Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 204
novembre 1993


Rivista Anarchica Online

L'ipotesi municipalista
di AA. VV.

Il 30 maggio scorso si è tenuto a Bologna, nella Sala dei Notai in piazza Maggiore, un convegno sul tema «Autogestione comunitaria e cooperazione sociale». In queste pagine pubblichiamo il testo di alcuni degli interventi. Chi volesse approfondire l'argomento e/o stabilire contatti, può rivolgersi al «Coordinamento per la cooperazione sociale e l'autogoverno comunitario», ed in particolare all'Associazione «Arti e pensieri», via S. Donato 119 oppure via S. Giuliano 15/B, sempre a Bologna.

Oltre gli steccati
Care compagne e compagni, innanzi tutto vorrei ringraziare quanti hanno fatto in modo di poter essere presenti a questo incontro affrontando lunghe distanze.
L'impegno assunto da «Ar.Pe» di organizzare il convengo «Autogoverno Comunitario e Cooperazione Sociale» è sorto dagli incontri effettuati con alcuni gruppi operanti in diverse parti d'Italia.
Dal primo incontro del settembre '92 avvenuto al Vanka Tanka si sono succeduti altri due incontri a Bologna e Mantova, da questo lavoro è nato un progetto tendente ad un preciso obiettivo: mettere in collegamento tra loro tutte quelle realtà che hanno nel loro agire sociale e politico il fine di promuovere diversi rapporti sociali tra i cittadini, le persone, le figure economiche.
Come suol dirsi il tema è ampio ed articolato, ed assume contorni al cui interno si muovono tutte le tematiche di fondo che definiscono quell'utopia del vivere fatta di una costante e tenace resistenza a tutto ciò che offende la dignità umana.
Nel corso degli anni '80, il fenomeno della polverizzazione delle esperienze, l'isolamento individuale di molti, le difficoltà di operare fattivamente sul terreno dell'antagonismo hanno di fatto facilitato quell'importante fenomeno che si è concretizzato nella attivazione di una miriade di azioni, individuali e collettive, fatte di esperienze di lavoro, di iniziative politiche sui temi più diversi, di una resistenza sui posti dì lavoro che sta mettendo seriamente in crisi il ruolo e la legittimità rappresentativa dei sindacati confederali, così come hanno dato vita ad importanti battaglie sul fronte ecologista.
Vi è un filo che considero comune e che desidererei fosse ancora più comune, che collega tra loro queste esperienze: è la tensione verso il superamento delle ideologie e degli steccati che hanno diviso l'antagonismo.
Là dove si sono realizzate esperienze che hanno attuato questo metodo si sono verificati importanti risultati, così come quando l'operatività delle azioni si è indirizzata verso i temi economici molto spesso si sono raggiunti obiettivi che hanno avuto il merito di garantire almeno il soddisfacimento dei più elementari bisogni di questa società complessa e dispendiosa, cioè si sono dimostrati economicamente validi di per sé.
Inoltre molto spesso queste esperienze hanno vissuto di una marginalità estrema rispetto ai processi economici dominanti, una sorta di mercato parallelo che si interroga sul come interagire, e se interagire, con quello basato sullo sfruttamento, irrazionale per di più, di tutto ciò che può determinare profitto.
Il lavoro è sempre stata una delle categorie fondanti sia del controllo che della liberazione e chi ha intrapreso attività economiche sempre lo ha fatto per tentare di spezzare le catene poste da «un certo tipo di lavoro», quello salariato in primis.
