Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 198
marzo 1993


Rivista Anarchica Online

Né Mussolini né Stalin
di Paolo Casciola

L'importanza di questo agile volume (Giorgio Sacchetti, Otello Gaggi. Vittima del fascismo e dello stalinismo, prefazione di Ivo Biagianti, Biblioteca Franco Serantini [Pisa] - Associazione Culturale Pierluca Pontrandolfo [Lucca], Carrara 1992, pp. 96, L. 12,000) risiede nel fatto che l'autore vi ha ricostruito, con una certa dovizia di particolari, la biografia di un proletario che fu vittima della reazione fascista e della controrivoluzione staliniana. E proprio in questo sta anche, è il caso di sottolinearlo, la sua novità: per la prima volta la vicenda personale e politica di una delle centinaia di militanti perseguitati e liquidati fisicamente dall'"Inquisizione rossa" di Stalin è stata oggetto di una ricerca approfondita, di ampio respiro, mirante a tracciarne un vivido ritratto complessivo e straordinariamente dettagliato, fornendo così al lettore - specialista e non - un utile strumento per conoscere meglio quella grande tragedia personale che fu parte di un'immensa tragedia collettiva. Il libro, frutto delle ricerche dello storico aretino Giorgio Sacchetti, merita dunque di occupare un posto di tutto riguardo a fianco delle opere, analoghe ed ormai "classiche", di Guelfo Zaccaria (200 comunisti italiani tra le vittime dello stalinismo, Azione Comune, Milano 1964), di Alfonso Leonetti (Vittime italiane dello stalinismo in URSS, La Salamandra, Milano 1978), di Romolo Caccavale (La speranza Stalin. Tragedia dell'antifascismo italiano nell'URSS, Valerio Levi, Roma 1989), di Francesco Bigazzi e Giancarlo Lehner (Dialoghi del terrore. I processi ai comunisti italiani in Unione Sovietica 1930-1940, Ponte alle Grazie, Firenze 1991), oltre, ovviamente, alle memorie di Dante Corneli (Il redivivo tiburtino, La Pietra, Milano 1977).
Quella dell'anarchico italiano Otello Gaggi, nato a San Giovanni Valdarno (Arezzo) il 6 maggio 1896, è una delle tante storie di giovani operai che, dopo essersi opposti al militarismo e alla guerra nel 1915, si batterono per fermare l'avanzata del fascismo. E fu proprio il ruolo di primo piano da egli giocato nel contesto di un episodio di resistenza armata alle camicie nere - i fatti di Castelnuovo dei Sabbioni del 23 marzo 1921 -, a costargli una condanna a trent'anni di reclusione e a fargli decidere di espatriare clandestinamente in URSS. Così nel giugno del 1921, dopo aver preso parte ad un'evasione collettiva dalle prigioni della Repubblica di San Marino, Gaggi ed altri antifascisti vennero raccolti sulla costa romagnola da una nave sovietica diretta a Odessa, in Crimea. L'arrivo nel paese della rivoluzione socialista vittoriosa inaugurò una nuova fase nella vita del venticinquenne valdarnese, fase che è purtroppo quella meno conosciuta. Nei primi anni del suo soggiorno in URSS Gaggi visse proprio a Odessa, dove trovò lavoro e conobbe una cittadina sovietica che nel 1923 sarebbe diventata la madre di sua figlia Lilina. Nel 1926 egli si trasferì con la famiglia a Novorossisk, dove rimase fino al 1928, e successivamente a Mosca. Qui frequentò il Club internazionale degli emigrati politici, dove poté rendersi conto dell'atmosfera avvelenata che vi si respirava e dello stretto controllo esercitato dai dirigenti del PCI presenti nella capitale sovietica sulle opinioni politiche e sulla vita privata dei propri iscritti.
Arrestato il 28 dicembre 1934 insieme alla sua nuova compagna sulla scia dell'assassinio di Sergei Kirov, egli negò di far parte di una presunta "Organizzazione controrivoluzionaria trotzkista" e si dichiarò colpevole unicamente di aver disapprovato la politica seguita dalle autorità staliniane. Fu in realtà per questo "crimine" di libertà di critica, e non per i vari, fantasiosi reati ascrittogli (tra cui quello di lavorare come spia per conto del governo dell'Uruguay!), che Gaggi venne condannato a tre anni di deportazione. Agli inizi del 1935 egli passò così dai sotterranei della prigione della Lubianka, all'epoca teatro delle turpi gesta degli inquisitori di Genrich Yagoda, al confino a Yarensk e, successivamente, a Semipalatinsk. Il 15 agosto 1936 Gaggi indirizzò ai capi della sezione italiana della Terza Internazionale residenti a Mosca una lettera - che non viene menzionata da Sacchetti ed una cui traduzione francese apparve sulle pagine della rivista Les Humbles nel settembre-ottobre 1936- in cui si può leggere il seguente, accorato appello: "In Spagna, la cristallizzazione di tutte le forze antifasciste in difesa della Rivoluzione è un fatto compiuto. Le tute blu degli operai e dei contadini iberici frappongono una barriera insormontabile all'avanzata delle orde fasciste. La vittoria delle barbare squadracce di Franco equivarrebbe al rafforzamento del fascismo in tutto il mondo, al terrore, alla guerra. Noi tutti dobbiamo, con la nostra solidarietà effettiva, aiutare il popolo spagnolo nella sua eroica lotta per il trionfo della Rivoluzione Sociale. Quanto a me, dopo essermi battuto contro le orde di Mussolini nel 1921 e dopo essere stato condannato a trent'anni di galera, vi chiedo, a voi antifascisti, di permettermi di partire volontario in Spagna per combattervi e morirvi, se necessario, per la Rivoluzione Sociale".
Inutile dire che tale permesso gli venne negato dai caporioni stalinisti del PCI, che proprio in quel periodo furono invece complici attivi del massacro degli antifascisti italiani - socialisti ed anarchici, ma soprattutto comunisti - che avevano trovato rifugio in URSS.
Nel marzo del 1980 uno dei più solerti tra gli agenti italiani della polizia politica segreta di Stalin, il "figlio della classe operaia" Antonio Roasio, osava ancora infangare il nome di Otello Gaggi insinuando che a quei tempi, a Mosca, "circolava la voce che il Gaggi fosse un informatore della polizia sovietica, ma anche che facesse il doppio gioco" (sic!).
Nessuna notizia certa sul conto del libertario valdarnese è pervenuta fino a noi dopo quella data. Nel 1937 o nel 1938 la sua assegnazione al confino sarebbe stata trasformata in condanna ai lavori forzati in una delle tante e tristemente famose isole dell'"arcipelago Gulag". Ma si ignora tuttora dove, come e quando precisamente Gaggi trovò la morte nella tundra siberiana, inghiottito dal gelido gorgo del grande terrore staliniano.