Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 204
novembre 1993


Rivista Anarchica Online

Consumismo sessuale

Intendo dare un contributo alle riflessioni poste da Larosa con la lettera «Io maschio, potenziale stupratore», comparsa sul n. 202. Lo stupro a mio awiso, come probabilmente tutte le pratiche di coercizione violenta, è un comportamento, una azione che sottende ad un atteggiamento dell'individuo nei riguardi dei propri simili di altro sesso e non. Se lo osserviamo come fenomeno diffuso in tutte le società ed in tutte le epoche, non compiremo secondo me una grossa forzatura se lo definiremo come un comportamento che sottende ad una cultura diffusa. Se dunque individualmente lo stupro potrebbe anche essere inscritto fra gli eccessi violenti di aggressività proprio delle psicopatologie o di qualche stato di alterazione psicofisica, noteremo peraltro come una simile spiegazione non regge in alcun modo se applicata ad un punto di vista macroscopico, di fenomeno sociale del problema.
Qual è dunque quella cultura, alcuni direbbero sottocultura o pseudocultura, che sottende ed in qualche modo giustifica lo stupratore? Come si connota, come si insinua, come si riproduce nella società? Indubbiamente il gallismo, l'esaltazione della virilità maschile, ha una grossa influenza su questa cultura. Il gallismo, oggi più forte che mai, non è mai stato scalfito dal processo di civilizzazione cosiddetto, né dai terremoti ideologici e culturali dei decenni passati. Anzi, le libertà concesse dalle civiltà occidentali annoverano fra le più «rivoluzionarie» proprio quella della libertà di costumi; si tratta di una libertà di marca prettamente borghese, autoritaria, visto che non intacca minimamente i rapporti di potere fra i due che intendono compiere un amplesso, il dominatore e la dominata. Il linguaggio del sesso, quello diffuso, parlato, non quello scientifico, è caratterizzato dall'uso di termini scurrili e volgari la cui origine, non a caso, si perde nel tempo. Tali termini ripropongono i medesimi, antichi rapporti di potere; il tranello in cui purtroppo anche molte donne sono cadute è stato proprio quello di far proprio questo linguaggio, un vero e proprio simulacro di libertà. Una rivoluzione culturale un po' troppo facile, senza battaglie, che avrebbe dovuto insospettire.
Il linguaggio dei dominatori maschi è entrato nell'immaginario femminile come il cavallo di Ulisse, ed è stato accolto come liberatore. E con il linguaggio le pratiche sessuali, il consumismo sessuale che svilisce ogni rapporto a ennesima conquista per il maschio ed ennesima liberazione per la donna. Non sembrano peraltro prospettarsi tempi migliori: basti pensare all'evoluzione dei sex-symbol cinematografici. Da Rodolfo Valentino a Schwarzenegger l'evoluzione ha riguardato unicamente le masse muscolari: qui, con il problema dello stupro, potremmo forse già individuare qualche connessione.
La soluzione, le soluzioni al problema, sono anche culturali e quindi politiche. Se le donne decidessero ad esempio di occupare gli spazi ed i tempi riservati ai maschi, come la notte, come i vari «bar dello sport», come il poter viaggiare e passeggiare ovunque senza essere molestate, e non solo nelle riserve protette, se dunque decidessero di lottare per tutto questo e per tanto altro ancora, allora assisteremmo forse al principio di un cambiamento epocale e lo stupro sarebbe inevitabilmente riconossiuto per quel crimine orrendo che è. Perché non boicottare chi vende cartoline o magliette o gadget dove il corpo femminile è mercificato e viturperato? Oppure chi produce, diffonde e trasmette brani musicali che inneggiano alla molestia sessuale come atto di liberazione sessuale? Purtroppo, le libertà che sono state e saranno sapientemente elargite sono accattivanti, facili, comode, funzionali al punto che lo stupro è rimasto nei secoli quello che è: uno spiacevole inconveniente. Un maschio che intendesse realmente non essere un potenziale stupratore dovrebbe inevitabilmente reclinare il seducente invito al privilegio che la società offre, accettando di essere un imbecille, un incomprensibile idiota.

Pelle (Rimini)