Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 214
dicembre 1994 - gennaio 1995


Rivista Anarchica Online

Entourage cremonese
di Marc de Pasquali

La nostr'amata Sofonisba, per la Garzantina, la Piccola Mondadori e la vecchia Treccani (dove inesistenti sono le sorelle), nasce a Cremona nel 1528, però i patrizi genitori di provincia sposatisi due o tre anni dopo, rendono l'evento più probabile attorno al '31-'32, come riportano la Garzanti dell'Arte e il dettagliato catalogo Leonardo (65.000 lire) dell'invitante mostra Sofonisba Anguissola e le sue sorelle: biglietto d'ingresso, orario continuato sino all'11 dicembre al Centro Culturale di Cremona in Santa Maria della Pietà - dal prossimo gennaio fino a marzo al Kunsthistoricshes Museum di Vienna, poi a Washington, National Museum of Women d'aprile a giugno.
Nome strambo Sofonisba, nome eroico cartaginese che se in Padania significa niente-nisba, o minuzia pedanteria (le sofonisbe del misogino Gadda), in Pittura è la maggiore - in tutt'i sensi, di cinque sorelle e un fratello - Asdrubale, figli d'Amilcare, nipoti d'Annibale, legati alla Spagna ... Entrando nella storia degli Anguissola è inevitabile soffermarsi sulle straordinarie capacità imprenditoriali (quelle di venditore di latticini o di terreni sono invece fallimentari) del pater familias, coevo dell'Ariosto, che seppe felicemente evitare alle figlie monasteri e ricami ("l'ago e la conocchia erano nemici del pennello e della matita": Caterina Ginnasi fondatrice d'un convento non tradizionale nel XVI secolo), per educarne e coltivarne i talenti (musicali letterari pittorici) trasformandole in vitale benessere per tutti, senza rinunciare alla patria potestà, incessante, abile e diplomatico, con contatti epistolari pure con Michelangelo che incoraggia, incontri personali, invio di quadri, inviti in loco - al buon Vasari ovviamente; la produzione della prole dev'essere divulgata da parenti, padrini, cardinali, letterati, duchi e stampatori; il globo deve ammirare l'opera d'un aggiornato gineceo, d'un entourage privilegiato perché blasonato e conoscitore del Libro del cortigiano, degl'ideali in voga malgrado la peste, Lutero e la Riforma, Trento e la Controriforma. Ed ecco che quel branco di giovani donne - storioni dal roseo censo - alla fine dell'inverno medioevale scaldato coi roghi di streghe e schiave, benedetto dai messaggi della cattedrale di Strasburgo scolpiti da Sabina Von Steinbach, risale il Po, imprime tele e carta (non va trascurata la breve esistenza cremonese della letterata Partenia Gallerati), partorisce e crea una femminea libertaria rinascenza che dalla leggendaria Onorata Rodiani nutre Irene da Spilimbergo, la triade bolognese Properzia Rossi, Lavinia Fontana (in mostra nella progredita città) ed Elisabetta Siriani, suor Barbara Rognoni e Barbara Longhi, Orsola Maddalena Caccia, eppoi Fede Galizia, Artemisia Gentileschi, e ancora Rosalba Carriera, Giulia Lama, tante assennate e tormentate figlie d'arte, badesse e condottiere violate e resistenti. Torniamo al clan Anguissola. Sofonisba che all'inizio si firma Angosciola, viene iniziata da Bernardino Campi al quale tributerà un civettuolo omaggio con Il pittore Campi ritrae Sofonisba Anguissola, e poi dal Sorajo, e con lei Elena, seconda sorella dal nome profetico che si chiuderà in un convento di Mantova come suor Minerva - nome della quarta sorella dipartita giovanissima. Di Elena non si sa con precisione cos'abbia dipinto né quando sia morta, di lei resta il bellissimo Ritratto di monaca che Sofonisba esegue rendendola abbagliante nelle vesti apprettate come il piombo e forsennatamente schiacciate da ferri da stiro roventi, sfondo cupo, confessionale, labbra e libro vivi che risaltano nella maestà della porpora orlata d'oro, un'intelligenza peculiare, chiarori e ombre che allontanano la sorella reclusa (sia da Zeus che dall'italica dea), che soffocano la sororale ginandria nel soggolo d'ordinanza come i soldati in azione, e questi occhi impalati, dismessi, che sono altri ma parte dei suoi ch'eseguono e ritraggono un sacrificio - ignota e sublimata indolenza.
Lucia è la terza, la più riuscita e la più prolifica delle sorelle dopo la maggiore, suo è l'Autoritratto (Castello Sforzesco di Milano) e il Ritratto di Europa (la quinta sorella, Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia), è morta poco prima della visita (sollecitata dal padre) del Vasari, 1556 circa: è effigiata a matita nel disegno Ritratto di Lucia Anguissola di Sofonisba (agli Uffizi di Firenze), coi tipici occhi aperti e bagnati da settentrionale commozione, è quella a sinistra, l'unica delle quattro che guarda fuori dalla lombarda scena descritta nella Partita a scacchi, sempre di Sofonisba e bellissima: eleganza discreta, espressioni leali, propensione all'ospitalità, inesistente paesaggio fiammingo sommerso nella velina delle nebbie della Bassa o nella trasparenza dello scorrere umido e pallido del fiume, una scena ricreata in giardino, sotto una paciosa quercia e il benevolo controllo d'un'anziana domestica che frettolosa e reumatica ma incuriosita entra in atto un istante solo e lo sarà per sempre - misero destino, in compagnia della vitalità benestante (mai esperita) delle sue giovani sane colte padroncine.
