Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 217
aprile 1995


Rivista Anarchica Online

Boicottaggio e scelte quotidiane

Osservando il cosiddetto «popolo di sinistra» e considerandolo nella sua variegata differenziazione si può notare un piccolo, a mio parere nefasto, comune denominatore. Questa caratteristica presente in tutte le aree progressiste e sinistrorse, anche se in modo forse meno grave tra gli anarchici è la mancanza di una solida e costante coerenza negli atti quotidiani e nelle scelte minuscole della vita «extra-politica». Mi riferisco precisamente al boicottaggio, alle scelte di mercato e a tutte quelle forme di obiezione di coscienza che è possibile attuare ordinariamente. Il discorso del boicottaggio è sicuramente un discorso che è già stato affrontato e proposto più volte dalle fazioni politiche che si oppongono (o perlomeno dicono di opporsi) a questo tipo di società che il capitale ha impiantato in occidente e ormai si può dire nel mondo ed è comparso ripetutamente anche sulle pagine della rivista. A mio avviso però ci si riferisce sempre ad un boicottaggio probabile, che «può capitare», lontano nel tempo e nello spazio e certamente superabile per scelte, contenuti e risultati. Solitamente insomma si inneggia ad una forma di lotta che spinga a far sì che una scelta di mercato politicamente oculata e motivata concorra a gettare discapito o a mettere in crisi aziende, istituti, compagnie che nel mondo si sono macchiate di ignominiosi misfatti (come ad esempio le campagne contro la Nestlé, la Mitsubishi ecc). È ovvio che tutto questo è più che positivo ma il boicottaggio che qui cerco di delineare è un boicottaggio costituito di scelte più immediate, più allargate, per non dire totali
e costanti che riguardino in breve tutti gli aspetti della vita così come essa si presenta oggi ai nostri occhi e non invece un qualcosa che ricorre saltuariamente ai margini della nostra quotidianità e che ci fa illudere per una volta tanto di essere più buoni e più «impegnati». L'influenza del sistema economico capitalista investe ormai anche gli aspetti più intimi della vita di chiunque su questo pianeta. Non esistono isole di autosufficienza alimentare, di autarchia economica o di economia rurale svincolate dalla piovra del dio denaro che si articola attraverso l'opera di multinazionali, supermercati, fabbriche di automobili, assicurazioni, banche, industrie petrolifere e tutti gli altri mostri di questa fiera dei fenomeni. Da ciò consegue che anche la nostra resistenza non può che essere globale se vogliamo contribuire alla salvaguardia di quello che resta da salvare sul pianeta, sia a livello ecologico che sociale, e se desideriamo diventare l'energia capace di invertire la corsa verso l'abisso di questo treno impazzito sul quale siamo tutti, volenti o nolenti, prigionieri. Un primo campo di scelte che possiamo fare è quello delle scelte alimentari. I generi alimentari biologici sono ormai reperibili abbastanza facilmente, specie per chi abita in città, e possono essere un buon inizio per allargare le basi della propria lotta. Cibandosi con prodotti puliti si incentiverà la propria salute (e non è poco), si contribuirà alla salute del territorio che non avrà risentito per le coltivazioni dell'uso di pesticidi e di concimi chimici, si daranno i nostri soldi a gruppi cooperative o individui che possiamo ritenere più prossimi alla nostra visione politica, sociale ed ecologica del mondo. Certo, almeno per quanto riguarda quest'ultima ipotesi la cosa non è poi così lapalissiana, e anzi sono sicuramente il primo a denunciare facili appiattimenti su questi temi perché l'eco-business è in agguato un po' dovunque ormai. È però vero che entrando nel mondo del biologico, anche se come semplici acquirenti, è abbastanza facile - nel corso della crescita della propria conoscenza del campo - imparare a distinguere i punti vendita e le cooperative di più certa affidabilità. Esistono anche sette marchi di garanzia sul prodotto biologico e biodinamico (una radicalizzazione spiritual-filosofica del biologico) riconosciuti dalla Cee, come Suolo e Salute, AIAB, Demeter, ecc., che contribuiscono ad indirizzare le scelte con una certa tranquillità. Per tutti quelli poi che abitano fuori città è possibile, è anzi auspicabile, recarsi ad effettuare gli acquisti direttamente nelle aziende produttrici eliminando così anche il passaggio di vendita intermedio. Questa soluzione, praticabile tuttavia anche da chi risiede in città e la domenica vuole farsi un giro fuori porta unendo l'utile al dilettevole, permette anche di risparmiare sui costi tanto più se ci si unisce con altre persone o famiglie per acquisti di quantitativi maggiori. Si possono in tal modo ottenere degli sconti proprio interessanti e inoltre si può stringere amicizia con i nostri rifornitori che rappresenta di certo la massima garanzia di sicurezza sulla qualità di ciò che mangiamo al di là di marchi o altro. Insieme a quella della sicurezza della biologicità, quindi quella che viene sollevata solitamente come obiezione alla scelta biologica, è la faccenda dei costi. La soluzione non è a mio avviso la costruzione di supermercati «naturali», che al contrario costituisce una contraddizione in termini e fa rientrare una scelta se vogliamo anche ideologica, oltreché ecologica, nella solita ottica capitalistica del guadagno e del consumo. Qui si tratta di favorire la nascita e la crescita di cooperative di consumatori che si avvicinino al biologico abbassando con la loro maggiore domanda, e di conseguenza con una superiore e capillare distribuzione, i prezzi dei prodotti. «Cooperative di consumo» è