Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 211
estate 1994


Rivista Anarchica Online

Storia di un verme

Piango spesso la sera perché mi accorgo sempre di più che il mondo in cui vivo è un manicomio. Così mi sfogo scrivendo sul mio diario ed è proprio da quelle pagine che traggo un mio scritto che (come un altro precedente) è ispirato da un incontro inaspettato con un verme. In questo scritto dò la mia visione del mondo e il mio segno che sono sicura voi condividete (spero che non sia troppo lungo per pubblicarono nello spazio di "A" riservato alle lettere).

Dal mio sudato diario. Giovedì 9/6/1994 - 7,43 p.m. (testo integrale)

Sarà il periodo, non so, ma ieri ho trovato un altro verme, questa volta sul muro, sotto l'interruttore della cameretta.
Questa volta, ricordando l'episodio precedente (che ha ispirato un altro scritto intitolato: "La defenestrazione del verme"), non l'ho buttato dalla finestra, ma gli ho costruito di sopra un carcere con un barattolino a forma di ellisse abbastanza grande, appiccicato al muro con una striscia di nastro adesivo. Appena ha intuito cosa stava succedendo ha cominciato a muoversi in tutte le direzioni, poi si è rassegnato. Stavolta ho il buon proposito di salvarlo veramente e appena esco lo porto fuori. Però non sono uscita e lui è ancora lì (dopo quasi 24 ore) ad aspettare... rassegnato. Ma lo voglio consolare, perché ancora questa volta abbiamo tante cose in comune. Anche io come lui sono incarcerata da una struttura superiore costruita sopra di me senza che io possa distruggerla. Chissà quale condanna gli sto infliggendo; a lui che è senza colpa, e il suo unico "errore" è stato quello di riposarsi in terra straniera. Chissà che intensità avrà questa pena, questo carcere, che forse, per il suo senso del tempo, sarà lungo anni ed anni, anni in cui è ancora giovane e vuole vivere libero. Ma io l'ho incarcerato senza possibilità di difendersi e senza appello l'ho incarcerato con l'inganno e l'astuzia. Ma la tragedia in tutto questo è che lui non sa chi sono io, non sta che sono stata io, non sa perché è lì rinchiuso. Ma in fondo, lo stesso vale per me, anch'io sono incarcerata e solo con la fantasia immagino di chi o di cosa sia la colpa, ma non so con precisione qual è la realtà.

E così viviamo nella terra delle nostre immaginazioni, lottando con i fantasmi della nostra mente, ignorando ogni causa reale.

E oggi, ancor di più, governati da questa "bassa" atmosfera, che ci storpia sotto il suo peso, non abbiamo neanche la forza di reagire, di andare a destra o a sinistra, di decidere che percorsi prendere per liberarci, almeno nella dignità di una tentata ricerca. Invece no, siamo immobilizzati, forse perché stanchi, rassegnati o per una suprema intuizione: che forse la vita è una piccola onda su un oceano di acqua infinita, messa lì per caso, cosicché l'infinito nulla si ricordi di essere nulla. E se si ha questa intuizione è inutile cercare una via d'uscita. Forse è meglio mettersi lì, dentro la prigione, a costruire qualcosa, qualunque cosa che ti sembri importante, cosicché impegni il corpo e la mente, e occupi maggiormente il tuo intelletto nell'inserire tutto ciò che costruisci in quadri ideologici, in giustificazioni, in bei pensieri e relativi finalismi. Impegnate il corpo e la mente, si possono dimenticare le nostre prigionie, perché, vedi, il problema non è più il barattolo che hai sopra di te, ma se hai le risorse e gli strumenti per realizzare i tuoi passatempi, le tue costruzioni. È così che noi altri vermi siamo più sfortunati di te: tu vivi solo, noi siamo chiusi tutti insieme sotto un unico barattolo e ti lascio immaginare che affollamento.

Così ci scanniamo l'uno con l'altro per prenderci queste risorse che ci facciano costruire i nostri passatempi; e così nascono tutte quelle cose che vanno sotto il nome di frutti del male. Così tu stai tranquillo sotto il tuo barattolo che nessuno ti venga ad ammazzare per un passatempo; noi si! Allora, vedi, tutto ciò che facciamo è frutto di una storica e forse eterna dimenticanza. Dimentichiamo il barattolo e dimentichiamo che anche noi moriremo o per morte naturale, o per malattia o a causa di un passatempo. C'è comunque qualche verme della nostra specie che ha avuto una intuizione superiore. Forse una notte questo verme ha sognato milioni di vermi sotto un barattolo che hanno smesso di massacrarsi l'un l'altro e hanno deciso di premere tutti insieme contro le pareti del barattolo. Il numero era tale che sommando le forze di ogni singolo il barattolo si sollevò e i vermi furono finalmente liberi di spaziare traendo non solo più risorse per ognuno ma traendone di nuove e stimolanti cosicché i vermi finirono di annientarsi, sentirono una nuova forza e provarono il gusto di una grande libertà. Ma se il sogno di questo verme è stato urlato a tutti gli altri vermi, pochi hanno capito, i più continuano a dimenticare.

P.S.: Il verme poi l'ho liberato anche se non so che fine abbia fatto.

N. S. (Piazza Armerina)