Dalla liberazione dal lavoro salariato inizia il processo di emancipazione, dal produrre beni socialmente utili, strettamente vincolati ai valori sociali che determinano il consumo, prende corpo quel processo economico che è il reale momento di cambiamento nello stile di vita di ogni persona.
Ed i valori economici si saldano ai valori sociali in quanto sono le stesse categorie che ne sostanziano il procedere, la cultura del rapporto equo e solidale dovrà, non solo interessare rapporti con paesi extraeuropei, ma diventare il «modus operandi» di un movimento, in divenire, certo, ma oramai ben radicato, la cui progettualità complessiva non può essere altro che il risultato del continuo confronto ed approfondito dibattito tra le varie esperienze.
Certo è che non è più tollerabile il ripresentarsi, anche sotto mentite spoglie, di un qualsiasi tentativo di riproporre forme organizzative basate su principi di chiara ispirazione autoritaria o determinati da trasformismi repentini; chi ancora crede ed è convinto che il far politica significhi sovradeterminare il movimento reale delle cose, che quello che conta è guidare le masse riproponendo forme culturali e di prospettiva storicamente e definitivamente superate, è bene che venga subito disilluso, non è questo che si vuole.
Il tema della cooperazione sociale vede che la più ampia collaborazione e 1a realizzazione degli intenti comuni si danno «nella scoperta, attraverso l'associarsi effettivo, delle ragioni necessarie dell'associarsi stesso. Ci associamo per elaborare insieme una prospettiva ed una linea di comportamento comune; e per provvederci dei mezzi adeguati a realizzarle» (P.M. Toesca Eupolis N.4-5 '91).
I temi su cui tutti stiamo lavorando:
- governo del territorio;
- autogestione e federalismo;
- autogoverno comunitario;
- controllo e gestione del territorio (municipalismo, comunalismo ed ecologia sociale);
- matrice politica: libertaria contro autoritaria;
- rapporto con lo stato.
Proposta operativa:
Arti e Pensieri (e se vi è disponibilità anche con altri coordinamenti) si rende disponibile a fungere da momento coordinatore delle informazioni relative alle esperienze maturate nelle diverse situazioni.
Facilitare il confronto ed il dibattito realizzando un foglio di collegamento periodico ed alcune riviste che si sono rese disponibili a tale fine. Si possono ipotizzare anche forme di collegamento di tipo informatico. Il progetto richiede anche forme di finanziamento per cui è determinante che si crei un fondo economico per sostenere le spese.
I principi che ne hanno sorretto la realizzazione sono molto semplici, basati su una analisi della situazione che coinvolge le forze di opposizione che a diverso titolo e da diversi punti di vista stanno lavorando per definire metodiche che abbiano come fine l'emancipazione dell'individuo dal giogo degli apparati di potere.
In questa prospettiva si inseriscono quindi le strutture organizzate che hanno aderito a questo primo incontro nazionale, che seppur nelle rispettive diversità hanno in comune molti aspetti.
È tempo di trovare convergenze ed unità di intenti, lo sfascio storico ed ideale delle forze sedicenti progressiste, la disillusione sorta dopo le evidenti connivenze tangentizie, la palese struttura di un governo fatto per salvare il ceto padronale, non è un caso che le banche si prevede possano entrare a far parte delle società, convogliando così il risparmio a sostegno del capitale, il tutto naturalmente a tassi agevolatissimi; sono tutti elementi che sostanziano la possibilità di uno sviluppo delle iniziative rivoluzionarie.

