Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 198
marzo 1993


Rivista Anarchica Online

L'odioso vizio
di Filippo Trasatti

Circa un anno fa, ma non è certo la prima volta e non sarà certo l'ultima, la stampa ha dato voce a una notizia che di per sé sembrava destinata a rimanere confinata nelle riviste scientifiche. Un neurobiologo americano avrebbe scoperto (e il condizionale è d'obbligo, vista l'esiguità del numero dei casi esaminati), confrontando il cervello di uomini omosessuali ed eterosessuali morti di AIDS, che l'ipotalamo degli omosessuali sarebbe più grande rispetto a quello degli eterosessuali. Di questi tempi vanno per la maggiore gli studi di neurobiologia, tanto da spingere alcuni temerari ad affermare che ormai la psicologia avrebbe i giorni segnati, di fronte all'imponente avanzata delle neuroscienze. Qui però non ci interessa la disputa scientifica, quanto piuttosto quella per così dire socio-antropologica. Sembrava ormai sopita la vecchia querelle sulla naturalità/culturalità dell'omosessualità, ed eccola ritornare viva e vegeta. Ci verrebbe da chiederci perché proprio oggi. Ebbene una prima risposta tragica mi pare che possa essere così formulata: l'Aids ha riportato pienamente in campo le paure e il disprezzo verso l'omosessualità e c'è bisogno di sapere fino a che punto gli "appestatori" siano colpevoli verso l'umanità.
Scoprire un radice biologica dell'omosessualità potrebbe costituire una scusante per un comportamento (e peggio, un modo di essere) non solo per molti moralmente intollerabile ma anche ormai da molti considerato pericoloso. Se non ci credete provate a sentire cosa dice la gente in tram, o peggio in quei templi della virilità che dovrebbero essere le palestre; recentemente mi è capitato e giuro che c'è da rabbrividire.
Ci sono molte spiegazioni di questo odio, ma nessuna che mi convinca fino in fondo, che riesca a dar ragione della violenza anti-omosessuale presente tra noi. Ancora abbastanza diffusa è l'idea che il credo religioso cristiano sia stato la causa dell'intolleranza verso i gay. Questo, comunque la si pensi in proposito, non spiegherebbe il perché di una repressione così feroce anche in ambito musulmano, comunista, e nei moderni stati teoricamente aconfessionali. E' sufficiente dire, o è una spiegazione corretta, che l'illegalità della sodomia tra adulti consenzienti in alcuni stati degli Usa è un prodotto del puritanesimo americano? Come spiegare allora il fatto che in Italia, in cui certo è innegabile lo strapotere della chiesa cattolica, l'omosessualità non sia sanzionata legalmente? Bisogna forse richiamarsi alla tradizione dei popoli mediterranei, ricordando come i ricchi tedeschi (e non solo tedeschi), perseguitati in patria, fuggissero in Italia (Capri, luogo di culto) per rilassarsi e sollazzarsi a piacimento? Che dire allora della tolleranza dei paesi del nord Europa di tradizione protestante? A dissipare alcuni luoghi comuni sui rapporti tra cristianesimo e omosessualità può servire il magnifico libro dello storico americano John Boswell Cristianesimo, tolleranza, omosessualità (Leonardo, Milano 1989), ricchissimo di annotazioni interessanti, un modello di come si possa scrivere un saggio militante senza perdere mai di vista la precisione e la profondità di analisi. Due esempi tra i tanti possono bastare.
