Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 212
ottobre 1994


Rivista Anarchica Online

Il mio signornò!

Mi chiamo Andrea Cagnoli, sono nato a Cittiglio (VA) il 6.3.'72.
Sono studente inscritto al 3° anno di Architettura presso il Politecnico di Milano.
La ragione per la quale scrivo questa lettera è di informare le autorità competenti del mio rifiuto di rispondere alla chiamata di leva; rifiuto altresì di usufruire della opzione alternativa civile prevista dalla legge 722.
Reputando di essere un libero cittadino mi sento autorizzato dalla mia coscienza a fare questa scelta assumendomene le responsabilità anche giuridiche. Non posso tuttavia nascondere una certa perplessità per essere, di fatto, condannabile a una pena carceraria semplicemente per le idee che professo.
Idee personali che, pur derivando da innumerevoli e «complessi» ragionamenti, non possono che essere estremamente semplici: a prescindere dalla mia profonda avversione per la violenza in qualsiasi forma essa si presenti (diretta o indiretta, psicologica o fisica, strutturale o apertamente manifesta) e quindi anche per le armi in generale e per le istituzioni che ne giustificano l'uso e la produzione, e considerando l'obiezione istituzionalizzata nient'altro che una forma di passiva accettazione, se non di collaborazione con l'attuale stato delle cose, mi chiedo quale significato possa avere la coercizione legalizzata della mia volontà da parte dello Stato.
La risposta a questo quesito non sta certo nelle pretesa di poter difendere la Patria, non realisticamente almeno. Piuttosto cercherei la risposta nella stessa domanda: il mio contributo non deve essere altro che quello di accettare una imposizione annullando o perlomeno sospendendo la mia volontà, il mio libero arbitrio, il mio pensiero di fronte all'istituzione militare.
Questa è una cosa che, francamente, anche per il tipo di educazione cristiana e repubblicana impartitami da piccolo, non posso assolutamente accettare volontariamente.
Nel pieno possesso delle mie facoltà mentali non posso concepire di mettere neanche per un momento la mia capacità di ragionare e di agire in mano a qualcuno che, tra l'altro, neanche conosco. Chi, del resto, darebbe le chiavi della sua macchina ad uno sconosciuto?
Come si può chiedere ad un uomo di rinnegare i sacri valori personali datigli dalla cultura personale e dall'esperienza, per altri valori preconfezionati dei quali non potrei negare la validità, ma che certo nella mia Scala Personale dei Valori non occupano certo le prime posizioni.
Da qui nasce la mia determinazione, il rifiuto che i principi fondamentali della mia esistenza (che potrei definire di «nonviolenza attiva») vengano annullati o sostituiti.
Tra il rinunciare incondizionatamente alla libertà di pensare e agire come meglio credo (nei limiti della convivenza civile), e il rinunciare «soltanto» alla libertà fisica mantenendo però intatti saldamente i principi di vita e libertà che animano la mia mente e il mio cuore, preferisco la seconda ipotesi.
Se per questa scelta di coerenza con me stesso, per il rifiuto di tradire me stesso, subirò un processo e sarò imprigionato non posso fare altro che allargare le braccia e constatare la fallibiltà delle leggi degli uomini. Davanti all'uomo che avrà il compito di giudicarmi abbasserò la testa, ma durante le mie preghiere potrò parlare con Dio guardandolo negli occhi. Non nutro rancore per alcuno, e non ne nutrirò neanche per colui che si troverà nella non facile posizione di dover giudicare le mie azioni guidate da opinioni diverse dalle sue e dal coraggio di sostenerla.
A colui che leggerà queste righe chiedo soltanto di avere rispetto e comprensione per le mie idee che in linea generale non sono né più e né meno valide di quelle di qualsiasi altro uomo.

In fede Andrea Cagnoli (Varese)