Nerio Casoni

Noi a Spezzano Albanese
Considerando estremamente utile l'incontro che oggi si tiene a Bologna fra le varie «realtà che operano sulle tematiche municipaliste, dell'autogoverno comunitario e della cooperazione sociale», e non potendovi partecipare in maniera diretta per impegni che ci trattengono quaggiù, abbiamo ritenuto utile prendere carta e penna per offrire ai convenuti, ai quali per l'intanto rivolgiamo un caloroso saluto, un modesto contributo a testimonianza della nostra esperrienza municipalista territoriale.
Ci siamo costituiti come struttura all'incirca un anno fa, in piena campagna elettorale amministrativa. Lo stimolo ci è stato offerto dalla proposta avanzata dal locale Gruppo Comunista Anarchico nel corso della sua campagna astensionista in occasione delle elezioni amministrative.
Praticamente, nel bel mentre i Partiti politici del luogo erano impegnati nella loro campagna elettorale per la conquista di un comune commissariato della Prefettura in seguito ad una ventennale attività amministrativa clientelare, corrotta e corruttrice, gli anarchici, che avevano per un ventennio rappresentato nel luogo l'opposizione sociale al clientelismo, ai ricatti ed alla corruzione amministrativa, spiegano per l'ennesima volta alla comunità il perché della loro scelta astensionista e rilanciano il discorso autogestionario avanzando la proposta di essere pronti ad andare a discutere con tutte le persone interessate alla costituzione di una struttura municipalista di base, alternativa all'istituzione amministrativa, per fronteggiare in maniera diretta ed autogestionaria tutte le problematiche sia territoriali che relative al mondo del lavoro.
Considerando che la proposta avanzata era stata positivamente accolta da larghe fasce della collettività, sempre in piena campagna elettorale, in una vivacissima assemblea cittadina in merito organizzata, si costituisce il Comitato Promotore per la Federazione Municipale di Base, che raccoglie aderenti sia fra gli astensionisti che fra coloro intenzionati a votare ma non a concedere delega in bianco agli eletti. Cosicché, nel dopo elezioni, mentre la nuova amministrazione comunale andava insediandosi, il Comitato Promotore per la Federazione Municipale di Base discuteva e ratificava lo Statuto, da un'apposita commissione elaborato, dando ufficialmente vita alla F.M.B.
In questo primo anno di esperienze municipaliste di base i risultati raggiunti dall'impegno autogestionario nel sociale sono nel luogo a tutti palesi:
a) messa in discussione delle tariffe riguardanti le tasse comunali e soprattutto quella riguardante l'acqua, con l'approvazione delle nuove tariffe in un'apposita assemblea cittadina dinanzi alla quale il Sindaco si è impegnato a rispettarne la volontà;
b) contro la scellerata politica delle privatizzazioni di cui godono impresari senza scrupoli, corrotti e corruttori, si è costituita la Cooperativa di Servizi «Arcobaleno», per fare in modo che il denaro che la collettività dà in tasse al Comune diventi lavoro autogestito per disoccupati della collettività.
La Cooperativa è pertanto interessata soprattutto ai servizi di parte della nettezza urbana, del verde pubblico, della manutenzione della rete idrica e fognaria ed in prospettiva in servizi in campo agricolo ed edile.
Inoltre, proposte per la difesa ambientale, per il pieno rispetto dell'autonomia delle associazioni culturali e ricreative presenti nel luogo, da concretizzarsi in regole precise che garantiscono a tutte gli stessi diritti per porre fine alla logica clientelare e repressiva: sono questi ulteriori esempi dell'impegno futuro che ci attendono.
Questa in sintesi la testimonianza della nostra esperienza, a cui alleghiamo lo Statuto della F.M.B. e qualche documento dalla stessa elaborato: auspichiamo che il tutto possa interessare le varie realtà presenti al Convegno, così come a noi interessa il ricevere materiale documentario di chiunque operi come noi in maniera autogestionaria nel sociale.
Auspichiamo inoltre un proficuo rapporto di interscambio delle esperienze di autogoverno che ci contraddistinguono, ed un esito positivo al Convegno, di modo che si gettino, perché no, le basi per un «coordinamento operativo tra le varie esperienze», coordinamento che potrebbe stimolare le esperienze di ognuno federandole in prospettiva alle esperienze di altri, in piena sintonia, dunque, con il metodo antigerarchico dell'autogoverno comunitario.

Municipalisti di base Spezzano Albanese (CS)