Ancora nell'VIII secolo papa Gregorio III in un penitenziale "specificava penitenze di 160 giorni per attività lesbiche e solo un anno per atti omosessuali tra maschi. In confronto, la penitenza per un prete che va a caccia era di tre anni" (Ibidem, p.225). La cultura islamica, in particolare quella della Spagna, aveva un atteggiamento di estrema tolleranza verso i gay. Non solo l'omosessualità era estremamente diffusa a tutti i livelli, ma addirittura i re componevano poesie che celebravano l'amore gay. "Sarebbe un errore - dice ancora Boswell - considerare questa predilezione culturale per l'erotismo omosessuale come risultato della secolarizzazione o della decadenza religiosa: la Spagna islamica era nota per la sua severità nelle questioni in materia legislativa e morale, produsse eminenti giuristi e teologi, e fu generalmente governata da musulmani considerati fanatici nel resto del mondo islamico. Le immagini dell'amore omosessuale costituivano il modello corrente degli scritti mistici islamici sia all'interno che fuori della Spagna. Molti autori di poesie erotiche gay nella penisola iberica insegnavano il Corano, erano capi religiosi o giudici" (ibidem, p.237). Non stiamo facendo, sia ben chiaro l'elogio del bel tempo andato. Qui si tratta di altro: cioè capire come mai a un certo punto si sia prodotta una svolta nella repressione dell'amore omosessuale. A un certo punto, a partire dal XII-XIII secolo, dopo le crociate e con il rafforzamento dei primi stati moderni, incominciarono le persecuzioni contro ebrei, eretici e gay.
"L'opinione largamente sostenuta, secondo la quale chi minacciava maggiormente la sicurezza dell'Europa cristiana (i musulmani dall'esterno, gli eretici dall'interno) era particolarmente dedito alle relazioni omosessuali, contribuì molto alla reazione profondamente negativa durante questo periodo contro la sessualità gay manifestata a molti livelli dalla società europea" (ibidem, p.350). E' impressionante rilevare come nel giro di circa 50 anni, dal 1250 al 1300 l'omosessualità in Europa fu trasformata da pratica sostanzialmente accettata a crimine che prevedeva la pena di morte. Per giustificare questa repressione i trattati teologici cominciarono a riproporre in modo diverso la questione della naturalità/innaturalità dei comportamenti omosessuali. Ma qui lo storico ci abbandona e lo fa a ragion veduta poiché non ci sono dati sufficienti per spiegare questo radicale mutamento storico che apre la strada a secoli di persecuzione più o meno feroce che vede ormai accomunate da un triste destino, gay e altre minoranze, prima tra tutte quella ebrea. Che poi la religione, in particolare quella cattolica abbia fornito la copertura ideologica e morale a quanti perseguitavano pubblicamente e privatamente ebrei e gay è fuori di dubbio ed è ancor oggi sotto gli occhi di tutti. Ma la radice dell'odio non sta fondamentalmente in un determinato credo religioso: questo può fornire le direttive per un determinato uso del corpo e delle pratiche sessuali, ma non necessariamente deve discriminare tra omosessuali ed eterosessuali. La coppia concettuale di solito utilizzata in questo caso "naturale/innaturale" cambia profondamente nel corso del tempo.
A quasi sette secoli di distanza dobbiamo porci la stessa domanda: qual è la ragione di questo odio così profondo e radicato ad ogni livello sociale, politicamente e culturalmente trasversale?
La rilettura di un testo, forse non conosciuto come merita, ci può offrire una chiave di lettura: parlo de L'antisemitismo di Jean-Paul Sartre (Oscar Mondadori, Milano 1990). I gay dall'inizio delle persecuzioni medioevali ad Auschwitz hanno percorso spesso tratti di strada in comune e Sartre offre alcune considerazioni sulle origini dell'antisemitismo che a me paiono illuminanti anche per capire la situazione dei gay ancora oggi. Quasi all'inizio Sartre introduce una considerazione interessante per noi. "L'antisemita moderno è un uomo cortese e vi dirà dolcemente: 'io non detesto gli ebrei. Credo semplicemente preferibile, per questa o quella ragione, che essi prendano parte ridotta all'attività della nazione'. Ma subito dopo, se vi siete guadagnati la sua fiducia, aggiungerà con più abbandono: 'vedete, ci dev'essere qualche cosa negli ebrei: mi disturbano fisicamente'" (p.23). Passiamo al caso dei gay: il mio vicino può benissimo scambiare con me un sorriso, una stretta di mano, può ridere insieme a me e invitarmi anche a bere un bicchiere; ma dal momento in cui sa che sono gay qualcosa cambia. I gesti diventano più cauti, meno naturali; dietro a un sorriso si riesce a cogliere talvolta senza fatica una sfumatura di compatimento o di curiosità e via elencando. Tutte queste modificazioni non sono frutto di paranoia, ma possono essere osservate quotidianamente intorno a noi. Se avete voglia di fare un esperimento interessante di psicologia di massa, acquistate una copia del mensile gay "Babilonia" con un bel ragazzo discinto in copertina e avventuratevi in metrò.
