Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 212
ottobre 1994


Rivista Anarchica Online

Paul Goodman e la tradizione libertaria
di Pietro Adamo

Il richiamo a una mitica età dell'oro, situata in un passato più o meno remoto, è una delle strategie fondanti del radicalismo moderno, soprattutto di quello di matrice utopica. Da Thomas Muntzer a John Milton, da Thomas Paine a Gracco Babeuf, sino a William Cobbett e Robert Owen, non di rado questa strategia si dispiega come una specie di laicizzazione del concetto di peccato originale, trasposto dalla sfera della grazia a quella della natura, dalla teologia alla storia: come l'inquietudine umana deriva dalla perversione di Adamo, così la condizione della società deriva da un qualche atto di perversione commesso nel passato che ha contaminato la purezza originaria della comunità. Secondo il rivoluzionario puritano Milton, per esempio, le vicissitudini dei cristiani derivano dalla loro accettazione del "giogo di Anticristo", vale a dire dalla loro alleanza col il potere temporale di Costantino. Secondo un altro rivoluzionario, Thomas Paine, il triste stato delle libertà degli inglesi (e degli americani) è dovuto all'invasione normanna di Guglielmo il Conquistatore, che ha sottratto al popolo i suoi diritti imponendogli la tirannia del feudalesimo e della monarchia. Entrambi contrappongono alla perversione "cattolica" e "normanna" una situazione precedente di armonia e giustizia (l'incontaminato cristianesimo delle origini secondo Milton, il comunitarismo democratico e non-governativo dei sassoni secondo Paine): obiettivo della rivoluzione è ovviamente il ristabilimento della condizione originaria, con il recupero dei diritti sottratti da un'autorità ingiusta.
Questo tipo di strategia punta alla completa sovversione dell'esistente. La necessità di una qualche "restaurazione" maschera semplicemente la volontà di mutare radicalmente i rapporti sociali e politici: che la (presunta) età dell'oro cui ritornare avesse realmente le caratteristiche che le si attribuiscono è elemento incidentale (e non è un caso che Milton e Paine sovrappongono alla retorica passatista argomenti razionalistici e giusnaturalistici).
A questo astoricismo astratto impregnato di teologia - che può definirsi "conservatore" solo per quel che riguarda la costruzione lessicale del discorso - si contrappone una strategia altrettanto radicale fondata sulla ricerca storico-antropologica, consapevolmente impegnata nella protezione e nelle difesa di diritti, modi di vita e tradizioni minacciate. In questa tendenza rientrano intellettuali come Thomas Jefferson e H.D. Thoreau - e uno dei suoi apici è certamente Il mutuo appoggio di Kropotkin. Il "conservazionista" Paul Goodman sembra farne consapevolmente parte, sia pure accettando la patente con il senso del paradosso necessario al caso:

"Non possiamo tornare indietro, perché non c'è nulla a cui ritornare. Per avere una comunità stabile e completa in cui i giovani possano diventare uomini, dobbiamo faticosamente portare a compimento la nostra nuova tradizione rivoluzionaria. In modo paradossale, questa decisione stoica esprime una posizione conservatrice, che mira alla stabilità e all'equilibrio sociale. Spesso, infatti, non si tratta di fare innovazioni, ma di riguadagnare e ristabilire le giuste proporzioni. Ma, certo, nel nostro sistema di vita, dispersivo e unilaterale, la proposta di conservare le risorse umane e di sviluppare le capacità umane è divenuta un'innovazione radicale" (La gioventù assurda, tr. It. Einaudi, Torino, 1971, p.221).

Tuttavia, l'identificazione di questa corrente "restaurazionista" della tradizione libertaria e anarchica non dovrebbe portarci a fare di ogni erba un fascio. Molto spesso i referenti storico-antropologico-politici dei pensatori in questione sono estremamente differenti: per esempio, le associazioni e le comunità descritte da Kropotkin con propositi quasi "protezionistici" nel cap. VIII del Mutuo appoggio sono esperienze di genere molto diverso dai diritti e dalle forme di vita presentati con analoga verve difensivistica da Thoreau nella Disobbedienza civile o da Jefferson in innumerevoli scritti (dal moderato A summary view of the rights of British America alla Dichiarazione d'indipendenza alle Kentucky Resolutions). In altri termini, diverse le esperienze da "conservare", diverso il progetto restaurazionista.
In questo senso mi pare che Woodcock sottovaluti i legami di Goodman con la tradizione libertaria americana, privilegiando l'enunciazione dei suoi rapporti - a mio parere più generici - con l'anarchismo di un Kropotkin o di un Read. La prospettiva di Goodman è sostanzialmente "indigena" (sia pure arricchita da un confronto serrato con i modelli europei): in quest'ottica il suo "gradualismo" - la sua "differenza" - risulta certamente più comprensibile.
Giustamente Woodcock sottolinea come il punto di riferimento di Goodman, più che l'anarchismo "classico" d'America (Warren, Spooner, Tucker), sia l'esperienza libertaria nel suo complesso. In una fondamentale dichiarazione di principi del 1966, Goodman ha affermato che

"nel periodo del mercantilismo e delle patenti regie, la libera impresa da parte di società per azioni era anarchica. Il Bill of Rights e la [nozione di] magistratura indipendente di Jefferson erano anarchici. Le chiese congregazioniste erano anarchiche. L'educazione progressista era anarchica. Le città libere e il diritto delle corporazioni erano anarchici. In questo momento, il movimento dei diritti civili negli Stati Uniti è stato, quasi classicamente, decentralista e anarchico" ("The anarchist principle", ora in A decade of anarchy, a cura di Colin Ward, Freedom Press, London 1987, pp. 38-39, citaz. P. 39).

