Rivista Anarchica Online
Quando una democrazia muore
di Furio Biagini
«Dunque:indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione di denaro
pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con
gli industriali, con i banchieri, connivenza con la mafia, alto tradimento in favore di una nazione straniera,
collaborazione con la CIA, uso illecito di enti come il SID... e magari distribuzione borbonica di cariche
pubbliche ad adulatori...Ecco l'elenco "morale" dei reati commessi da coloro che hanno governato l'Italia negli
ultimi trent'anni, e specie negli ultimi dieci...».
Così scriveva nel 1975 Pier Paolo Pasolini sul «Corriere della Sera » ed a vent'anni di distanza questa
«lettera
puritana» conserva ancora oggi tutta la sua attualità. E' cronaca di questi mesi. Ministri inquisiti,
parlamentari
accusati di corruzione e favoreggiamento, imprenditori in manette per finanziamenti occulti, bustarelle, tangenti.
Partiti e lobbies finanziarie ed industriali che si sono letteralmente mangiati una gran fetta d'Italia. Lo scandalo
di regime si estende a vista d'occhio di giorno in giorno e la politica, che ci insegnavano dovesse essere governo
complessivo della cosa pubblica alla luce di una particolare concezione di un bene comune, è tornata
a scadere,
dopo la breve estate dell'immediato dopoguerra che vide l'attiva partecipazione della grandi masse popolari e
degli intellettuali alla vita del paese, nel malaffare e nella sopraffazione.
Per anni tutti hanno saputo che ai vertici delle istituzioni stavano dei ladri, ma tutti hanno fatto finta di non
vedere. Adesso all'improvviso, la gente, i cittadini, di ogni ceto e di ogni età, sdegnati ed arrabbiati
scoprono che il regime è corrotto ed applaudono i giudici che con le loro inchieste hanno
«scoperchiato»il marciume
nazionale. La magistratura e le forze dell'ordine vengono così contrapposte alla corrotta società
politica, e
novelli paladini, assurgono a salvatori dello Stato rivelando un potere improvvisamente privo di contrappeso.
Ci si dimentica che fino ad ieri quegli stessi giudici hanno mandato assolti mafiosi, coperto le stragi di Stato,
protetto i potenti e i loro servi. In tutti gli altri paesi europei, dalla Spagna alla Francia, dalla Germania
all'Inghilterra, ma pure negli Stati Uniti e nel Giappone, si scopre la stessa corruzione del sistema politico e
l'intreccio perverso tra politica e affari.
Anche se la decomposizione del nostro sistema politico resta insuperabile, tutto questo è il segno che
la crisi della democrazia rappresentativa non è solo un fenomeno italiano. La situazione non invita
all'ottimismo, e allo
stato attuale delle cose si può solo prevedere che la sfiducia nelle istituzioni generata dal degrado della
politica
spingerà la società civile alla ricerca di capi «incorruttibili» e «virtuosi» (Bossi o Fini?). La
crisi è sicuramente grave e la democrazia malata come non lo era mai stata al tempo del fascismo.
Il problema di una democrazia che muore riguarda anche gli anarchici, e tutti colori per i quali giustizia e
libertà non sono solo vuote parole, perché se muore schiacciata da chi la nega non avremo altro
che leggi liberticide o nel peggiore dei casi i campi di concentramento. La sinistra tradizionale, al pari della
destra, affonda
nell'affarismo e la corruzione rinnegandosi e mutando geneticamente. La vecchia sinistra è finita,
tuttavia i valori che ispirava sono ancora vitalissimi nel tessuto civile del paese.
Sarebbe nostro compito risvegliare questa sinistra diffusa e sommersa, minoritaria certamente, ma convinta della
necessità di una rivoluzione etica per costruire un futuro nuovo. Ciò significa semplicemente
che dobbiamo
riaffermare quei valori del socialismo e dell'anarchismo che sono permanenti: fraternità, eticità
di tutto il
dominio dell'attività umana, affermazione della superiorità dell'individuo su tutti i meccanismi
economici e
sociali che l'opprimono. Solo basandosi su questi valori si può costruire una società
più giusta, un nuovo tipo di convivenza tra gli
uomini.
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