Poi mi saprete dire. Ma al di là di queste osservazioni superficiali c'è qualcosa all'interno che muta. Sartre dice: "è una presa di posizione dell'anima, ma così profonda e totale che si estende al campo fisiologico, come nell'isteria" (p. 23). Nasce dunque una ripugnanza che non ha le sue ragioni in esperienze precise. E' una visione totale del mondo che non può essere distinta dalle altre componenti umane. Pensate agli incredibili e pur veri casi di feroci sterminatori nazisti che erano al tempo stesso perfetti mariti, padri, lavoratori, estimatori della musica e anche, dulcis in fundo, estremamente sensibili d'animo. Non bisogna smettere di riflettere su queste esperienze e su questo orrore. Penserete che il paragone sia forzato. Recentemente è stato tradotto in italiano il libro di Heinz Heger, ex deportato omosessuale tedesco, Gli uomini col triangolo rosa (Sonda, Torino 1991) che narra la sconvolgente esperienza dello sterminio omosessuale nei campi di concentramento. Questo silenzio che ancora grava su queste vicende costituisce un raddoppiamento dell'annientamento: ai gay è stata negata anche la memoria dell'olocausto. L'accostamento può apparire poco opportuno, ma bisogna riflettere sul fatto che il pregiudizio e la violenza non sono appannaggio esclusivo di criminali nazisti, ma riguardano tutti da vicino, anche coloro che si ritengono libertari. Alexander S. Neill, fondatore di Summerhill in Inghilterra considerata un modello per molte scuole ed educatori libertari di questo secolo, così scriveva nel 1960 nel suo libro Questa terribile scuola: "In trentotto anni, la scuola non ha prodotto nessun omosessuale. Perché la libertà modella bambini sani". E non è l'unica citazione di cui vergognarsi. Probabilmente ha ragione Michel Foucault che, rispondendo all'intervistatore che gli chiedeva se gli intellettuali siano più tolleranti e ricettivi rispetto a comportamenti sessuali diversi, diceva: "E' forse vero che nei circoli intellettuali di queste cose si parla più apertamente, ma ciò non è necessariamente un segno di maggior tolleranza. Talvolta è vero il contrario" (in Omosessualità, Feltrinelli, Milano 1984, p.39). Nella vita di tutti i giorni, al di là dell'olocausto, vengono usate due diverse strategie di negazione dell'altro: l'assimilazione e la ghettizzazione. La prima, pericolosa quanto invisibile: sei come noi, esattamente uguale a noi, ma devi adeguarti alle regole, non devi eccedere; Sartre coglie perfettamente nel segno dicendo che questa forma di ostilità, che può ben essere camuffata dietro le apparenze di una posizione illuminata, si manifesta più facilmente quando l'ebreo è facilmente riconoscibile e al tollerante vien da dire: "è veramente troppo ebreo". Lascio ai lettori il compito di ricercare gli esempi che valgono per i gay. La seconda strategia più scopertamente intollerante, la ghettizzazione, serve a mantenere qualcuno nello stato di inferiorità per rendere manifesta la propria superiorità: ci sarà sempre qualcuno, donna, zingaro, ebreo, malato di AIDS, verso il quale vantare la superiorità normalizzante che nella nostra cultura è ancora tipicamente maschile ed eterosessuale. E' un meccanismo molto più sottile di quanto a prima vista ci appaia: le prime barriere, i primi cavalli di Frisia sono nella nostra testa. Notate poi il sottile discrimine linguistico che stigmatizza ebrei, donne e gay: "Un ministro donna"; "Un