Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 199
aprile 1993


Rivista Anarchica Online

Esorcismi vecchi e nuovi
di Carlo Oliva

Va be' che agli anarchici le scadenze elettorali non interessano, ma spero che avrete notato anche voi come attorno all'ormai prossimo referendum del 18 aprile si stia creando un clima molto strano: tanto più strano se si pensa che, a quanto assicurano unanimi gli esperti, si tratta di una consultazione dall'esito largamente scontato. In effetti, attenendosi ai soli quesiti di modifica delle leggi elettorali (gli altri mi sembrano piuttosto di contorno, salvo quelli relativi al finanziamento pubblico dei partiti e alla Jervolino-Vassalli, che presentano problemi propri di cui qui non posso occuparmi) sembra che già al momento in cui scrivo il cinquantasei per cento dei cittadini sia ben deciso a votare sì, come d'altronde gli viene suggerito da tutti, dicesi tutti, i grandi mezzi d'informazione, dalla stragrande maggioranza dei partiti rappresentati in Parlamento e dalla totalità dei nuovi movimenti emergenti, quali che siano (per non dire di certi eminenti personaggi che, visto il ruolo istituzionale che coprono, farebbero meglio a tenere la bocca chiusa). Eppure se ne parla come se fossimo, una volta di più, all'ultima spiaggia, come se da questo voto dipendesse chissà che cosa.
Domenica 20 marzo, tanto per intenderci, il direttore del Corriere della Sera si è disturbato a scrivere e a firmare un fondo, "La vittoria non basta", in cui spiegava appunto che non a vincere bisognava mirare, ma a stravincere, perché un'affermazione di stretta misura dei "sì", per le istituzioni democratiche, sarebbe stata altrettanto letale di una vittoria dei "no" se non forse peggio (come se una percentuale del 56% di favorevoli a quattro settimane dal voto non configurasse già da sola una stravittoria di tutto rispetto, ma evidentemente per un'ultima spiaggia che conti ci vuole un po' di suspense).
Quanto a Repubblica, nella stessa domenica ha pubblicato in una delle sue prestigiose pagine economiche uno strano articolo in cui, confondendosi un po' tra il 18 aprile del '93 e quello del '48 (quando, se non ricordate, i democristiani ci salvarono dal comunismo), si riusciva a supporre che, oggi come allora, l'incertezza sull'esito del confronto potesse spingere famiglie e imprenditori a imboscare i capitali all'estero, con grave nocumento per l'economia nazionale.
Avranno ragione loro (non quelli che imboscano i capitali, ma i fautori del sì), figuriamoci. Sono in maggioranza e le maggioranze in democrazia hanno sempre ragione, soprattutto quando sono sospinte dal vento del cambiamento. Certo, però, che per costituire una maggioranza così travolgente e così decisa a trasformare il paese, gli esponenti di quel fronte sono straordinariamente riluttanti a motivare nel merito la loro proposta. Ci assicurano che bisogna cambiare e che l'approvazione dei quesiti referendari segnerà un cambiamento, che è senz'altro vero, ma un poco ovvio, e anche irrilevante, visto che quel che conta è il tipo di cambiamento cui si va incontro, e ci garantiscono che i futuri parlamentari potranno esprimere dei governi stabili e nella pienezza dei loro poteri, che anche questa non è poi quella gran garanzia, perché i governi deboli e incapaci sono una grave iattura, certo, ma questo non vuol dire che basti avere governi forti e capaci per dormire tutti sonni tranquilli. Non vorrei sembrare inutilmente demagogico, ma è successo talvolta che sotto governi un po' troppo
forti i sonni dei cittadini siano stati turbati dal brusco bussare alla porta, in piena notte, dei carabinieri, o di chi per loro.
Qualcuno, non ne dubito, avrà cercato di entrare nel merito, ma nella canea generale non si è fatto troppo sentire. In compenso si sono fatti sentire, e come, quelli che ricorrono all'antica tecnica dell'esorcismo. Mi spiego: quelli che spiegano, tutti seri, che comunque per il no vota Craxi e che questo taglia la testa al toro, perché "per la sua stessa presenza attiva nel fronte proporzionalista Craxi restituisce alla battaglia per il no... il suo autentico significato" come a dire che "comunque lo si agghindi.. si tratta puramente di una battaglia per la conservazione di quanto è più possibile del vecchio regime politico e della logica dei vecchi partiti" (sempre sul Corriere della sera, venerdì, 19 marzo, ad opera di qualcuno che evidentemente pensa che le dirigenze della Dc, del Psi, dello Psdi, del Pli, del Pri e Pds, tutte schierate per il sì, con il vecchio regime e la logica dei vecchi partiti non abbiano nulla a che fare). O quelli, come il senatore Boato, per cui (Corriere della sera, sabato 20 marzo) i no sono il "frutto di veteroestremisti di sinistra", tra i quali il vecchio trasformista non annovera evidentemente Craxi, anche se lo imporrebbe la proprietà transitiva, ma quei suoi colleghi verdi che la pensano diversamente da lui, e che rappresentano solo "una vecchia componente di estrema sinistra", che pecca, oltretutto, di scarsa coerenza. Da che pulpito.
Beninteso. Anch'io, che, personalmente, resto abbastanza convinto che il sistema proporzionale sia comunque una conquista democratica cui, se proprio si vuole votare, sarebbe stolto rinunciare, non posso fare a meno di trovare che lo schieramento dei sostenitori del "no" si sta configurando come un'armata Brancaleone mica male. Ma, ahimè, non è questo il punto. Anche nello schieramento del si c'è un mucchio di gente con cui non mi piacerebbe farmi vedere assieme nemmeno da morto, e non mi riferisco solo al senatore Boato, a fianco del quale si notano, tra gli altri, il presidente Amato, l'onorevole Bossi, il senatore Agnelli, il dottor Abete e quant'altro. Certo, un referendario democratico e riformista, un serio ammiratore del tenero Occhetto, potrebbe ribattere che, nella lotta politica, può sempre capitare di trovarsi a fianco di strani compagni di giochi. Ma questo, naturalmente, dovrebbe valere per tutti.
Il fatto è che il nostro ceto politico non vuole entrare nel merito di questi problemi perché non ne è capace. I politici italiani, protagonisti e commentatori, sono avvezzi da sempre a suscitare dei fantasmi da esorcizzare: non chiamano mai le masse a raccolta attorno ai meriti propri, ma le aizzano sempre contro il pericolo rappresentato dai demeriti altrui. Orbati dal servizievole spettro che una volta si aggirava per l'Europa, una volta capito che ormai è difficile spaventare la gente con la prospettiva dei cosacchi abbeveranti i cavalli in piazza San Pietro, non hanno saputo trovare di meglio, come schema ideologico-culturale, dell'antitesi tra il vecchio e il nuovo, e, come babau, del fantasma della partitocrazia, contro il quale, con sublime sprezzo del ridicolo, stanno febbrilmente cercando di montare un nuovo 18 aprile che ormai si sta configurando come la loro vera "soluzione politica".
Buon pro gli faccia: noi, certamente, abbiamo cose più serie a cui pensare. Ma ci resta un dubbio. Quando avranno vinto anche questa battaglia, che cosa d'altro si inventeranno, 'sti deficienti?