Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 217
aprile 1995


Rivista Anarchica Online

Con stupore

Cari compagni di A
ho letto con stupore sul numero di febbraio («A» 215) del vostro giornale la seguente frase: «Da cittadino rispettoso delle leggi mi inchino davanti al ruolo e alla funzione dei tribunali...» nell'articolo di Carlo Oliva «Dimissioni perché». Ora, senza entrare nel merito delle argomentazioni espresse e limitandoci a questa sola affermazione, penso che asserzioni del genere non abbiano e non dovrebbero avere diritto di cittadinanza su una pubblicazione anarchica. Riconosco che Oliva (che tra l'altro non si definisce anarchico) ha il diritto di pensarla come gli pare, ma credo che proprio per il fatto di scrivere su una rivista anarchica, egli dovrebbe evitare l'uso di simili locuzioni o, se proprio non ne può fare a meno, dovrebbe sentirsi in dovere di precisare che quanto espresso è in contraddizione con l'anarchismo e quindi rappresenta solo una sua opinione personale. Questo non significa naturalmente da parte mia auspicare l'intervento di una censura sui collaboratori non anarchici ma solo l'invito ad aver un po' di savoir-faire.
lo mi considero un carnivoro-militante-intransigente ma se dovessi scrivere un articolo su una rivista vegetariana o animalista non mi permetterei mai di affermare quanto sono buone le bistecche, proprio per non urtare la suscettibilità dei miei interlocutori. Questo non vuole essere un elogio del comportamento gesuitico; ha la sua ragione d'essere nella misura in cui per me un giornale di movimento non è solamente una libera palestra d'idee e opinioni ma soprattutto un veicolo per la trasmissione di valori. I valori espressi nella frase citata all'inizio non sono quelli in cui gli anarchici si riconoscono.
Cordialmente

P.S. - Il mio intervento non vuole essere assolutamente un attacco personale ad Oliva che considero un ottimo collaboratore della rivista i suoi articoli leggo sempre con grande interesse.

Tobia Imperato (Torino)


Cari compagni,
mi rincresce di aver urtato la suscettibilità di Tobia Imperato, che non conosco, ma ringrazio per la critica e le gentili parole. Spero che vorrà scusarmi. L 'ho fatto involontariamente, perché l'espressione che lo ha tanto ferito voleva avere soltanto un blando valore ironico: come speravo risultasse da quello che scrivo su "A» e altrove, rispetto solo le leggi che meritano di essere rispettate e spero proprio di non dovermi inchinare di fronte ad alcunché (evidentemente non mi sono fatto capire, che, per chiunque scrive, è colpa grave). In ogni caso, credo anch'io che un giornale, di movimento o no, sia soprattutto un veicolo per la trasmissione di valori: nello specifico, il valore più importante che può trasmettere è quello del pensare sempre e comunque con la propria testa. Non so se questo sia un punto di vista anarchico, anche perché, con gli anni, mi sono fatto sempre meno sicuro di tutto: non so bene neanche se possa continuarmi a definire un non anarchico. A proposito. Mi è venuto in mente che il problema, diciamo così, del rapporto tra anarchia e legalità possa presentare, oggi come oggi, qualche aspetto interessante e meritevole di discussione. Voi che ne dite?
Bacioni <

Carlo Oliva (Milano)