Rivista Anarchica Online
Boicottaggio e scelte
quotidiane
Osservando il cosiddetto «popolo di sinistra» e considerandolo nella sua
variegata
differenziazione si può notare un piccolo, a mio parere nefasto, comune
denominatore. Questa
caratteristica presente in tutte le aree progressiste e sinistrorse, anche se in modo forse meno
grave tra gli anarchici è la mancanza di una solida e costante coerenza negli atti
quotidiani e
nelle scelte minuscole della vita «extra-politica». Mi riferisco precisamente al boicottaggio,
alle
scelte di mercato e a tutte quelle forme di obiezione di coscienza che è possibile
attuare
ordinariamente. Il discorso del boicottaggio è sicuramente un discorso che è
già stato affrontato
e proposto più volte dalle fazioni politiche che si oppongono (o perlomeno dicono di
opporsi)
a questo tipo di società che il capitale ha impiantato in occidente e ormai si
può dire nel mondo
ed è comparso ripetutamente anche sulle pagine della rivista. A mio avviso
però ci si riferisce
sempre ad un boicottaggio probabile, che «può capitare», lontano nel tempo e nello
spazio e
certamente superabile per scelte, contenuti e risultati. Solitamente insomma si inneggia ad
una
forma di lotta che spinga a far sì che una scelta di mercato politicamente oculata e
motivata
concorra a gettare discapito o a mettere in crisi aziende, istituti, compagnie che nel mondo si
sono macchiate di ignominiosi misfatti (come ad esempio le campagne contro la
Nestlé, la
Mitsubishi ecc). È ovvio che tutto questo è più che positivo ma il
boicottaggio che qui cerco di
delineare è un boicottaggio costituito di scelte più immediate, più
allargate, per non dire totali e costanti che riguardino in breve tutti gli aspetti della vita
così come essa si presenta oggi ai
nostri occhi e non invece un qualcosa che ricorre saltuariamente ai margini della nostra
quotidianità e che ci fa illudere per una volta tanto di essere più buoni e
più «impegnati».
L'influenza del sistema economico capitalista investe ormai anche gli aspetti più
intimi della vita
di chiunque su questo pianeta. Non esistono isole di autosufficienza alimentare, di autarchia
economica o di economia rurale svincolate dalla piovra del dio denaro che si articola
attraverso
l'opera di multinazionali, supermercati, fabbriche di automobili, assicurazioni, banche,
industrie
petrolifere e tutti gli altri mostri di questa fiera dei fenomeni. Da ciò consegue che
anche la
nostra resistenza non può che essere globale se vogliamo contribuire alla
salvaguardia di quello
che resta da salvare sul pianeta, sia a livello ecologico che sociale, e se desideriamo diventare
l'energia capace di invertire la corsa verso l'abisso di questo treno impazzito sul quale siamo
tutti,
volenti o nolenti, prigionieri. Un primo campo di scelte che possiamo fare è quello
delle scelte
alimentari. I generi alimentari biologici sono ormai reperibili abbastanza facilmente, specie
per
chi abita in città, e possono essere un buon inizio per allargare le basi della propria
lotta.
Cibandosi con prodotti puliti si incentiverà la propria salute (e non è poco),
si contribuirà alla
salute del territorio che non avrà risentito per le coltivazioni dell'uso di pesticidi e di
concimi
chimici, si daranno i nostri soldi a gruppi cooperative o individui che possiamo ritenere
più
prossimi alla nostra visione politica, sociale ed ecologica del mondo. Certo, almeno per
quanto
riguarda quest'ultima ipotesi la cosa non è poi così lapalissiana, e anzi sono
sicuramente il primo
a denunciare facili appiattimenti su questi temi perché l'eco-business è in
agguato un po'
dovunque ormai. È però vero che entrando nel mondo del biologico, anche se
come semplici
acquirenti, è abbastanza facile - nel corso della crescita della propria conoscenza del
campo -
imparare a distinguere i punti vendita e le cooperative di più certa
affidabilità. Esistono anche
sette marchi di garanzia sul prodotto biologico e biodinamico (una radicalizzazione
spiritual-filosofica del biologico) riconosciuti dalla Cee, come Suolo e Salute, AIAB,
Demeter, ecc., che
contribuiscono ad indirizzare le scelte con una certa tranquillità. Per tutti quelli poi
che abitano
fuori città è possibile, è anzi auspicabile, recarsi ad effettuare gli
acquisti direttamente nelle
aziende produttrici eliminando così anche il passaggio di vendita intermedio. Questa
soluzione,
praticabile tuttavia anche da chi risiede in città e la domenica vuole farsi un giro fuori
porta
unendo l'utile al dilettevole, permette anche di risparmiare sui costi tanto più se ci si
unisce con
altre persone o famiglie per acquisti di quantitativi maggiori. Si possono in tal modo ottenere
degli sconti proprio interessanti e inoltre si può stringere amicizia con i nostri
rifornitori che
rappresenta di certo la massima garanzia di sicurezza sulla qualità di ciò che
mangiamo al di là
di marchi o altro. Insieme a quella della sicurezza della biologicità, quindi quella che
viene
sollevata solitamente come obiezione alla scelta biologica, è la faccenda dei costi. La
soluzione
non è a mio avviso la costruzione di supermercati «naturali», che al contrario
costituisce una
contraddizione in termini e fa rientrare una scelta se vogliamo anche ideologica,
oltreché
ecologica, nella solita ottica capitalistica del guadagno e del consumo. Qui si tratta di favorire
la nascita e la crescita di cooperative di consumatori che si avvicinino al biologico
abbassando
con la loro maggiore domanda, e di conseguenza con una superiore e capillare distribuzione, i
prezzi dei prodotti. «Cooperative di consumo» è però un termine troppo
astratto che sembra
allontanare la nostra azione ad un improbabile domani. E' meglio dire allora che è
sufficiente
un ristretto numero di amici che decide di chiedere ai vicini, agli zii, ai nonni, se la cosa li
può
interessare. Anche per posta è finalmente possibile accedere ad alimenti biologici
ovviamente
non facilmente deperibili come pasta, olio, miele, ecc. ricevendoli direttamente a casa.
