resistenza alla tortura, sia in quanto dolore che parola. Il suo NO inesorabile si afferma come unica possibilità di riscatto di fronte alla violenza della persuasione e vibra nella rivendicazione di quel nome che nega il nome: PEDRO NIENTE ALTRO. La parola di Pedro è più efficace di quella del Capitano perché è la parola della verità contro la parola della persuasione, contro il "mercato" della parola, contro la parola come sopraffazione. Il segreto della vittima è nella sua "forza di negazione" come poeticamente suggerisce la bella illustrazione di copertina di Francesco Moretti: una margherita fiorente in catene troppo larghe per imprigionare lo stelo.
Attualità problematica e originalità di scrittura drammaturgica fanno di questo testo un piccolo capolavoro che meriterebbe una appassionata rappresentazione. La Biblioteca Franco Serantini ha il grande merito di contribuire con sensibilità e tempismo a far conoscere, con il Benedetti drammaturgo, un teatro che è di nuovo luogo di riflessione, coscienza collettiva e indagine profonda della storia e delle vicende umane. Il che è proprio degli editori liberi.