Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 214
dicembre 1994 - gennaio 1995


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Cattivi e giustificati

Una tesi fra le più chiare, di quelle reperibili in Assassini nati di Oliver Stone, - che, in omaggio al bilinguismo «manageriale», è presentato anche con l'aggiunta pleonastica Natural born killers - è quella che vorrebbe i mass-media produttori di mostruosità e di mostri che le esercitino con applicazione degna di miglior causa. L'immagine televisiva t'insegue ovunque tu ti possa rifugiare, sembra che tu non possa avere altro immaginario che quello, l'infanzia stessa te la racconti come una grottesca e orrenda «situation comedy», ciò che vedi in forma di tv è bello, ciò che esce dal «canone» è praticamente deprivato del suo statuto d'esistenza. Nella pretesa di «riferire la realtà», il sistema televisivo la crea o la distrugge a piacere, ne fa una merce come un'altra e, nel buttarla sul mercato, non guarda in faccia a niente né a nessuno: la morale, il privato, la persona umana, la società, il pianeta ...
Roba vecchia, ormai, e forse vecchia prima che la tv venisse fra noi. Con toni più o meno apocalittici, con analisi più o meno azzeccate e più o meno radicali, sono stati in parecchi ad affondare il bisturi nel «giornalismo» ed a mostrarne le nefandezze capitalistiche. Da ultimo, proprio poco prima di morire, il vecchio Popper che ha lanciato l'ennesimo grido d'allarme sulla televisione nella contraddittoria speranza che possa venir «repressa» (regolamentata, asetticizzata, moralizzata, deontologizzata) lasciando tale e quale la società che l'ha prodotta. Tuttavia, non pochi fra questi allarmi sembrano poco o nient'affatto genuini. Alcuni, anzi, suonano falsi e furbeschi. Fra questi, Stone.
Ci si racconta di una coppia di cattivi che più cattivi non si può. Uccidono per il gusto di uccidere e senza che la logica di un loro tornaconto superiore glielo renda necessario. Lui e lei si amano perché «è il destino che li ha uniti» (e già qui cala tutta una visione del mondo di stampo irrazionalistico fin troppo funzionale al resto che segue) e sembrerebbero confezionati su misura per un esperimento di pessimismo integrale: sono «nati» assassini - così li definiscono gli altri e così amano definirsi loro stessi. Senonché al regista piacciono le «spiegazioni», esattamente come ai mass-media che dice di voler criticare. E, in cerca di queste convincenti spiegazioni, attinge al magazzino che offre maggiore affidamento e soluzioni bell'e pronte, tradizionalmente efficaci. Lui, bimbetto dal ciuffo indifeso, si è dovuto digerire il suicidio del padre e mille angosciose situazioni; lei, povera cara, è passata fra i sordidi orrori di una famiglia «normale» in cui la mammina chiudeva un occhio bistrato di fronte ai rapporti incestuosi di uno sporco papà. Come dire che basta grattare uno strato e salta subito fuori tutto: i nostri cattivi non vengono santificati dai mass-media per caso. Alle loro spalle c'è un retroterra giustificazionista che vale un sanguinante itinerario alla mente di Dio: mostri sì, ma perché spinti a calcioni su quella china. Sì, d'accordo: che le colpe ricadano sulla Società e via maledicendo, ma, allora, che ne è dell'assunto di base? «Assassini nati»?, Per carità: chierichetti, serafini, angeli, buoni samaritani sulle strade violente dell'America d'oggidì (tanto angeli che il veleno dei serpenti a sonagli, al massimo, gli provoca un po' di mal di testa ... ).
Con il che risulta chiaro che Stone usa dei medesimi strumenti di chi parrebbe il destinatario della sua critica. I suoi personaggi li costruisce nello stesso modo con cui i mass-media di cui parla nel film costruiscono i loro eroi. Il rapporto di causa e di effetto è posto con ingenuità sconcertante, ma, così facendo - offrendo una spiegazione compiuta e socialmente legittimata - regala una sorta di narcotica tranquillità al suo pubblico. Il fatto, poi, che certi sviluppi narrativi e certe stilizzazioni dei personaggi di contorno appartengano alla letteratura «avventurosa» - non si affranchino, in altre parole, dal «genere» -, viene a conferma della sostanziale ambiguità ideologica dell'intero film.

P.S.: C'è stato chi ha ritenuto opportuno lodare Assassini nati per il «linguaggio» cinematografico usato. Riprese mosse a dare il senso di una «realtà in presa diretta», alternanza di bianchi e neri e colori, tripudio di immagini nelle immagini, cartoni animati e tranci di «televisione spazzatura» con qualche pretesa d'introiezione nei protagonisti e nelle loro gesta ossessionate. Poco, però, di veramente nuovo sotto il sole: sono esercizi di barocchismo già riusciti a tanti (Cassavetes, Coppola, Lynch, per rimanere al versante americano) e, spesso, al cinema meno commerciale, magari coniugandoli ad argomentazioni più coerenti.