però un termine troppo astratto che sembra allontanare la nostra azione ad un improbabile domani. E' meglio dire allora che è sufficiente un ristretto numero di amici che decide di chiedere ai vicini, agli zii, ai nonni, se la cosa li può interessare. Anche per posta è finalmente possibile accedere ad alimenti biologici ovviamente non facilmente deperibili come pasta, olio, miele, ecc. ricevendoli direttamente a casa. Alcune aziende si servono addirittura di propri corrieri per il servizio a domicilio. Servizio che non è gravato da alcuna spesa suppletiva. Esistono poi delle guide ai produttori ed ai punti vendita biologici molto aggiornate e complete che coprono l'intero territorio nazionale come quella in tre fascicoli curata da AAM Terra Nuova. Per ridurre i costi, infine, i più volenterosi possono fare ancora un passo e tentare forme primitive di autogestione alimentare. Il pane fatto in casa, nel fornetto della propria cucina, necessita dello «spreco» di un'ora alla settimana del vostro tempo. Il costo di un pane biologico di tal fatta si aggira intorno alla metà di quello industriale che comparate dal vostro fornaio abituale. Chi avesse inoltre altri pruriti può cimentarsi nella preparazione a basso costo di vere prelibatezze come pasta, marmellate, conserve, estratti vegetali per non parlare di chi ha la possibilità di farsi un orto intorno a casa. Certo si può obiettare che è tutta una questione di tempi e di possibilità oggettive e che per chi abita al quindicesimo piano di un grattacielo di una città qualsiasi e torna sfatto dal lavoro è impensabile attuare ciò. A tal fine posso dire che ci restano comunque le scelte più abbordabili ma nondimeno efficaci di cui sopra. Se poi l'attrattiva di una vita probabilmente più austera ma di certo più indipendente ci tentasse non si sa mai che sotto la spinta potente dell'ideologia si colga l'occasione per intraprendere un cambiamento da subito della nostra vita. In fin dei conti vedere dei risultati non è quello a cui tanto aneliamo? È facile quindi osservare come tutto questo renda poi superfluo chiedere di boicottare la Nestlè o la Standa perché per chi resta fuori dai supermercati e non si ciba di alimenti industriali il problema non sussiste. I supermercati possono anche chiudere. Le varie Nestlè pure. E non si abbia paura di perdere dei posti di lavoro perché è certo che i lavoratori che vengono impiegati ad esempio da una industria delle conserve dove la quasi totalità della lavorazione è meccanizzata, e in quelle fasi in cui magari non lo è si avvale dello sfruttamento di manodopera immigrata sottopagata, sono di gran lunga inferiori a quelli che occorrerebbero in altrettante piccole decentrate aziende biologiche che intendessero produrre gli stessi quantitativi. E se la tendenza è quella del biologico gli industriali non potranno non tenerne conto. La lotta assumerà allora altri aspetti. La risposta adeguata da dare la si inventerà al momento. L'importante è la vigilanza costante e una predisposizione alla flessibilità continua ( ... )
L'investimento dei nostri risparmi è uno dei campi di scelta più importanti ed assolutamente trascurato tranne che in pochi casi di illuminati (che aumentano sempre più a dir la verità). I nostri soldi accantonati con tanti sforzi finiscono come è risaputo negli intrallazzi di banche e istituti di credito che finanziano progetti, partiti, fazioni, guerre, industrie che magari ci fanno scendere spesso in piazza a manifestare contro di loro per le azioni che compiono nel pianeta o anche solo nel nostro paese .... coi nostri soldi! Esistono invece da un decennio e forse più cooperative finanziarie autogestite che funzionano come veri e propri istituti di credito che fanno scelte di finanziamento ben precise, ecologiche, pacifiste, ecc. Parlo delle varie MAG, INTERMAG, presenti un po' ovunque in Italia, della MACROCREDIT di Sarsina (FO), e di altre cooperative di tal fatta. Deponendo i propri risparmi in una di queste banche (che hanno bollettini interni di informazione su finanziamenti bilanci e scelte) si è sicuri di dare il proprio contributo per un bello scrollone all'economia distruttiva e imperialista dominante. La stessa rivista «A» ha già presentato le MAG (Mutua Auto Gestione) e se non ricordo male è socia di questa cooperativa finanziaria. Se si può pensare che gli anarchici facciano la loro parte la sinistra dov'è? Pensare al trenta per cento dei risparmi e degli investimenti sottratto agli usi speculativi di quei pescecani che sono le banche può procurare un brivido di piacere notevole. Sarebbero immediatamente costrette a rivedere i loro maneggi, a cercare soluzioni in sintonia con le «richieste» dei clienti e chissà cos'altro. Per non dire di quello che si potrebbe fare per l'ambiente, la pace e la solidarietà con così tante ricchezze. Una bella prospettiva di lotta insomma. In questo campo non dobbiamo poi dimenticare le assicurazioni. Come è risaputo quest'ultime sono responsabili di parecchie nefandezze in giro per il mondo. Esistono degli elenchi del boicottaggio internazionale in cui sono esposte all'indice anche le compagnie assicuratrici che si macchiano di particolari delitti in special modo nel terzo mondo. Perché allora non approfittarne? Ci si può assicurare con qualche compagnia più sinistrorsa (tipo Unipol) o perlomeno fare pressioni sul mercato per indirizzarlo su di una via di responsabilizzazione e boicottare in ogni caso quelle compagnie che manifestamente infieriscono più o meno su economie e politiche nazionali (cfr. l'esempio delle Generali in Sudafrica fatto dal Centro di Iniziativa e Documentazione Anti-Apartheid).
