Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 216
marzo 1995


Rivista Anarchica Online

Critica della scuola
di Salvo Vaccaro

Nella letteratura libertaria, Ivan Illich non è granché considerato ( a parte alcuni suoi articoli su "Volontà"), anche per la rarità delle traduzioni delle sue opere, specie dopo i successi negli ambienti "sinistri" di testi quali "La convivialità", verso la metà degli anni '70. Opportuna appare, pertanto, l'uscita di una lunga intervista, edita dai compagni di Elèuthera, che rimettono al centro dell'attenzione questo prete scomodo per tutti, sia per l'"ecclesia" cattolica che per gli atei anticlericali ai quali sfugge, probabilmente, la specularità delle proprie posizioni.
L'intervista ripercorre tutte le tappe intellettuali di Illich, parallelamente al suo impegno a fianco degli ultimi della terra, dovunque si trovasse, senza paternalismi né sufficienze volontariste (a tal proposito risulta efficace la critica a certo volontariato, laico e non, che funge da "valvola di sfogo" per le frustrazioni e l'impotenza politica nel luogo di "appartenenza").
Tra i temi affrontati nell'intervista, spazio privilegiato occupa la rilettura del processo di descolarizzazione che Illich propugna da tempi non sospetti. "Non ho nulla contro la scuola! Sono contro la scolarizzazione obbligatoria. Sulla scuola la mia posizione è alquanto diversa. Sono convinto che da sempre le scuole combinano il privilegio per nascita con un nuovo privilegiato, ma soltanto quando divengono obbligatorie possono combinare la mancanza di un privilegio per nascita con una discriminazione autoinflitta" (pp. 31-32).
La critica alla scuola così come essa è, è radicale: da un punto di vista empirico, la scuola produce selezione, invece di eliminarla, produce ignoranza senza acculturare (p. 26). Sembra paradossale, ma l'invenzione dell'istituzione scolastica pubblica e obbligatoria è recente, risalendo al periodo in cui il potere politico temeva una autonomia di apprendimento del sapere e del sapere fare al di fuori di ogni forma di controllo.
"Ho sempre affermato che la svolta si ebbe con Comenius (1592-1670), il quale sosteneva che a tutti va insegnato come fare correttamente ogni cosa evitando così di apprenderla in modo errato fuori dalla scuola" (p. 31).
Nel periodo in cui gli stati nazionali appena in via di formazione avevano il problema di accentrare e controllare la produzione di sapere, la riduzione delle lingue al monologismo nazionale (pp. 52-53), di esautorare poteri autonomi (la chiesa, le corporazioni dei mestieri e delle arti, ecc.).
Da queste riflessioni nasce "Descolarizzare la società", che intende svuotare metaforicamente le aule entro cui si suole educare il mondo. È proprio il concetto di educazione a presupporre l'istituzionalizzazione, da parte dell'autorità politica, dello strumento scolastico per controllare la produzione e la trasmissione di un sapere ineguale. L'asimmetria di saperi è, infatti ineludibile; ogni società ha anziani istruiti (anche d'esperienza) e giovani vergini, la cui esperienza è apprendimento in corso, laddove gli anziani hanno già accumulato tanto da potersi porre come elementi di situazione (anche se "gli esami non finiscono mai" per nessuno).
Proprio l'asimmetria ineguale è fiera di istruire, appunto, ulteriore diseguaglianza, che in rapporto al sapere fare vuoi dire potere, chances di vita, orizzonti esistenziali, modi di leggere la realtà, capacità e abilità di farsi una bussola di orientamento nel mondo complesso e, talvolta, angosciante, modi di comportamento differenziati e personalizzati, assunzione di responsabilità (ethos e valori sono anch'essi istruiti, non si danno liberamente).
Illich sostiene che la scuola pubblica obbligatoria (in cui pubblico non concerne la gestione, nell'attuale fuorviante polemica con la voglia di conquista del privato, quanto la funzione "oggettiva" che essa assume nel contesto di una società statuale e istituzionalizzata a ogni livello) rende permanente e artificiale la scarsità che sogna l'asimmetria rinforzandola, finendo col porre forme rituali di trasmissione verticale e accentrata le quali, a loro volta, selezionano, discriminano e allargano la forbice dell'ineguaglianza e del privilegio (si vedano p. 30 e pp. 34-35).
Decentrare la trasmissione del sapere, svincolarla dal controllo dei poteri istituzionali, promuovendo forme plurali di apprendimento distribuite su varie posizioni (casualmente in questi giorni mi è pervenuto un grosso manuale di istruzione "casalinga", dal titolo "Growing without Schooling", cioè "Crescere senza scuola", di John Holt, amico di Illich).
Le alternative mosse in campo sono e possono essere sempre più differenziate; ma ritengo che la critica della funzione pubblica della scuola obbligatoria e dell'istruzione in genere debba vedere gli anarchici e i libertari attenti nella radicalità e nella progettualità di una soluzione che esuli dai vincoli stringenti e dissuasivi del presente, non per estraniarci ulteriormente, per farci marginalizzare in un vicolo cieco sia pure utopico, quanto per dare all'utopia della critica quelle gambe che, gradualmente, siano capaci di far progredire un progetto politico.
Nei limiti di questa recensione, Ivan Illich è un referente da riscoprire nei suoi testi poco meditati e rielaborati da parte nostra, nei quali potremo trovare spunti di analisi critica e di progettualità ancora fecondi, anche nell'agire quotidiano. A patto di non rinunciare preventivamente alla radicalità di una tensione di ricerca libera da preconcetti, forte da andare controcorrente, esente da "dati" che si spacciano per ineluttabili e progressivi.