Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 216
marzo 1995


Rivista Anarchica Online

Impressioni senza tempo

"Così la giurisprudenza di ogni nazione mostrerà che, quando la legge diventa scienza e sistema, cessa di essere giustizia. Gli errori in cui la cieca devozione ai princìpi della classificazione ha condotto il diritto comune diverranno palesi, osservando quanto spesso il potere legislativo sia stato costretto a intervenire per ristabilire l'equità che il sistema aveva disatteso» (Landor, scrittore inglese, 1775-1864).
Svolgiamo con le ragazze e i ragazzi detenuti un lavoro alternativo rispetto a quello dell'istituzione carceraria in senso lato. Asserzione che risulta valida a tutti i livelli: in primo luogo il circuito dell'attività è estraneo al carcere - il vertice, direttore e quant'altri, non collaborano in alcun modo, piuttosto è portato a disincentivare il nostro impegno -, né l'attività stessa può in alcun modo considerarsi complementare a quelle organizzate dal carcere e svolte al suo interno. Gli staff di volontari sono formati dalla somma di singole persone autonome e dotate di decisionalità, non rendono conto ad alcuno se non ai ragazzi e a loro stessi; il contatto che ci permette l'ingresso all'edificio carcerario sono gli assistenti sociali, che, nel panorama del personale carcerario, occupano un posto atipico e, per la stessa funzione assunta, finiscono per costituire la base, assieme ai detenuti, di coloro che gravitano nella sfera del carcere.
Queste abbozzate condizioni particolari - da affiancare alle comuni caratteristiche di ogni opera di volontariato - ed altre circostanze connotano peculiarmente noi volontari; tanto che i ragazzi stessi si rendono conto inconsciamente della valenza insolita della nostra proposta di collaborazione, dell'assenza di scopi celati o malcelati, della nostra palese schiettezza umana: e ci manifestano riconoscenza e fiducia. Si viene infine a creare un rapporto paritario di stima e affetto, quando più, quando meno fruttifero, al quale i minori detenuti non sono in alcun modo abituati né nella loro esperienza di vita nella società civile, né tantomeno durante il periodo di detenzione. Con certa presunzione affermerei che, per la conformazione stessa del rapporto, i momenti di contatto con i detenuti finiscono per assumere effettiva valenza reinseritiva: prerogativa, quella del reinserimento sociale dei detenuti, fondante delle carceri, ma sempre trascurata. O semplicemente, come penso, velleità impossibile, disperata contraddizione in termini di ogni istituzione carceraria di sempre. Ma approfondire questo aspetto troppo esulerebbe dai motivi di fondo di questo intervento, ossia evidenziare l'effettiva possibilità di un'azione diretta su una socialità emarginata che solo parzialmente è difficile da raggiungere.
Troppo bisognerebbe ancora dire: della bontà di fondo dei ragazzi che sono detenuti, condannati da una società costituitasi in uno stato che poi è, a conti fatti, unico responsabile dei loro necessari "errori" - laddove si consideri un errore rubare per vivere, come nel caso dei nomadi, che costituiscono la maggioranza dei detenuti -; delle vittime sacrificali della katarsi di una cieca collettività, che nella reclusione di minorenni vuole vedere l'allontanamento dei propri misfatti perpetrati dalla stanza dei bottoni; della necessità dell'esistenza di questa criminalità per l'autoconservazione della nostra società; della solidarietà interna alla piccola comunità reclusa, che non viene meno di fronte alle bieche logiche carcerarie, né di fronte all'importanza contro un'immotivata-immotivabile reclusione; degli abusi che i minorenni sopportano al momento del fermo. Ed altro ancora.
Chi ha privato questi ragazzi di una vita accettabile, dovrebbe essere persuaso che inalienabili diritti quali la Vita e la Libertà siano utopie irrealizzabili. Non credo che chicchessia possa, in tutta onestà, affermarlo. Allora si renda a quei ragazzi quanto è loro dovuto, e, invece, gli è stato sottratto; si cessi di chiudere cancelli dietro di loro, nascondendosi dietro un codice penale intrinsecamente effimero e pretestuoso, ed estrinsecamente iniquo. Cesare Beccaria: chi era costui?

Simone Bova volontario presso il Carcere minorile "C. Beccaria" (Milano)