Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 202
estate 1993


Rivista Anarchica Online

Arrivano gli esperti
di Filippo Trasatti

Apriamo una pagina a caso di un giornale. In questi giorni ad esempio si parla di maturità, e troviamo puntualmente l'opinione degli esperti che ci spiegano come un certo tema andrebbe svolto o perché la sua formulazione è inadeguata a verificare la preparazione dei candidati. Ma qualunque sia l'argomento, qualunque il media utilizzato, giornale, radio, TV, il ricorso ad esperti è diventato ormai, almeno per me, opprimente. Ci sono redattori che hanno il compito di contattare telefonicamente esperti (più o meno tuttologi) e di sentire la loro opinione sull'ultimo argomento in discussione. Il continuo ricorso ad un esperto lo accredita sempre più, cosicché più difficilmente riusciamo a liberarcene, schiacciati dal peso delle sue innumerevoli opinioni. Questa moltiplicazione a dismisura delle autorità comporta una competizione, molto spesso fittizia, tra esperti di cui non riusciamo a cogliere le ragioni profonde e con i quali non riusciamo a schierarci (ammesso che sia necessario e auspicabile) perché ci mancano i dati necessari a comprendere un problema. E alla fine ciò che conta non è affatto la ponderata riflessione, la discussione pacata e approfondita (per quanto non risolutiva) di un problema, ma altre ragioni umane, troppo umane.
La prima mossa necessaria è quella di farsi un proprio elenco delle priorità perché di tutto è impossibile occuparsi. E poi studiare il problema a fondo, mettendo in campo interessi, motivazioni, rischiando anche la sicurezza del proprio punto di vista, senza mollare davanti alle numerose difficoltà che inevitabilmente ci troveremo ad incontrare. Lo stesso modo di porre il problema condiziona profondamente i risultati che otterremo, perché nessun problema è neutro e si dà nudo alla nostra osservazione. Si dovrebbe insomma riuscire a sospendere fino alla fine di un esame approfondito, da scettici, l'opinione degli esperti e provare a trovare da sé le ragioni per accettare o rifiutare una soluzione. Il pamphlet di Brian Martin, L'esperto è nudo, pubblicato quest'anno da Elèuthera, offre un metodo e un insieme di esempi di come si possa opporsi con successo al potere degli esperti o meglio, a quella che una volta si chiamava tecnocrazia: «il regime degli esperti o di coloro che sono in grado di far uso degli esperti» (Jacques Ellul). L'indice si articola in quattro sezioni che hanno peso e importanza diversi per il nostro discorso.
: mettere in discussione i dati: sui «dati» si gioca la prima battaglia importante. Ciò che è dato infatti assume quasi un valore sacrale perché non può essere messo in discussione. Si dice: «è un dato di fatto che...» per eliminare dalla discussione qualcosa e allo stesso tempo per farla pesare come un masso. I dati di fatto sono come buchi neri che attraggono pur essendo invisibili, che sottraggono energia e vitalità al discorso e che possono essere contestati trovando il non detto dei dati, le interpretazioni alternative che ammettono e infine ricontestualizzandoli in una cornice diversa. Un solo esempio: l'aumento (o la diminuzione) dei morti per droga è un «dato» che viene utilizzato dagli esperti per avallare una legge, per determinare una certa politica governativa. Ognuno può da solo ben considerare a quante interpretazioni diverse si presti quel dato. È sulla manipolazione e sulla selezione dei dati pertinenti e sulla gerarchia che ad essi viene assegnata che si giocano molte partite importanti.
: mettere in discussione i postulati: in altri termini si potrebbe dire mettere allo scoperto i fondamenti ultimi sui quali si basa il discorso. Per riprendere l'esempio della droga, uno dei postulati inespressi è che la droga porta alla perdita del controllo degli individui e che perciò la società non dovrebbe consentire questo addio alla ragione da parte dei suoi membri. Si può notare come dietro questo postulato, spesso inespresso (e che una volta espresso appare falso) ci siano altri postulati, come in altre parole si creino delle catene ascendenti fino ad arrivare a dei valori che si assumono come primi e che non si accetta di mettere in discussione. Ma mettere in discussione non significa rinunciare e non significa affatto (cosa che sarebbe contraddittoria) che i diversi valori si equivalgano. Gli anarchici postulano dei valori («gli uomini nascono uguali...») che non sono assoluti dato che non c'è un'autorità assoluta cui affidarsi, sui quali si può argomentare con l'uso della ragione e con il riferimento alla storia. Negare questa possibilità di argomentare intorno a valori diversi significa accettare l'incomunicabilità e questo rende indubbiamente più difficile essere cittadini del mondo.
: screditare gli esperti: restituire gli esperti alla dimensione umana, alla fallibilità, alle intrinseche motivazioni che li fanno schierare da una parte piuttosto che dall'altra, alla loro storia personale e pubblica. Metterli uno contro l'altro, citazione contro citazione se non li si può avere in carne e ossa. Trovo che uno degli effetti indesiderati ma utili dei dibattiti televisivi sia quello di mettere in luce la vulnerabilità dei cosiddetti esperti. Ma come, il tal professore viene ridicolizzato in questo modo dal suo avversario? L'autorità del tale assume un carattere diverso se la si trova scritta sul giornale o in un libro, oppure se lo si vede in persona mentre parla meglio se dal vivo. Entrano in gioco altre dimensioni della comunicazione che, a differenza di quella verbale, sono difficilmente controllabili.
: screditare il mito della competenza: questo è certamente il punto più difficile e più importante. Qui entra in campo la Scienza con la maiuscola, con tutto ciò che essa rappresenta per la nostra società e per la nostra vita quotidiana. Le indicazioni di Martin sono in questo caso insufficienti e forse anche ingenue. Con animo tranquillo l'autore fa un'osservazione che è di portata capitale: «è ormai acquisito che la conoscenza scientifica non è un percorso univoco verso la verità» (78). Ma acquisito per chi? Per un ristrettissimo numero di epistemologi. Ma per la maggior parte della gente questo resta il presupposto inespresso su cui si basa la fiducia negli esperti. La Scienza ha, nella nostra cultura, acquisito di fatto la posizione unica di detentrice della verità. Una verità che spesso non è rivelabile, perché può essere compresa solo da pochi iniziati ma che col tempo potrà portare a tutti nuove conoscenze sul mondo. Che c'è un'unica vera modalità di conoscere il mondo, questa è l'immagine diffusa della scienza. Ma per smontarla occorre ben altro che i consigli di Martin. Abbiamo bisogno di pensatori come Paul Feyerabend, di Ivan Illich, di Jacques Ellul che coraggiosamente si oppongono al postulato comune per mostrare altre strade del pensiero che non possono non tradursi in una diversa concezione della vita e della società.