Rivista Anarchica Online
Brasile: ma quali diritti?
di Gianni Alioti
La drammatica sequenza di sangue e persecuzioni a causa dei
conflitti sociali (in particolare nei campi), sembra non
avere fine in Brasile: un paese che pur avendo riconquistato la democrazia politica non
è ancora riuscito ad affermare
elementari diritti di cittadinanza. Il mancato rispetto in Brasile dei diritti umani, civili e
sindacali (tra di loro inscindibili) non può cadere nell'indifferenza:
riguarda, infatti, anche noi (per effetto del processo di globalizzazione e per
l'universalità di questi diritti). Abbiamo,
quindi, il dovere etico e politico della denuncia e l'interesse ad agire su scala internazionale.
Il numero di persone assassinate nelle aree rurali a causa dei conflitti sociali, continua a
mantenersi elevato e nel 1993
ritorna ad aumentare. Tra queste persone ci sono dirigenti sindacali, salariati, agricoltori,
ecologisti, avvocati di
lavoratori, posseiros (contadini poveri che hanno in uso appezzamenti di terra,
senza aver acquisito il diritto di
proprietà). L'azione violenta dei latifondisti, attraverso l'uso di pistoleros
al loro servizio o l'impiego della polizia
militare (controllata dai governatori dei singoli Stati), non solo assume un carattere selettivo
per destrutturare
l'organizzazione dei lavoratori e piegare le lotte sindacali, ma cede alla bestialità, alla
"primitiva" volontà di ammazzare
come esercizio del potere, nella logica del dominio e del rispetto "sacro" del diritto di
proprietà. Ciò produce decine e decine di "morti inutili", ossia omicidi
che non perseguono precisi obiettivi, se non quello di
annichilire, di produrre il dolore e il senso di abbandono nella popolazione vittima della
violenza. Gli omicidi assumono, in questa logica, un carattere prevalentemente
"pedagogico". Ai 52 casi registrati nel 1993 di persone assassinate, bisogna aggiungere
inoltre i casi di tentato omicidio, le pesanti
minacce di morte, le innumerevoli aggressioni fisiche e i casi di persone sottoposte a tortura e
poi rilasciate. Uno dei
casi più conosciuti di minaccia di morte è quello di D. Pedro Casaldaliga,
vescovo di Sao Felix do Araguaia nel Mato
Grosso, ma molti sono, ad esempio, i religiosi minacciati perché si schierano dalla
parte degli oppressi. Il quadro complessivo della violazione dei diritti umani nelle aree
rurali del Brasile è sconcertante. "O que existe é o
que é quantificàvel" (Ciò che esiste
è quello che è quantificabile). La società brasiliana vive in
modo ossessivo questa affermazione. Da una parte, quindi, c'è la
necessità di dimensionare quantitativamente le proporzioni della violenza, che si
succede
anno dopo anno (come è riassunto nelle tabelle), dall'altra c'è l'esigenza di
cogliere i drammi umani che i numeri, i
grafici, le tabelle banalizzano. Come ha scritto il poeta Pedro Terra "nel paese di
Carandiru, della Candelària, di Vigàrio Geral, di tanti massacri ('),
è sempre più difficile commuovere le persone di fronte al quadro di violenza
contro i lavoratori rurali, anche quando
la persona assassinata è un dirigente sindacale, vedovo, padre di nove figli, come
Arnaldo Delcidio, presidente del
STR di Eldorado (nel Parà), ucciso con uno sparo in testa, mentre dormiva nella sua
casa. Il dolore dei poveri in Brasile è diventato banale. Si è trasformato
in cifra. Un numero in più che figurerà nelle
statistiche". Finché permangono le cause che generano la violenza nei campi e
l'impunità di chi la esercita, si continueranno a
contare le decine e decine di morti e i diritti umani e quelli sindacali saranno calpestati.
C'è ancora in Brasile una larga parte dell'élite che vuole conservare
potere, status e privilegi ereditati dallo
schiavismo latifondiario dell'epoca coloniale. Il Brasile non si è mai liberato
realmente dal marchio culturale della
schiavitù. Non solo, ma si registra una recrudescenza della forma antica del lavoro
schiavo e della sua forma
"moderna": la servitù per debiti e la coercizione del lavoro forzato. Nel 1992 la
segreteria nazionale della CPT
(Commissione Pastorale della Terra) aveva individuato 18 casi di lavoro schiavo, che
coinvolgevano 16,5 mila
persone, di cui molti bambini. Già nel 1993 i casi registrati erano 29,
coinvolgendo quasi 20.000 persone, dall'Amazzonia al Rio Grande do Sul, in
fazendas, in carvoeiros (dove si produce carbone vegetale: torba,
lignite), in distillerie, nell'estrazione di resina. Nonostante il Brasile abbia firmato la
Convenzione 105 dell'OIT (l'Organizzazione Internazionale del Lavoro), che
tratta dell'abolizione del lavoro forzato e condanna la schiavitù, l'omissione dello
Stato nell'appurazione e punizione
dei casi denunciati è la norma, per cui fino ad oggi nessun responsabile è
stato portato davanti alla Magistratura per
rispondere di questo crimine. Solo la società civile si sta organizzando per la
denuncia dei luoghi dove si verificano
condizioni di schiavitù e di sfruttamento del lavoro minorile. In questa direzione si
è stabilito un accordo tra l'OIL e
l'UNICEF con la Central Unica dos Trabalhadores (CUT), Força Sindical, Movimento
dos Sem Terra, Movimento
dos meninos e meninas de rua. Paradossalmente in questo finale di secolo il Brasile
sembra viaggiare contromano rispetto alla storia. Invece di aprire la porta del sistema
educativo e scolastico ad una intera generazione di giovani, per milioni di loro si
apre soltanto la prospettiva della strada e del lavoro sfruttato, precario, senza alcuna
protezione sociale e sindacale. La lotta per i diritti umani e sindacali in Brasile non
può fare a meno, quindi, del megafono internazionale e della
solidarietà delle Organizzazioni Non Governative. Nella storia di questo paese
la Magistratura si è configurata, infatti, con il potere delle élites. Ciò
ha influenzato il
sentimento di distacco e di timore con cui la Magistratura è vista dalle classi
subalterne: nella sfera del diritto civile la
giustizia brasiliana è la giustizia dei latifondisti; nella sfera del diritto penale
è la giustizia contro i lavoratori. Si potrebbe distaccare su questo senso comune
largamente diffuso tra la gente, ma purtroppo l'immunità di cui
godono gli esecutori e mandanti della violenza nelle aree rurali del Brasile, lo giustifica: dei
1.782 casi di sindacalisti e
lavoratori rurali assassinati, dal 1964 al 1993, solo in 29 casi gli indiziati di omicidio sono
comparsi a giudizio. Immagino che questo dato non abbia bisogno di ulteriori commenti.
(') Nell'ottobre '92, nelle carceri di Carandiru a Sao Paulo, 111
detenuti sono massacrati dalla polizia militare. Nel luglio
'93 a Rio de Janeiro 8 bambini di strada vengono sterminati da uno squadrone della morte
(composto da integranti della
polizia militare) mentre dormivano sul sagrato della chiesa delle Candelària.
Nell'agosto '93 nella favela Vigàrio Geral di Rio
de Janeiro 21 abitanti inermi vengono trucidati dalla polizia militare durante una
irruzione alla ricerca di narco-trafficanti.
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