Minerva (chiamata come la figlia, romana, di Zeus), è la quarta sorella, letterata, scomparirà presto presto (attorno al '64), è a destra nella preziosa Partita a scacchi (ricorda molto Mario Mieli) ... la vecchia serva le alita alle spalle - inconscia apparizione da finale di partita; Minerva è anche nel Ritratto di famiglia - uno dei più celebri di Sofonisba grazie alle lodi apparse nell'edizione aggiornata delle Vite dei più eccellenti ... - lì per caso, in disparte, assieme al padre ed al fratello che mano nella mano, solidali maschi gaudenti, sono i declamati continuatori della stirpe, dell'allegoria del potere (dallo stemma allo spadino), dell'uso dei beni (sfruttando - arte maschile, la parte femminile della famiglia), nel solito evanescente paesaggio fiammingo; la quarta sorella è soprattutto il modernissimo Ritratto che Sofonisba adorna di rossi e modesti coralli al collo e ai polsi, un visibilio dei sensi!
Europa è la quinta sorella (altro nome legato a Zeus), ritrattista, sposata e madre, è la piccola ridente al centro della Partita a scacchi, partecipe con la sua manina appoggiata al tavolino nell'intrigo di sguardi.
Indi Asdrubale, l'unico maschio, il sospirato, che morrà a settantadue anni, una lunga vita ad amministrare (deceduto il padre) le rendite Anguissola. E Annamaria, l'ultima, pittrice dell'emulazione mediocre, moglie di un cugino, avrà dodici figli, quasi il doppio della madre Bianca che troneggia lucente e convincentemente piazzata quanto una cantante lirica (alla Ricciarelli) nel Ritratto di gentildonna di Sofonisba, tutta broccata color senape e oro, stringata e merlettata, incoronata e imperlata, inverosimilmente piatta, aria vagamente disgustata, mendace, liscia e rosea come solo nel cremonese s'usa ancora, le fossette appena accennate agli angoli della bocca e a metà mento, un volto inquietante (tre quarti alla Leonardo) che osserva fuori, noi, rivelando una studiata voragine psichica (alla Lotto), e le mani! aristocratiche e sapienti, aggrappate al bracciolo (esaltando le borchie della poltroncina) e allo zibellino de mane (penoso richiama pulci dal musetto dorato), appena accomodate, o nell'atto di congedarsi, o comunque leggere, sospese, nel loro movimento tradizionalmente da contenere, immobilità gestuale che solo la fisionomia somma dell'impareggiabile Moroni raggiunge. Dopo fitti contatti, Sofonisba va in Spagna dama d'Isabella di Francia (che morrà di parto); ligia, ben educata e quindi ad hoc per il protocollo di corte, un po' insegnerà disegno alla regina, un po' dipingerà con successo ritratti inevitabilmente influenzati dal greve gusto locale. Il trionfo del suo genio è ripagato dalla corte con doni preziosi; a quarant'anni con un nobile siciliano sposato per procura e congrui contribuiti nuziali (l'abito della cerimonia è cosparso di perle), vitalizi (perennemente gestiti dai maschi Anguissola). Famosa, raggiunge quindi la Sicilia (appestata) per conoscere-incontrare il marito fornito dal regno di Filippo II. Dopo qualche anno Sofonisba resta vedova (lui perisce in una nave assalita da parenti). Nel tornare a casa (Cremona? Spagna?), s'una galena diretta a Genova il colpo di fulmine: l'amore col comandante Orazio Lomellini (genitore d'un illegittimo che divenendo padre chiamerà sua figlia Sofonisba), una passione che travolgerà la sua adiposa, la sua cortigiana, la sua reverenziale ispano padana esistenza, un ammutinamento travolgente. L'adorata, la prodigiosa, la forte, la vecchia Sofonisba, impara a nuotare anche controcorrente, sensuale e ilare come un Parmigiano e un Correggio, madre di tutti i Caravaggio. «I matrimoni prima si fanno in Cielo eppoi in terra», scriverà mentre scopre la sua pista piacente, la sua anima, la sua beltà. Passati trentacinque anni di legami molteplici, di debiti, di traslochi, di rinomate miniature, Sofonisba lascia Genova e dintorni, e col suo Orazio ormai riconosciuto marito, ritorna a Palermo, acquista una casa nei meandri del quartiere arabo, vi trascorre gli anni più tranquilli, i suoi ultimi dieci. Leggiadra, mezza cieca, inoperosa, quasi centenaria, ancora autonoma finanziariamente, vivace, suggerirà vezzosa ad un sedotto e giovane Van Dick come ritrarla fra luci e ombre nel suo Taccuino italiano.
Il 16 novembre 1625 muore. Viene sepolto il suo corpo, il resto - calmo, anche perché si tratta d'una donna - attraverserà i secoli, pure i più bui.