Per esempio, Marinaleda
Ringrazio i compagni che hanno organizzato questa interessante iniziativa; si sentiva da tempo il bisogno di sedersi a parlare insieme e di riuscire a vedere, soprattutto dopo gli anni '80, dopo questa fase di resistenza e di una militanza fine a se stessa, di iniziare un ragionamento comune su esperienze di autogestione e di autogoverno.
Il mio breve intervento si baserà su due riflessioni, la prima sulla esperienza di Marinaleda e delle realtà autogestionarie spagnole che sono tutt'ora presenti nella penisola iberica. La seconda su quella che è la realtà palermitana in questo momento a partire dall'89.
In Spagna, dopo la caduta del franchismo c'è stata una ripresa di una prassi autogestionaria sia di presenza che di rinascita del movimento anarcosindacalista, al di là delle spaccature che sono conseguite nel tempo. Si tratta di esperienze di collettivismo e municipalismo che la guerra civile, o meglio la rivoluzione del '36, aveva lasciato intravvedere.
Nel '77 a Marinaleda, un paesino dell'Andalusia, una lista civica di sinistra del sindacato della SOC, di ispirazione catto-marxista che adotta una metodologia di tipo anarchico, vinse le elezioni ed ebbe la maggioranza assoluta nel consiglio comunale.
Praticamente dopo l'insediamento del Consiglio fu proclamato il comune libero; questa esperienza di municipalismo fu organizzata a livello di commissioni, strutturata in assemblee settimanali dove si discutevano quelli che erano i problemi generali del paese (con circa 2.000 abitanti) con prevalenza di braccianti agricoli e che per molto tempo ha vissuto delle sovvenzioni e dei finanziamenti dello stato, un paese molto povero.
I temi trattati da queste commissioni toccavano argomenti come la casa, l'edilizia, l'antimilitarismo, il lavoro dei campi e la lotta al latifondo.
Esiste poi un livello istituzionale che ratifica le decisioni prese nelle varie assemblee, cioè in pratica il consiglio comunale vero e proprio che, al termine delle assemblee, si riunisce e ratifica le decisioni prese in sede assembleare.
E' chiaro che questa esperienza rimane sempre all'interno della situazione statale spagnola perché di fatto esiste un rapporto di mediazione con le istituzioni, regionali e centrali.
( ... ) Dal '77 fino ad oggi c'è stata una grande serie di iniziative che hanno cambiato il volto di questo paese, che era molto povero, privo di servizi. Si è fatta una campagna di costruzione di case, di nuovi edifici, è stato sviluppato un forte lavoro di cooperazione internazionale; sopratutto con il Nicaragua e il fronte del Polisario ed ultimamente per quanto riguarda l'iniziativa delle colombiadi e dell'expo di Siviglia, Marinaleda è stato il punto di riferimento per tutto il movimento antagonista spagnolo durante le manifestazioni che si sono svolte a Siviglia.
Rimane chiaro che il punto di forza è dato dal sindacato della SOC, sindacato contadino che si rifà come metodologia alla CNT, sezione braccianti, tanto è vero che spesso negli anni sono state organizzate delle iniziative comuni soprattutto quelle di lotta al latifondo.
Quella di Marinaleda, come comunità rurale, non è l'unica esperienza; ci sono la comunità anarchica andalusa, quella di Bineffer che un anno fa ha dato vita, unitamente ad altre due comunità, alla «comunità anarchica de campo» che era la vecchia federazione anarchica che raccoglieva le comuni contadine ed i villaggi autogestiti.
Si rifanno ad un discorso di rivalutazione e di intervento nelle campagne, ecologia e bioregionalismo e stanno tentando di collegarsi al più ampio movimento dei centri sociali in Spagna per un discorso di rete e di coordinamento nazionale più complessivo.
Esistono poi alcune esperienze nella zona dei Pirenei, ma si tratta di comuni più legate al mondo del circuito RAINBOW, che hanno in Italia il loro referente in AAM Terranuova.
Vi è un'altra comunità, Adelfas in Estremadura, comunità anarchica che da 15 anni vive in autogestione, queste esperienze sono interessanti perché continuano una tradizione che nel '36 ebbe la sua massima punta di esperienza storica.
Con l'entrata della Spagna nella CEE si sono definite nuove politiche agrarie che stanno condizionando fortemente i livelli di sopravvivenza di queste realtà, che stanno affrontando il grosso problema di definire livelli di produzione appropriati e corrispondenti alle esigenze del momento.
L'invito è quello di poter verificare concretamente queste esperienze che sono in continuo fermento dagli anni '70 e che lasciano intravedere possibili sviluppi futuri.

