Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 197
febbraio 1993


Rivista Anarchica Online

I friulani di Cordoba
di Fernanda Hrelia e Cristina Valenti

L'originale vicenda teatrale e sociale del gruppo "Fra noi", composto da friulani immigrati a Cordoba

Córdoba; seconda città dell'Argentina con una provincia fra le più grandi del paese (il 4,4% della superficie totale). L'ufficio turistico del comune distribuisce un opuscolo illustrativo in cui, tra l'altro, si legge che "fondamentalmente Córdoba è la sua gente, che storicamente si è distinta per il suo carattere polemico e dissidente, generatrice di correnti ideologiche rinnovatrici, sempre disponibile ad ogni tipo di confronto e di rottura con ogni formalismo e convenzionalismo".
Al di là degli stereotipi e della retorica, non si può far a meno di notare una certa vivacità culturale, e qui, in diversi campi si stanno facendo delle esperienze interessanti. Io, ad esempio, che mi occupo di teatro, ho avuto modo di seguire il lavoro di un gruppo, che dimostra che il teatro può ancora ricoprire una funzione sociale determinante. Sinceramente, quanto ho potuto vedere mi ha scossa dal pessimismo cui una realtà teatrale come quella italiana mi aveva abituata; passate (e, sembrerebbe, dimenticate) le felici esperienze degli anni '60 e '70, oggi in Italia è pressoché negato spazio alla ricerca o a un discorso che non si inserisca nella logica del mercato.
Scopro così che in provincia di Córdoba, ad una cinquantina di km dal capoluogo, a Colonia Caroya, centro costituito principalmente da emigrati friulani, lavora una compagnia teatrale, il gruppo "FRA NOI", che dal 1983 si è proposto non solo come forma aggregativa fra la popolazione più giovane (e non) in una realtà rurale, ma rappresenta soprattutto la volontà di sviluppare un discorso che ha usato il teatro per raccontare la propria storia, i sogni, le illusioni, le disillusioni, alla ricerca di una propria identità culturale, delle proprie radici e di uno spazio per la propria poesia.
Il "FRA NOI" si forma nel momento in cui l'Argentina esce dalla dittatura; allora in tutto il paese c'è la necessità reale ed urgente di esprimersi su quanto è stato vissuto. A Colonia Caroya si crea, col supporto, sia in termini logistici che materiali, della "Municipalidad" (il comune), uno spazio per lo studio dell'espressione teatrale; si potrebbe dire una "scuola" che, però, non ha la funzione di formare professionalmente degli attori, ma si propone invece come luogo per quell'espressione, fino ad allora così violentemente negata. Si studia teatro come per recuperare una lingua dimenticata per forza. Dopo un anno nasce lo spettacolo "Despertando emociones" (Risvegliando emozioni); la direzione del gruppo è affidata a Coco Santillano. Il senso del lavoro - un montaggio di poesie - è la denuncia; il teatro è il mezzo per riaffermare la dignità umana, il diritto di esistere, la volontà di non dimenticare.