Alcune
aziende si servono addirittura di propri corrieri per il servizio a domicilio. Servizio che non
è
gravato da alcuna spesa suppletiva. Esistono poi delle guide ai produttori ed ai punti vendita
biologici molto aggiornate e complete che coprono l'intero territorio nazionale come quella in
tre fascicoli curata da AAM Terra Nuova. Per ridurre i costi, infine, i più volenterosi
possono
fare ancora un passo e tentare forme primitive di autogestione alimentare. Il pane fatto in
casa,
nel fornetto della propria cucina, necessita dello «spreco» di un'ora alla settimana del vostro
tempo. Il costo di un pane biologico di tal fatta si aggira intorno alla metà di quello
industriale
che comparate dal vostro fornaio abituale. Chi avesse inoltre altri pruriti può
cimentarsi nella
preparazione a basso costo di vere prelibatezze come pasta, marmellate, conserve, estratti
vegetali per non parlare di chi ha la possibilità di farsi un orto intorno a casa. Certo si
può
obiettare che è tutta una questione di tempi e di possibilità oggettive e che
per chi abita al
quindicesimo piano di un grattacielo di una città qualsiasi e torna sfatto dal lavoro
è impensabile
attuare ciò. A tal fine posso dire che ci restano comunque le scelte più
abbordabili ma nondimeno
efficaci di cui sopra. Se poi l'attrattiva di una vita probabilmente più austera ma di
certo più
indipendente ci tentasse non si sa mai che sotto la spinta potente dell'ideologia si colga
l'occasione per intraprendere un cambiamento da subito della nostra vita. In fin dei conti
vedere
dei risultati non è quello a cui tanto aneliamo? È facile quindi osservare
come tutto questo renda
poi superfluo chiedere di boicottare la Nestlè o la Standa perché per chi resta
fuori dai
supermercati e non si ciba di alimenti industriali il problema non sussiste. I supermercati
possono
anche chiudere. Le varie Nestlè pure. E non si abbia paura di perdere dei posti di
lavoro perché
è certo che i lavoratori che vengono impiegati ad esempio da una industria delle
conserve dove
la quasi totalità della lavorazione è meccanizzata, e in quelle fasi in cui
magari non lo è si avvale
dello sfruttamento di manodopera immigrata sottopagata, sono di gran lunga inferiori a quelli
che occorrerebbero in altrettante piccole decentrate aziende biologiche che intendessero
produrre
gli stessi quantitativi. E se la tendenza è quella del biologico gli industriali non
potranno non
tenerne conto. La lotta assumerà allora altri aspetti. La risposta adeguata da dare la si
inventerà
al momento. L'importante è la vigilanza costante e una predisposizione alla
flessibilità continua
( ... ) L'investimento dei nostri risparmi è uno dei campi di scelta più
importanti ed assolutamente
trascurato tranne che in pochi casi di illuminati (che aumentano sempre più a dir la
verità). I
nostri soldi accantonati con tanti sforzi finiscono come è risaputo negli intrallazzi di
banche e
istituti di credito che finanziano progetti, partiti, fazioni, guerre, industrie che magari ci fanno
scendere spesso in piazza a manifestare contro di loro per le azioni che compiono nel pianeta
o
anche solo nel nostro paese .... coi nostri soldi! Esistono invece da un decennio e forse
più
cooperative finanziarie autogestite che funzionano come veri e propri istituti di credito che
fanno
scelte di finanziamento ben precise, ecologiche, pacifiste, ecc. Parlo delle varie MAG,
INTERMAG, presenti un po' ovunque in Italia, della MACROCREDIT di Sarsina (FO), e di
altre
cooperative di tal fatta. Deponendo i propri risparmi in una di queste banche (che hanno
bollettini interni di informazione su finanziamenti bilanci e scelte) si è sicuri di dare
il proprio
contributo per un bello scrollone all'economia distruttiva e imperialista dominante. La stessa
rivista «A» ha già presentato le MAG (Mutua Auto Gestione) e se non ricordo male
è socia di
questa cooperativa finanziaria. Se si può pensare che gli anarchici facciano la loro
parte la
sinistra dov'è? Pensare al trenta per cento dei risparmi e degli investimenti sottratto
agli usi
speculativi di quei pescecani che sono le banche può procurare un brivido di piacere
notevole.