Antonio Rampolla

Nonostante Orlando
Per quanto riguarda questa realtà, andando oltre al solito luogo comune di mafia ed antimafia che vincolano il dibattito, c'è da dire che alla fine degli anni '80 abbiamo occupato un centro sociale che ha vissuto tre anni in autogestione, cercando di attivare un lavoro sul territorio che permettesse la creazione di strutture di autoproduzione, di pedagogia libertaria ed altre forme di autodeterminazione.
Ciò non ha avuto sviluppi a causa di due punti nodali:
- una incapacità nostra come compagni a rapportarci ed a fare un salto di qualità tra un vecchio tipo di militanza e le reali esigenze, denotando tutti i limiti che ci hanno accompagnato negli anni '80;
- altro fatto è la città in se stessa, con una forte presenza dello stato evidenziata dalla militarizzazione del territorio.
Vi è poi l'antimafia che condiziona ogni iniziativa in virtù di un processo di egemonia da parte di Orlando e la sua Rete. Infatti la maggior parte di quei settori detti «società civile» che un tempo erano interessanti ed interessati e che ora parteggiano per il «Principe» Orlando, nei confronti del quale è negata ogni forma di critica perché la Rete da questo punto di vista esprime una cultura integralista, non a caso nel periodo della seconda giunta Orlando si è dato vita ad un comitato cittadino COCIP A, che affrontava le varie problematiche sociali palermitane, funzionando egregiamente per un anno e diventando soggetto politico indipendente.
A questo punto padre Pintacuda della Rete e padre Sorge della DC hanno deciso, utilizzando la loro influenza su alcuni gruppi di società civile, di iniziare un lavoro di disgregazione creando grosse spaccature all'interno del comitato facendogli disperdere le capacità di intervento che aveva maturato.
Ultimamente l'aggregato di persone, di cui anch'io faccio parte, che ha partecipato all'esperienza del comitato ha puntato molto su un discorso basato sullo studio e la controinformazione, è stata prodotta una analisi sul bilancio del comune che si è trasformato in un libro (il controbilancio) dove viene mostrato come nei vari anni le diverse amministrazioni che si sono susseguite avevano speso i soldi, anzi come non li avevano spesi, e tra queste anche la decantata giunta Orlando.
Vi è certo una presa di coscienza per quello che riguarda discorsi di partecipazione diretta ma permane la cultura della delega e molti si aspettano che «il principe» risolva tutto, sussumendo al proprio interno anche tematiche di democrazia diretta.
Seppur diverso dai precedenti gruppi clientelari e mafiosi, non lascia intravvedere all'orizzonte cambiamenti radicali e, non ultima cosa da sottolineare, è che di fronte alla militarizzazione del territorio questi gruppi non hanno mai preso posizione in modo chiaro, anche se a volte hanno criticato tale militarizzazione, alla fine sempre hanno plaudito la presenza della Folgore e dei corpi scelti in Sicilia, così come mai hanno preso posizione nei confronti dei giovani morti ammazzati da carabinieri e polizia che in nome dell'ordine pubblico restano impuniti.
Da parte di coloro che hanno dato vita all'esperienza del centro sociale autogestito ci sarà il tentativo di riaprire il discorso e di ritentare più avanti una seconda occupazione legata a tutte le problematiche del centro storico vera cruna dell'ago ove passeranno i tentativi di liberazione della città o i rinnovati tentativi di dominio.

Antonio Rampolla

Palermo, centro storico
Nelle principali metropoli europee, i destini dei centri storici hanno seguito un tragitto pressoché simile: degrado e fatiscenza delle strutture - carenza di servizi pubblici e sociali - espulsione indotta degli abitanti - morte del tessuto sociale e produttivo - progetti di ristrutturazione e di recupero dall'alto - ingresso di soggetti forti - piani speculativi - acquisizione di spazi per imprese, uffici e studi professionali - decollo dei fitti abitativi - infine, vetrina di lusso per il governo della città.
Questo tragitto per tappe conseguenti ha rivoluzionato in peggio i centri storici espropriandoli agli abitanti ed ai cittadini per consegnarli come bene di prestigio per pochi eletti (danarosi). Anche Palermo si avvia su questa strada? Una risposta dissonante rispetto alle analoghe esperienze europee, dettate dall'omogeneizzazione forzata di un modello dominante mentalmente, politicamente e urbanisticamente, può venire solo dalle forze coalizzate di chi progetta un futuro differente per la città di Palermo ed il suo centro storico.
Un progetto vivibile a misura degli abitanti, delle loro esigenze, del tessuto sociale e produttivo, di ben vivere e della fruizione pubblica di un bene collettivo quale è la memoria storica delle civiltà di una Palermo felix ormai sepolta sotto degrado civile e culturale e speculazioni politico-mafiose.
Un tale progetto necessita di alcuni presupposti di fondo per la sua elaborazione e la sua realizzabilità realmente dissonante rispetto ai modelli dominanti:
- controllo costante e quotidiano da parte dei cittadini per prevenire speculazioni e manovre poco trasparenti ad opera di enti locali e di concezioni privatiste del bene collettivo;
- elaborazione di un contro-progetto di vivibilità per il centro storico a misura di uomo, di donna, di bambino e di anziano;
- costituzione di cooperative di auto-costruzione per la ristrutturazione ecologica del centro storico, con la previsione di verde, servizi pubblici e sociali, di fonti energetiche non dannose;
- costituzione di assemblee cittadine e di quartiere per l'auto-governo del territorio, parallelamente e al di fuori degli organismi istituzionali (consigli di quartiere, municipio, provincia, regione) in cui esercitare partecipazione diretta e non delega in bianco.

Circolo anarchico «30 febbraio» (Palermo)