( ... ) Le azioni quindi che possiamo compiere quotidianamente contro il sistema sono infinite cosi come gli aspetti della nostra vita. Per impostare tutto ciò occorre una bella pazienza ed una costante attenzione e informazione. Purtroppo quest'ultima in questo campo è un po' carente e se si escludono alcune iniziative di gruppi eco-pacifisti o di periodici che pubblicano qualcosa su di un boicottaggio specifico una volta ogni tanto, che sappia io non rimane che Boycott una rivista legata a Mani Tese che si occupa da tempo di queste tematiche con un occhio di riguardo però a quelle terzomondiste. Prima di chiudere mi preme sottolineare che comunque non voglio qui sminuire l'importanza di manifestazioni, adesioni ad iniziative politiche, occupazioni, scioperi e quant'altro ma credo che mettere il dito nella piaga del sistema economico che regge tutto quello politico sia buona cosa, praticabile anche dal singolo in perfetta libertà, dovuta, e forse anche più ripagante e soddisfacente. Questa forma di lotta in effetti è sempre stata presente e praticata dagli oppositori di qualsiasi regime ma raramente si è imposta come una vera scelta di vita motivata e consapevole a fini rivoluzionari. Forse oggi come non mai si sente la necessità di fronte all'estendersi dell'invadenza del Potere a sfere sempre più intime della propria esistenza di opporre resistenza su tutti i fronti. E forse proprio per questo ci si comincia a sentire un po' di più da questo orecchio. In tutto il presente papiro mi sono rivolto ad una più ampia e non precisata «sinistra» perché ritengo che il discorso sviluppato sino ad ora riguarda tutti ed è solo in una prospettiva di più largo respiro che si potrebbero ottenere risultati positivi. Gli anarchici proprio per la loro ormai secolare costanza nelle idee e nei propositi (ed anzi a volte mummificata) si possono proporre come gli emissari e i testimoni viventi di questa nuova coerenza di fine millennio diffondendo idee e modi d'agire ed essendo d'esempio in centri sociali luoghi politici luoghi di lavoro ecc. Data la forte necessità si potrebbe essere d'aiuto e collaborare alla nascita di periodici che informino in tempo reale su nuove scelte e cambi di prospettiva per poter dare al movimento un carattere di assoluta prontezza e fluidità negli orientamenti da seguire. Si potrebbero organizzare incontri pubblici promuovere associazioni che si muovano in questa direzione ... Mi rendo conto che a molti il mio potrà sembrare un discorso semplicistico e ingenuo o forse già sorpassato da una pratica costante di tutto quanto precede e che comunque non sposta di un millimetro lo scarpone polifemico che ci calpesta ma io ritengo che solo l'azione pratica, al di là della parola o della protesta verbale, contiene in sè un grande potere trascinante, emulativo e rivoluzionario che può intaccare le suole di cartone di questo gigante che ci sovrasta. A mio parere non esiste una fetta di vita «extra-politica». Ogni atto è politico. Il «comunismo» è crollato. Per il capitalismo siamo alla frutta, e non solamente per le decantate contraddizioni interne a questo sistema camaleontico, che saprebbe rinascere dalle sue stesse feci, ma semplicemente perché a questo banchetto ci stiamo avidamente ingozzando e la dispensa colma di vettovaglie accumulate con parsimonia in milioni di anni è quasi vuota e fuori c'è un qualche miliardo di miserabili che reclama la sua parte. Ribellarsi è giusto, è un diritto, ma vincere è un dovere. Per tutti.

Valerio Pignatta (Pietragravina)