Sarebbero immediatamente costrette a rivedere i loro maneggi, a cercare soluzioni in sintonia
con le «richieste» dei clienti e chissà cos'altro. Per non dire di quello che si potrebbe
fare per
l'ambiente, la pace e la solidarietà con così tante ricchezze. Una bella
prospettiva di lotta
insomma. In questo campo non dobbiamo poi dimenticare le assicurazioni. Come è
risaputo
quest'ultime sono responsabili di parecchie nefandezze in giro per il mondo. Esistono degli
elenchi del boicottaggio internazionale in cui sono esposte all'indice anche le compagnie
assicuratrici che si macchiano di particolari delitti in special modo nel terzo mondo.
Perché
allora non approfittarne? Ci si può assicurare con qualche compagnia più
sinistrorsa (tipo
Unipol) o perlomeno fare pressioni sul mercato per indirizzarlo su di una via di
responsabilizzazione e boicottare in ogni caso quelle compagnie che manifestamente
infieriscono
più o meno su economie e politiche nazionali (cfr. l'esempio delle Generali in
Sudafrica fatto dal
Centro di Iniziativa e Documentazione Anti-Apartheid). ( ... ) Le azioni quindi che
possiamo compiere quotidianamente contro il sistema sono infinite
cosi come gli aspetti della nostra vita. Per impostare tutto ciò occorre una bella
pazienza ed una
costante attenzione e informazione. Purtroppo quest'ultima in questo campo è un po'
carente e
se si escludono alcune iniziative di gruppi eco-pacifisti o di periodici che pubblicano
qualcosa
su di un boicottaggio specifico una volta ogni tanto, che sappia io non rimane che
Boycott una
rivista legata a Mani Tese che si occupa da tempo di queste tematiche con un occhio di
riguardo
però a quelle terzomondiste. Prima di chiudere mi preme sottolineare che comunque
non voglio
qui sminuire l'importanza di manifestazioni, adesioni ad iniziative politiche, occupazioni,
scioperi e quant'altro ma credo che mettere il dito nella piaga del sistema economico che
regge
tutto quello politico sia buona cosa, praticabile anche dal singolo in perfetta libertà,
dovuta, e
forse anche più ripagante e soddisfacente. Questa forma di lotta in effetti è
sempre stata presente
e praticata dagli oppositori di qualsiasi regime ma raramente si è imposta come una
vera scelta
di vita motivata e consapevole a fini rivoluzionari. Forse oggi come non mai si sente la
necessità
di fronte all'estendersi dell'invadenza del Potere a sfere sempre più intime della
propria esistenza
di opporre resistenza su tutti i fronti. E forse proprio per questo ci si comincia a sentire un po'
di più da questo orecchio. In tutto il presente papiro mi sono rivolto ad una
più ampia e non
precisata «sinistra» perché ritengo che il discorso sviluppato sino ad ora riguarda
tutti ed è solo
in una prospettiva di più largo respiro che si potrebbero ottenere risultati positivi. Gli
anarchici
proprio per la loro ormai secolare costanza nelle idee e nei propositi (ed anzi a volte
mummificata) si possono proporre come gli emissari e i testimoni viventi di questa nuova
coerenza di fine millennio diffondendo idee e modi d'agire ed essendo d'esempio in centri
sociali
luoghi politici luoghi di lavoro ecc. Data la forte necessità si potrebbe essere d'aiuto e
collaborare
alla nascita di periodici che informino in tempo reale su nuove scelte e cambi di prospettiva
per
poter dare al movimento un carattere di assoluta prontezza e fluidità negli
orientamenti da
seguire. Si potrebbero organizzare incontri pubblici promuovere associazioni che si muovano
in questa direzione ... Mi rendo conto che a molti il mio potrà sembrare un discorso
semplicistico
e ingenuo o forse già sorpassato da una pratica costante di tutto quanto precede e che
comunque
non sposta di un millimetro lo scarpone polifemico che ci calpesta ma io ritengo che solo
l'azione
pratica, al di là della parola o della protesta verbale, contiene in sè un grande
potere trascinante,
emulativo e rivoluzionario che può intaccare le suole di cartone di questo gigante che
ci sovrasta.
A mio parere non esiste una fetta di vita «extra-politica». Ogni atto è politico. Il
«comunismo»
è crollato. Per il capitalismo siamo alla frutta, e non solamente per le decantate
contraddizioni
interne a questo sistema camaleontico, che saprebbe rinascere dalle sue stesse feci, ma
semplicemente perché a questo banchetto ci stiamo avidamente ingozzando e la
dispensa colma
di vettovaglie accumulate con parsimonia in milioni di anni è quasi vuota e fuori
c'è un qualche
miliardo di miserabili che reclama la sua parte. Ribellarsi è giusto, è un
diritto, ma vincere è un
dovere. Per tutti. Valerio Pignatta (Pietragravina)
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