Laddove Kropotkin, per esempio, insisteva sulla relazione naturalistica, quasi biologica, tra individuo e comunità, Goodman opera in una prospettiva totalmente volontaristica e costruttivistica, nel solco classico tracciato dal libertarismo americano nella sua lettura dell'esperienza storica degli Stati Uniti. Il suo comunitarismo è costantemente coniugato con i diritti della coscienza individuale ed è orientato dai valori di quell'eresia protestante che ha fornito l'humus più fertile all'anarchismo d'America. Facciamo un esempio: secondo Goodman la gestione del lavoratore passa per il "controllo delle sue attitudini fisiche, emotive ed intellettuali, per vedere se una qualche sua parte è adatta a ricoprire un ruolo nella macchina"; ciò avviene tramite l'imposizione dei test attitudinali che sono "l'esatto contrario della vocazione nel vecchio senso, un'attività umana naturale o voluta dal cielo" (Communitas, con Percival Goodman, ed. It. Il Mulino, Bologna 1970, pp. 264-265).
Uno dei risultati perversi della Riforma protestante più istituzionale è stato appunto di "non aver coltivato il significato della vocazione come funzione comunitaria" (La gioventù assurda, cit., p. 212).
Il conservatorismo di Goodman - non dimentichiamolo, uno dei santoni della controcultura - può anche diventare apertamente provocatorio e dissacrante, presentandosi come una vera e propria apologia della trasgressione:

"L'attività sessuale e l'uso della droga assumono, agli occhi dell'opinione pubblica, proporzioni distorte perché, mentre si possono disapprovare i capelli lunghi, le cattive compagnie e l'estremismo politico, sesso e droga suscitano una vera e propria ansia sociale e reazioni ben più viscerali. Le statistiche, tuttavia, sembrano dimostrare che l'attività sessuale non è di molto superiore a quella delle generazioni che si sono succedute dagli anni venti a oggi: la differenza sta nel fatto che finalmente il clima è diventato più onesto e privo di ipocrisia. La sessualità viene affermata come una funzione vitale piuttosto che come la religione del sabato di goliardi chiassosi in preda all'alcool. Poiché c'è un maggior spirito comunitario, il sesso tende a tornare alla sana normalità delle zone rurali, con la sola differenza, se mai, di una maggiore cautela ereditata dall'origine borghese e dell'uso di mezzi anticoncezionali" (La società vuota, Rizzoli, Milano 1970, p. 49).

La strategia "conservatrice" disvela così il suo reale carattere, sanzionando comportamenti trasgressivi che possono però essere ricondotti a un modello "naturale" e allo stile di vita comunitario. Se, come abbiamo visto, per Goodman non c'è "un passato cui ritornare", allora la lotta non può che configurarsi come il tentativo di recuperare le "giuste proporzioni" in ogni sfera dell'azione umana, con condotte forse minimali ma efficaci, fondate su principi libertari, si tratti di difendere le libertà civili, valorizzare le autonomie locali incoraggiando l'autogestione, difendere l'idea di un equilibrio ecologico, eccetera:

"Non rientro certo negli schemi del rivoluzionario" - ha dichiarata Goodman nel 1967 - "decisamente io sono un tipo fuori moda. Secondo me molti discorsi politici sono troppo ambiziosi. La gente intende usare il potere politico per raggiungere qualcosa di grandioso e di eccellente. Non sarà questo il risultato. Quello che si può fare è appena di garantire una situazione minima di decenza nella quale qualcosa di buono possa accadere" ("Valori oggettivi", in Dialettica della liberazione, a cura di D. Cooper, ed. It. Einaudi, Torino 1969, pp. 137-155, citaz. Pp. 144-145).

Un anarchismo della quotidianità, quindi, che non rifugge neppure dal confronto con le istituzioni statuali, ipotizzando da un lato l'adozione di schemi alternativi a quelli della società opulenta, dall'altro una politica di continuo intervento e incessante azione di controllo e di stimolo. Del resto, in questa estrema adattabilità alle circostanze sta la vitalità dell'anarchismo:

"Questo relativismo del principio anarchico alla situazione concreta è l'essenza dell'anarchismo. Non ci può essere una storia dell'anarchismo nel senso di stabilire uno stato di cose permanenti definito 'anarchismo'. Si tratta sempre di un confronto continuo con la prossima situazione e di una vigilanza per essere sicuri che le libertà del passato non si perdano e non si trasformino nel loro opposto, come ha fatto la libera impresa trasformandosi in schiavitù salariata e monopolio capitalistico, la magistratura indipendente trasformandosi in un monopolio di corti, poliziotti e avvocati, o la libera educazione che si è trasformata in Sistema Scolastico" (The Anarchist principle, cit., p. 39).

Nell'anarchismo di Goodman i principi del libertarismo si ammantano di relativismo e di fallibilismo, nel tentativo di una costante rielaborazione del rapporto con la realtà concreta e nel rifiuto dei dogmatismi dell'anarchismo stesso. Perché non aspettarcelo da un intellettuale tanto eclettico da terminare uno dei suoi romanzi con una citazione da un classico del fallibilismo protestante, pesantemente emblematico per l'esperienza dell'"altra America":

"'Il Signore ha ancora altra luce e altre verità da mostrarci', come disse John Robinson ai Padri Pellegrini che si stavano imbarcando per l'America" (Making Do, MacMillan, New York 1963, p. 276).