eccellente avvocato della potente lobby ebraica americana", "famoso scrittore omosessuale" e così via. Si ha cioè il bisogno di specificare, di applicare una etichetta alle persone in base all'appartenenza a un genere, a una religione, di una minoranza sessuale, come se queste loro caratteristiche andassero prese per il tutto. Con le parole di Sartre l'antisemita crea una totalità sincretica a cui dà il nome di "ebreo". Ma non esiste l'ebraicità: "Per l'antisemita ciò che costituisce l'ebreo è la presenza in lui dell'ebraicità, principio analogo al flogisto o alla "virtus dormitiva" dell'oppio" (p.42). L'ebreo, al di là di tratti somatici, tradizioni religiose, è ciò che ne fanno gli antisemiti. Non esiste l'omosessualità: esistono comportamenti omosessuali. Siamo tutti coinvolti in una ricerca continua dell'identità: l'identità omosessuale va bene purché sia altro da noi, qualcosa di estraneo cui si arriva a riconoscere un certo rispetto ma da lontano, purché non ci tocchi né ci coinvolga in alcun modo. E' la finzione borghese dell'individuo astratto: siamo tutti esseri umani uguali, ma ognuno a casa propria. Qui nasce il pericolo, o meglio la sensazione della minaccia alla propria identità che è una delle molle dell'intolleranza religiosa, razziale e sessuale. Identità monolitiche e false che si contrappongono con le conseguenti stigmatizzazioni e generalizzazioni. Ognuno può far da sé la prova, tentando di definire l'identità gay, o se vi e più facile, l'identità maschile e femminile. Si scoprono facilmente una serie interminabile e impressionante di stereotipi culturali che si proiettano sull'altro. E si potrebbe aggiungere che la dicotomia omosessuale/eterosessuale, che noi candidamente diamo per scontata, è in realtà un prodotto culturale: gli antichi (non solo i greci e non solo gli antichi) certo avrebbero molto da ridire in proposito. Ed è forse su questo punto che si dovrebbero concentrare gli sforzi, anche facendo tesoro di quanto la riflessione femminista sugli stereotipi sessuali è venuta elaborando.
Potremmo continuare a lungo, ma non è qui il caso. Mi preme invece sottolineare con forza le conclusioni cui giunge Sartre alla fine del suo percorso. "1'antisemitismo non è un problema ebraico: è il nostro problema (...) non spetta agli ebrei fare una lega militante contro l'antisemitismo, ma a noi. (...) Non ci sarà un francese libero, finché gli ebrei non godranno la pienezza dei loro diritti; non un francese vivrà sicuro, finché un ebreo in Francia e nel mondo intero potrà temere per la propria vita" (p. 1 22-123). E' necessario ricordare che il saggio è stato scritto da Sartre alla fine della seconda guerra mondiale. Eppure oggi, cinquant'anni più tardi, con tutto quello che è accaduto nel frattempo, c'è una rinascita dell'antisemitismo. Come c'è nell'aria, fatte le debite differenze, una forte intolleranza contro i gay. O forse sarebbe meglio dire che non è mai sparita del tutto.
Solitamente si pensa che le conquiste culturali dell'umanità siano per sempre; ma si rivolga lo sguardo invece a ciò che sta accadendo nella civilissima America, dove la pena di morte trova tra i suoi portabandiera il nuovo presidente americano Clinton, considerato l'uomo del rinnovamento.
Bisogna riprendere incessantemente l'adagio di Primo Levi: "Voi che vivete sicuri/ Nelle vostre case, /Voi che trovate tornando a sera / il cibo caldo e visi amici...".