Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 211
estate 1994


Rivista Anarchica Online

La resistenza continua

Le pratiche di occupazione, o meglio di riappropriazione di spazi, tempi, identità stanno dimostrando tutta la loro valenza e potenzialità, essendo ormai l'elemento centrale della prassi rivoluzionaria e non una semplice componente tra le tante, come è avvenuto in passato. I centri sociali autogestiti, le case occupate, occupazioni più o meno recenti di scuole ed università, occupazioni di terre e casali (a quando le fabbriche?) rispondono a degli insopprimibili bisogni e diritti. Ma non si tratta solo di questo: l'autogestione, la pluralità, la creatività, il rispetto e la valorizzazione delle individualità e delle diversità, la autoorganizzazione antiautoritaria, sono tra i più importanti fattori che caratterizzano il successo nella conduzione di queste realtà. Ma non è tutto neanche questo: questi fattori, cui corrispondono degli ideali ferrei e ben definiti, anche se non se ne ha la piena consapevolezza, costituiscono di per sé l'ALTERNATIVA. Alternativa a un modello di sviluppo perverso, alla repressione, all'ingiustizia sociale, all'egoismo, al nazionalismo, ad una dis-cultura vacua e artificiale, a dei rapporti umani dis-umani, al consumismo ed alla mercificazione capitalistici, al lavoro salariato, insomma a tutto quello contro cui lottiamo e sempre lotteremo. I nostri valori e la nostra prassi costituiscono un MODELLO che come tale deve essere il punto di riferimento per lo sviluppo di altre, diverse e sempre più numerose realtà autoorganizzate. Nell'attuale periodo storico, alla fase istintuale di sfogo della rabbia deve essere accompagnato e succedere l'aspetto propositivo, che consiste esattamente in ciò che si sta già facendo e negli obiettivi che ci si propone di raggiungere. Il problema in molti casi è ancora la automarginalizzazione delle realtà antagoniste, che deriva dall'immagine che si riesce a proiettare all'esterno dell'universo antagonista stesso. Siamo in un periodo in cui il tempo stringe, dal momento che la controparte, gli altri, non sono tutti uguali, ed attualmente ci sono "capitati" i peggiori (al di là delle analisi critiche sul ruolo della cosiddetta sinistra istituzionale, sul consociativismo ecc. ecc ... ). La vitalità ed il successo delle pratiche autogestionarie, o al contrario il grado di repressione della reazione suscitata, non devono farci autogratificare, anche se possono ovviamente rappresentare motivi di entusiasmo o compiacimento. L'impegno deve essere rivolto al proporsi all'esterno e rendersi visibili, a dimostrazione della possibilità di realizzazione di quelle che vengono considerate delle utopie, ma che sono realtà già pienamente compiute o quasi, anche se ancora relativamente marginali e
sconosciute. Da parte di noi stessi scaturisce una tendenza a sottovalutare la portata delle esperienze antagoniste, c'è la convinzione che esse siano e debbano rimanere un affare esclusivamente nostro, fortini da difendere strenuamente soltanto per la soddisfazione dei nostri diritti o bisogni vitali. In realtà le nostre potenzialità vanno molto al di là di questo: i valori libertari ed antiautoritari sono validi per tutti, sono l'unica prospettiva possibile per l'intera società ed a livello planetario. Credo che tutti noi vorremmo che tutto funzionasse come un centro sociale o una comune agricola: il nostro ruolo attuale è quello di dimostrare che le nostre realtà sono non solo possibili, ma necessarie. La vera valenza rivoluzionaria del nostro lavoro è in questo, non nel grado di aggressività o di intemperanza con i quali ci esprimiamo. Lo sanno tutti che siamo sempre più incazzati, non è sempre opportuno urlarlo ad alta voce, esaurendo così il nostro impegno all'esterno nello sfogo emotivo. La forza della nostra trasgressività sta nella disobbedienza e nella ribellione ad un mondo di dis-valori che qualsiasi potere impone dall'alto alle "masse", e nella pratica di alternative universalmente valide, che necessariamente devono essere proiettate all'esterno. Non dobbiamo essere contenti di essere diversi e minoranza elitaria, ma dobbiamo proseguire con passione e divertimento, impegnandoci anche e soprattutto nella esteriorizzazione dei contenitori antagonisti. Nel fare questo la radicalità dirompente e la conflittualità sono già insite nei contenuti da noi proposti. L'informazione è rivoluzionaria. Nel mostrarci all'esterno ci sentiamo ancora in dovere di manifestare aggressività, violenza ed intolleranza, le prime caratteristiche che noi stessi abbiamo bandito nella costruzione delle nostre realtà, di cui forniscono un immagine fondamentalmente distorta. Il rifiuto che sentiamo lo esprimiamo mediante le alternative con cui mettiamo in discussione ed attacchiamo lo schifo che ci circonda, non facendo la faccia cattiva alla prima occasione che ci si presenta, o rispondendo puerilmente a delle patetiche provocazioni. Determinati mezzi sono sicuramente necessari, ma anche a scopo difensivo risulterà molto più determinante la correttezza dell'informazione che fuori esce dalle nostre realtà e il livello di coinvolgimento che sappiamo dimostrare. La violenza è sintomo di debolezza nei confronti dell'avversario e del nemico, ma non per questo ne rifuggiamo o ne condanniamo l'uso: il punto è che dobbiamo prendere coscienza della forza invincibile ed inarrestabile di cui siamo in possesso, proprio in quanto portatori dell'unica alternativa razionale e valida non solo alle discoteche e all'eroina, che sono ovviamente soltanto dei sintomi, ma alla malattia del regime della violenza, della sopraffazione, della alienazione e dell'ignoranza: la nostra è la saggezza dell'autodeterminazione, dell'autogestione, della giustizia, della cooperazione e della solidarietà, in una parola della LIBERTÀ.

Luca Todini (Torgiano)