Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 213
novembre 1994


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Difenderci dai trucchi

In quell'agosto del 1572, la scelta di Parigi, come meta di turismo per una famiglia di religione protestante, non era delle più felici. Non tanto per l'afa, quanto per la presenza, particolarmente molesta, di cattolici. Il 18 erano state celebrate le nozze tra Margherita di Valois (a malapena ventenne, cattolica, Margot per i numerosi amici) ed Enrico di Navarra (futuro Enrico IV, re di Francia, protestante) - nozze che, nei piani orditi dal cardinale di Borbone e, forse, da Caterina de' Medici, avrebbero dovuto pacificare definitivamente il popolo di religione diversa in un unico abbraccio. Ma, guarda un po' come vanno le cose e quando meno te l'aspetti, il24 - la famosa notte di San Bartolomeo -, i cattolici decidono di profittare dell'occasione di così tanti e importanti protestanti ivi riuniti per i festeggiamenti e passare a una strategia di pacificazione più efficace. Nello stile di quel cattolicesimo che piace tanto all'attuale Presidente della nostra Camera dei Deputati, li ammazzano tutti. Tranne uno, Enrico, cui chiedono l'abiura.
A quei giorni, a quella bassa macelleria ed al romanzo che, nel 1845, ne ha ricavato Alexandre Dumas (padre), si ispira La regina Margot di Patrice Chereau, film che si avvale delle sensualità carnali di Isabelle Adjani (Margot, ovviamente), dei sudori appiccicosi e presumibilmente ammorbanti di Daniel Auteuil (Enrico), della maschera cannibalesca di Virna Lisi (una Caterina de' Medici subdola e perversa disegnata come un ibrido fra Nosferatu il vampiro e il mago cattivo, cartone animato, della Rosa di Baghdad), delle febbrili morbosità di Jean-Hugues Anglade (Carlo IX, uno dei figli di Caterina, e imbelle sovrano del momento), nonché di uno stuolo di assuefatti agli emoderivati che si danno da fare per restituirci, come si suoi dire, verità storica. Una verità storica, beninteso, da spruzzarsi - un po' come accade nella vetrina del fiorista - su di una base inequivocabilmente, e dichiaratamente, romanzesca.
La Margot che ci tramanda la storia sembra il codice genetico di ogni nequizia e dissolutezza. Tramerà, cercherà più con le cattive che con le buone di metter su «regno» per conto suo, passerà di amante in amante e, soprattutto, inesauribilmente assatanata di sesso, vagherà nottetempo nella suburra per farsi possedere dal primo sconosciuto erettile che le capita a tiro. La Margot in versione Adjani, povera cara, esce di notte una volta e, alla prima botta, si innamora. È colta da indicibili strazi umanitari, vorrebbe che cattolici e protestanti si dessero, al più, amichevoli pacche sulle spalle, si affanna per un marito che non ama; dall'alto della sua mansuetudine vorrebbe tutti liberi e sereni, ed è solo per bontà di cuore e per onorare devotamente le tradizioni nobiliari che non si è negata a qualche rapporto incestuoso. Timorata di Dio e incline al bene, profonde energie a destra ed a manca come una crocerossina - gratta gratta e scopri che Maria Goretti doveva averla come ascendente. Se il film, insomma, tende al rispetto del contesto storico (con l'occhio alla storia della pittura, con l'attenzione scrupolosa a certi aspetti della quotidianità - come va molto oggidì credendo di inaugurare chissà quale «nuova storia»), quando inquadra il suo personaggio deraglia vistosamente: Margot, lì dentro, ci vive soltanto una zuccherosa storia d'amore. Non a caso, a testa dell'amante bell'e staccata, imbalsamata e portata amorevolmente via nel suo fagottino, l'immagine del bel visino di Margot sfuma e il regista ci manda tutti a casa.
Ne risulta, dunque, un film tutto giocato sulla tecnica del tranche de vie. Non solo, fuor di metafora, per le varie pratiche autoptiche ammannite allo spettatore, ma per il particolare modo con cui da una vita intera - quella di Margot - si è cavato per selezione giudiziosa una serie di elementi che, risultando funzionali ad un singolo episodio, contribuissero ad una tesi implicita, ovverosia alla valorizzazione in positivo dell'invece discutibilissima «eroina» in questione. Tra i molteplici amanti a disposizione, per esempio, finisce in sceneggiatura lo sfortunato protestante signor La Mole perché si ritrova decollato, ma se costui ci avesse lasciato le penne per un'enterocolite, tutto lascia presagire che l'onore della cronaca sarebbe toccato ad un altro. Se, insomma, il criterio che guida il tranche de vie è quello che mira al romanzesco ed al fumetto consolatorio non è con qualche palata di sporcizia che si garantisce l'autenticità storica. Diciamo che da nuovi trucchi dobbiamo imparare a difenderci.

P.S. Il corpo umano è un oggetto storico come un altro. Bene, assumendo questo punto di vista La regina Margot pone, almeno, un problema. Avete presente il flehmen? È quella caratteristica posa di certi mammiferi che consiste nell'aprire leggermente la bocca, ritraendo il labbro superiore, scoprendo parzialmente la dentatura e sollevando il capo. Solitamente, viene assunta nel periodo della riproduzione dopo un moderato prelievo di urina ed un'approfondita usmata di vulva. È stata descritta dall'etologo Karl Max Schneider (in Das Flehmen, 1930) ed è oggi ampiamente rappresentata tra gli umani dalle signorine Parietti Alba e Dellera Francesca - tanto ampiamente che, da posa straordinaria, una tantum, si è in loro trasformata (anche artificialmente, si dice) in posa ordinaria, assecondando così il mercato della semiosi sessuale. Vedere, per credere, il flehmen della signorina Adjani Isabelle, esibito fra rantolii e sussulti.. Per credere a come il corpo venga manipolato a fini ideologici. Sono pronto a un confronto con le «vere» labbra della regina Margot.