Rivista Anarchica Online
Ricordando Sante Cannito
di Bianca Tragni
Lo scorso maggio è morto a 96 anni
Sante Cannito, limpida figura di anarchico di Altamura (Bari). Su La
Gazzetta del Mezzogiorno dell'8 maggio è uscito questo simpatico ricordo del
nostro compagno.
«Mest Sant», l'anarchico ultranovantenne di Altamura, forse l'ultimo anarchico storico di Puglia, non
è più. È
andato a «concimare la terra» come diceva parlando della morte, lui che non credeva a una vita oltre la morte,
ma che cercava in questa vita le cose grandi, eterne, assolute: la libertà, la giustizia, la fratellanza,
l'indipendenza
e la federazione tra i popoli. Sante Cannito era nato povero, ad Altamura nel 1898, ed è morto povero
a Isernia
presso un nipote dove era andato occasionalmente, quest'anno, dopo aver attraversato quasi un secolo di storia
sociale e politica italiana e mondiale. L'unica ricchezza della sua infanzia fu l'aver frequentato la scuola
elementare con un buon maestro, in tempi in cui l'analfabetismo toccava 1'80% della popolazione. «Sui banchi
ho imparato che la storia è maestra di vita - diceva - e ho cercato di sapere». Con quest'ansia di
conoscenza della storia, entrò nella storia: andò in guerra a 18 anni, a combattere sul Carso;
visse la miseria e il dramma del dopoguerra; partecipò alle prime cooperative messe su da Tommaso
Fiore; vide
nascere con sgomento il fascismo («fu la fame per tutti i lavoratori»); affrontò l'avventura
dell'emigrazione in
America. Lì si sprovincializzò entrando in contatto con emigrati non solo del suo paese
d'origine, ma d'ogni
parte del mondo, accomunati dallo sfruttamento e dall'oppressione. Fece causa comune con loro per difendersi
dal padronato, si sindacalizzò, cominciò a leggere avidamente libri e riviste. Ma il fatto
che determinò la svolta della sua vita fu l'arresto e la condanna alla sedia elettrica di Sacco e
Vanzetti, i due operai italiani accusati ingiustamente di un omicidio non commesso. L'amico altamurano Orazio
Despota una sera lo condusse alla Casa del Popolo di Brooklyn a sentire un comizio contro l'arresto dei due
sindacalisti. Da allora Sante Cannito non si dette più pace: partecipò ai cortei di protesta, alle
manifestazioni,
al processo. Quella somma ingiustizia, sommata a tutte le altre cui assisteva quotidianamente, magari
avallate dalle leggi
degli Stati, lo convinsero che l'unica verità fosse l'anarchia, l'unico ideale la libertà.
Cominciò a leggere, lui con
pochi anni di scuola elementare, i classici del libertarismo europeo da Kropotkin a Malatesta, da Bakunin a
Stirner, da Kaminski a Berneri, da Nietzsche a Cafiero, da Goldman a Fabbri, Cavallotti, Cattaneo. Gli stessi
libri che gli sono stati compagni fino alla morte, nell'unica libreria della sua modesta casa dove mai erano entrati
un televisore o un'immagine di santi. Il suo anticlericalismo era puro e integrale come il suo antifascismo.
Era contro tutte le tirannidi, compresa
quella comunista da cui metteva in guardia i numerosi giovani che negli anni '70 gli si strinsero intorno, in cerca
di qualcosa di più vero e di più pulito nell'impegno politico. Tutta la sinistra giovanile
germinata dal '68 si
rivolse spontaneamente a Sante Cannito. Bastava bussare alla sua porta e presentarsi: «Siamo compagni
anarchici». Lui li guardava negli occhi, col suo sguardo puntuto e penetrante, socchiudendo gli occhietti chiari
e profondi e diceva: «Entrate!». Cominciava così il suo magistero politico e morale. Parlava loro
delle sue idee, delle sue esperienze, ma
soprattutto li invogliava a leggere, dava loro i suoi libri più cari. Se l'espressione non suonasse un po'
blasfema
si potrebbe dire che in quegli anni esercitò un sacerdozio laico della libertà. Ma non a caso, lui
ateo, ebbe un
unico figlio che si fece pastore evangelico. Del predicatore aveva l'entusiasmo, del credente aveva la fede
incrollabile che non scende a compromessi con nessuno. Perciò rimase isolato ma non inattivo.
Contestatore
dolcissimo ma deciso, era sempre presente nei dibattiti e nelle discussioni, pubbliche e private, anche da
vecchio. Da giovane, sin dal rientro in Italia dagli USA, aveva mantenuto contatti con tutto il movimento
anarchico
pugliese, italiano e spagnolo, attraverso la Federazione Anarchica Iberica (FAI), partecipando ai suoi congressi
e ricevendo tutte le riviste. Riteneva che la grande sciagura per i lavoratori fosse stata la scissione tra socialisti
e anarchici del 1892. Ma i traditori dell'idea per lui erano i socialisti, poi diventati massoni. Nella stessa
Altamura ricordava l'esistenza di un circolo dal titolo «Il libero pensiero» cui aderiva l'intellighentia
laica di allora (ingegneri, giudici, impiegati, professori, commercianti, muratori) ma che poi si sciolse dando
vita a una loggia massonica e alla sezione altamurana del Partito Socialista Italiano. E un altro circolo intitolato
«Leone Tolstoj» fondato da scalpellini evangelici con una cooperativa di muratori. Anche Sante Cannito, che
nella sua biblioteca aveva anche le opere di Tolstoj, Dostojewski, Hugo, Zola, fu un ottimo muratore e molti
edifici importanti di quel tempo ad Altamura portano il segno della sua arte di fabbricare. Ma la sua
migliore «fabbrica» è stato il suo ideale anarchico vissuto fino all'ultimo, con l'entusiasmo di un
ventenne. Quando nell'89 cadde il Muro di Berlino egli esclamò: «contro tutte le ideologie, specie
quella del
consumismo e della distruzione della natura». Questo suo ecologismo ante litteram è forse il testimone
che ha
lasciato agli epigoni dell'anarchia pugliese di oggi, quei giovani che spontaneamente lo scelsero per maestro
e amico negli anni caldi della contestazione e oggi si battono per salvare la Murgia e il suo ambiente.
Grazie, «mest Sant».
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