Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 222
novembre 1995


Rivista Anarchica Online

Un profondo senso di irrequietezza
di Marzia Rubega

"Forse per la prima volta, sto facendo una cosa che ho sempre desiderato fare, e non ho mai fatto: andare fino in fondo a un sentiero. Voglio scoprire dove sbuca: se sulla sommità della collina o sul mare"… Con queste parole si conclude, lasciando in realtà al lettore il compito di immaginare una triste disfatta o un'eventuale lieto fine, il racconto flashback del giovane protagonista - io narrante del primo romanzo di Giampiero Rigosi (Dove finisce il sentiero, Edizioni Theoria, Roma-Napoli, 1955, lire 00.000). L'ultima pagina ci rimanda al clima iniziale, alla lunga rievocazione, il cui pretesto consiste nella veglia dell'amico gravemente ferito da un colpo di pistola, in un alberghetto stamberga del sud, dove i due ragazzi si sono rifugiati per scampare al feroce inseguimento di una banda di criminali professionisti che li ha costretti a percorrere migliaia di chilometri su un auto sconquassata nel disperato tentativo di salvarsi. Il ritmo della riflessione del narratore, sul filo della memoria, assume, a tratti, un tono concitato molto vicino all'immediatezza cinematografica e si materializza - creando uno spazio reale percepibile - in un tempo psicologico scandito da qualche battuta affettuosa con il compagno e dalle numerose sigarette consumate durante la ricostruzione a ritroso di ciò che è stato il percorso comune. Ma attenzione, al di là dell'espediente narrativo, che rende peraltro la lettura molto diretta e gradevole (io-narrante in prima persona, forme al presente, dialoghi), si tratta comunque di un romanzo di azione, ricco di eventi e colpi di scena. Non di un monologo interiore. Questo noir all'italiana, come l'hanno definito, è anche la storia di una grande amicizia che vincola in modo indissolubile due personaggi al primo sguardo opposti: uno "regolare", tranquillo, sembra ormai rassegnato a seguire docile la lezione facilmente prevedibile di un'esistenza di opinabili e consolidati modelli (come il diploma di ragioniere svogliatamente conseguito e un lavoro di ordinaria routine); l'altro, Alberto, abbandona la scuola, vivendo alla giornata in una dimensione di allegra precarietà, tra una partita di biliardo, una a carte e grandi bevute, sorride ironico e enigmaticamente inafferrabile di fronte alle timide perplessità del compagno in conflitto con una realtà che - opaca, poco intrigante e senza prospettive di cambiamento - non sa se accettare rifiutare radicalmente. Avventure rocambolesche, che evocano un sapore di ingenuità donchisciottesca, segnano veloci il trascorrere degli anni e, improvvisamente, i due adolescenti, complici delle bravate sui banchi di scuola (si appropriano dell'edificio scolastico per una notte, nascondendosi in cantina, per combinarne di tutti i colori!) sono diventati uomini. Alberto, il ribelle, con gli occhialini tondi da intellettuale, lui che proprio intellettuale non è,vuole e cerca qualcosa che una comoda sistemazione e una sicurezza economica non possono offrirgli. L'insofferenza mal celata verso un quotidiano determinato dalle leggi del mercato, del successo e della macchina nuova diventa l'elemento propulsore, il meccanismo che, spingendo all'azione Alberto, coinvolge anche l'amico-narratore in un'affannosa ricerca di un'alternativa possibile. Naturalmente il possibile si fa impossibile, temerario e romantico al tempo stesso il rifiuto dei compagni prende forma tra le note di un blues e gli echi di un film di Tarantino. I protagonisti, superando quel clima un po' fumettistico in cui sono calati, risultano vicini, simpatici, "ragazzi come tanti" e proprio quest'idea di "normalità" indica un nodo di difficile soluzione, un tema di discussione quanto mai acuto, per chi ha oggi 30 anni e forse non solo per loro. E allora, il romanzo non è solo la storia delle loro esperienze, di un viaggio attraverso mezza Europa, dei problemi causati dall'hashish e dagli impacciati tentativi degli amici per guadagnarci dei soldi. L'epilogo non c'è: fuga o mancata integrazione. Si può leggere, tra le righe, un profondo senso di irrequietezza, un desiderio di libertà agognata, cullata in un'altalena di sogni adolescenziali e progetti strampalati, che emergono dallo sfondo anonimo di una città, non importa quale. La domanda rimane senza risposta: dove finisce il sentiero? E c'è davvero una possibilità di scelta?