Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 214
dicembre 1994 - gennaio 1995


Rivista Anarchica Online

Per costruire il mondo altrimenti e altrove
di Salvo Vaccaro

È un delitto che la continua e torrenziale letteratura di ordine pragmatico rovini un termine felice come Manuale. Se oggi osserviamo una qualsiasi edicola, vediamo una serie potenzialmente infinita di manuali operativi che obliano ogni ipotesi di ragionamento creativo teso al compimento di una attività o alla soluzione di un problema quotidiano. Più che manuali, sono breviari virtuali, il cui felice artificio rende funzionale l'esonero del pensiero a vantaggio di un indice di istruzioni predeterminate per l'uso da seguire pedissequamente senza deviare di un millimetro.
I manuali, invece, erano affreschi in cui si disegnavano percorsi aperti all'apprendimento di tecniche e di tecnologie (essendo queste ultime il precipitato confezionato e ripetitivo di una ricerca razionale applicata). Il Manuale per fondare una città di Pietro Toesca (Elèuthera, Milano, 1994, pp.176, L. 23.000) si nutre di questo primo scarto: non insegna nulla di immediatamente replicabile, sfuggendo alla trappola dell'Autorevolezza (nel sapere qualcosa di trasmissibile) che si muta in Autorità: l'ipse dixit.
Il Manuale di Toesca procede per tensioni, legate da un sottile filo logico, che tuttavia non ha nulla dell'univocità di percorso. Anzi, la costellazione frammentaria dei concetti introdotti da Toesca risulta affascinante (senza trascurare la difficoltà del testo) proprio perché enuclea diversi modi di ragionamento sensibili all'instaurazione di una nuova città «fondabile». Qui soccorre un altro scarto. La città di cui si parla, a primo impatto, non ha nulla di urbanistico e di fisicamente architettonico, sebbene piani regolatori e progetti urbanistici sono sempre figli di una cultura (o incultura) della immagine e della conduzione di una città secondo canoni di razionalità politica e sociale. Per città, Toesca intende ogni spazio «di reciproco permanente riconoscimento», convivenze di esseri umani, che si legano mutevolmente nella loro irriducibile diversità, senza che ciò diventi alibi per una verticalizzazione gerarchica delle loro esistenze circoscritte in categorie e ritagliate in ruoli asserviti.
Intensità in tal senso, la città da fondare è altresì una città sfondare, da decostruire, per via di tutte quelle superfetazioni, quelle escrescenze metropolitane, quelle distorsioni brutali che l'hanno resa non solo invivibile ma anche inidonea a promuovere la convivenza orizzontale di singolarità differenti ed eguali nel loro valore.
Fondare una città altra - metafora di uno spazio comunitario aperto e non ripiegato autarchicamente su se stesso - significa ricominciare a pensare altrimenti e altrove. Vale a dire distruggere tutti quei prolungamenti nell'immaginario costitutivo dell'emancipazione sociale che, ahinoi, spesso e volentieri si sono rivelati non solo ostacoli alla costruzione dell'altro, ma peggio speculari e restauratori di una medesima modalità di formazione e funzionamento delle cose (mentalità, stili di esistenza individuali e collettivi, modi di produzione, giustizia redistributiva, istituzioni politiche, e via continuando), in un determinato spazio- tempo storico, «elemento costitutivo del rapporto uomo-società» (p.140).
Ricominciare altrimenti e altrove significa fondare un luogo in cui si è titolari di una ricerca di felicità e di libertà pubbliche realizzativa del «valore di sé» (p. 103) e quindi molteplice e incodificabile in norme contraddittorie, aporetiche, produttive di paradossali dilemmi.
Significa fondare un luogo di reciprocità degli scambi senza unità trascendente di coordinamento (poiché città e reciprocità definiscono la dimensione pubblica dell'esistenza collettiva, e non un veicolo per redistribuire soggettivamente ciò che è oggettivato nel concetto e nella pratica dell'autogestione). Significa, infine, sottrarsi ai bombardamenti indotti da un sistema eretto sulla rappresentazione simulata di valori incarnati in pratiche ingiuste, violente, fredde e anonime. «Per costruire il mondo bisogna mettersi fuori dal mondo ( ... ), bisogna
autoidentificarsi» (p.150) senza farsi ingrigliare in identità eterodiertte e cristallizzate.
Ma il libro di Toesca, da buon manuale, consente altre letture e altri percorsi di dialogo con il testo, poiché non si offre chiuso in se stesso, ma utilizzabile in modi diversi, secondo sensibilità e tensione, proiettando comunque
una serie di riflessioni espropriabili per progettare la fondazione di un luogo comunitario al cui interno questioni politiche e questioni sociali, ideali e volontà, pratiche e luoghi u-topici ritrovino quella fertilità da sempre denegata da ogni potere che la teme come risorsa principale per il proprio annichilimento. Ed è questo l'unico senso in cui oggi possa declinarsi una teoria ed una pratica autogestionaria realmente rivoluzionaria.