Creazione collettiva
Ma nel 1985 c'è una svolta nella linea del gruppo; l'organizzazione di cultura "Actividades para el interior", (una struttura per il decentramento culturale), propone a Roberto Videla, appena tornato dall'Italia, di tenere un seminario teatrale a Colonia Caroya. L'attore e regista Roberto Videla ha fatto parte del "Libre Teatro Libre" (Libero Teatro Libero), gruppo che negli anni '70 ha avuto un ruolo importante nella storia del teatro latinoamericano, caratterizzandosi per la creazione collettiva dei suoi spettacoli, tutti inseriti in un discorso di denuncia sulla questione latinoamericana.
La formazione di Roberto Videla in Italia si arricchisce; studia con l'attrice Marisa Fabbri, realizza, tra l'altro lo spettacolo "L'ombra del lampo" prodotto dal "Centro per la sperimentazione e la ricerca teatrale di Pontedera". Attualmente è anche impegnato nella conduzione del laboratorio teatrale dell'ospedale psichiatrico provinciale di Córdoba, in cui si intende valorizzare lo sviluppo della creatività come fattore di comunicazione fra il mondo "malato" della realtà psichiatrica e la comunità. Attraverso il teatro si impara a raccontarsi, si fa luce sul senso dell'emarginazione e dello squilibrio mentale e sociale.
Con questo progetto, il centro dell'Argentina si collega con quanto è stato fatto in Europa relativamente alla "questione psichiatrica". Ma tornando al "FRA NOI" insieme a Roberto Videla, che viene a conoscere la realtà di Colonia Caroya, si decide che la storia stessa di questo paese di emigranti può fornire materiale di studio teatrale. Dopo un anno di preparazione, nasce lo spettacolo "Años secos" (Anni secchi). Dice lo stesso regista: "In quest'anno di lavoro, abbiamo fatto interviste, siamo andati a registrare aneddoti, canzoni, abbiamo raccolto le vecchie foto di famiglia: ci siamo sommersi nelle storie raccontate dai nostri padri, dai nostri nonni. Quelle storie che altrimenti avrebbero continuato a vivere solo nella memoria della gente. Abbiamo raccolto così un'enorme quantità di materiale 'vivo', che poi abbiamo elaborato teatralmente, rispettando però testualmente i documenti che ci erano stati forniti. Come regista, ho cercato di seguire i principi con cui lavorava il 'Libre Teatro Libre' del quale ho fatto parte: osservare e studiare la realtà per cercare di riflettere, attraverso il teatro, il mondo in cui viviamo, per cercare di cambiarlo, per comprenderlo e comprenderci meglio".
Lo spettacolo "Años secos", creazione collettiva basata sui fatti della vita e della storia degli emigrati italiani di Colonia Caroya, non è semplicemente una sorta di "documentario teatrale", né un'operazione celebrativa, o sentimental-nostalgica sulla terra d'origine lontana e perduta. E' soprattutto lo sforzo di auto-rappresentarsi, di mettere in scena tutta la comunità di cui si fa parte, di dar voce alle piccole e alle grandi storie individuali, dove anche il passaggio linguistico (friulano, italiano, spagnolo) assume valori emozionali, piuttosto che documentare una ricerca filologica. E la scenografia è quella naturale del paese: l'edificio scelto per la rappresentazione è quel convento, fondato dai Gesuiti nel XVII secolo, dove trovarono provvisoriamente alloggio i primi emigrati; vi si proiettano anche, in diapositive, le fotografie di famiglia che il pubblico riconosce e commenta ad alta voce.
Dice ancora Roberto Videla: "In origine l'idea era di realizzare su questo tema un solo spettacolo, ma per la sua complessità e per l'impossibilità di esaurirlo in una sola opera teatrale, venne a formarsi una trilogia". Difatti, dopo "Años secos", rappresentato, oltre che a Córdoba e in provincia, anche alla "Fiesta Nacional de Teatro" (Festival di Teatro Nazionale) di Buenos Aires, il gruppo "FRA NOI" debutta un anno dopo, nel 1987 con "La calle ancha" (La strada larga) che, dagli anni '40, in cui si fermava la narrazione nello spettacolo precedente, continua a rappresentare la storia del paese fino agli anni '70. Qui, protagoniste sono le nuove generazioni; è avvenuto del tutto il distacco con la terra d'origine. Questa distanza culturale non manca di essere rappresentata anche comicamente, scegliendo una linea autoironica, critica, per riflettere sulla peculiarità di questa comunità "ibrida" in modo divertito, per superare le lontananze dopo aver riconosciuto le differenze generazionali, in questo caso più marcate che altrove.
E nel 1990 segue quindi lo spettacolo "Macadan" (dal nome del tipo di pavimentazione della strada), che rappresenta sinteticamente la vita del paese in una giornata-tipo. La genesi di questo spettacolo è alquanto singolare: gli attori, provando nello spazio aperto delle strade, si sono visti circondare, giorno dopo giorno, dalla gente, che non si limitava ad assistere per curiosità, ma si sentiva coinvolta in una situazione che la riguardava da vicino e quindi intendeva partecipare, dare il proprio apporto ad uno spettacolo, che si era proposto di rappresentare la comunità.
Alla fine, gli attori erano più di cinquanta, senza contare automobili, carri e cavalli, cani, o semplici passanti, attori inconsapevoli, dal momento che tutto il paese era diventato il palcoscenico. Dopo questi lavori, in cui il teatro è stato quasi un pretesto per l'analisi della storia e del modus vivendi di una società, che ha deciso di mettersi in scena, il gruppo "FRA NOI" lavora ad un progetto di spettacolo, che sceglie una dimensione più piccola.

In viaggio sul "colectivo"
In "Pic nic Blues" - che debutta al Festival Latinoamericano di Córdoba e che continua ad essere rappresentato (nello scorso novembre partecipa al Festival di Teatro della città di Mar de Plata) - il tema, sviluppato collettivamente in improvvisazioni, che hanno scritto successivamente il testo, è quello del viaggio. L'Argentina è un paese dalle grandi distanze; il mezzo di trasporto più diffuso (e anche il più pittoresco) è il "colectivo" (il pullman). Ecco che da una situazione quotidiana, molto comune, come prendere un pullman, nasce lo spunto per uno spettacolo.
"L'idea - racconta Roberto Videla - è stata quella del VIAGGIO, sia esso reale che immaginario. Un gruppo di persone prende un omnibus, ognuna con la sua piccola o grande storia, ognuna coi suoi tic, con la sua follia mascherata o nascosta, ognuno con le sue piccole meschinità. Durante il viaggio succede di tutto: incontri, scontri, un po' di poesia. Ognuno sa di viaggiare verso qualcosa che gli è preparato dal destino, o a volte inseguendo un piccolo o futile desiderio".
Ciò che sinceramente colpisce in questo spettacolo - che, se proprio si devono fare delle citazioni, può ricordare certo teatro dell'assurdo o, per l'uso dello spazio e del corpo, il teatro danza - è la capacità di trasfigurare una situazione quotidiana, lasciando emergere la follia e la poesia di ogni personaggio che, senza pudore e senza "mestiere", sa creare anche delle situazioni emotivamente molto forti. Bellissima, in questo senso, è la scena, quando, nel buio del pullman che viaggia di notte, ognuno dà voce ai suoi pensieri più intimi nel dormiveglia, o quando, un guasto improvviso fornisce il pretesto per un pic-nic grottesco, dove le relazioni fra i personaggi hanno già creato delle storie. Colpisce, ancora, la freschezza di questo gruppo, che dimostra comunque di aver intrapreso un discorso profondo e uno scambio sincero fra i suoi componenti. Ciò dimostra, ancora, che il teatro può avere un senso se lo si concepisce come "luogo di e per l'umanità". Elementi questi che mi sono sembrati preziosi. Molti auguri di buon lavoro, "FRA NOI"!

Fernanda Hrelia

Il "Teatro Indipendente" in Argentina e America Latina

Il teatro politico "indipendente", svincolato cioè dall'industria dello spettacolo e privo di contributi governativi, gode in America Latina di una radicata tradizione che ne ha fatto in vari momenti una delle forme privilegiate di intervento, denuncia, aggregazione e partecipazione sociale.
In particolare a Cuba, in Bolivia, in Perù, in Cile e in Argentina sono nate, a partire dalla metà degli anni quaranta, forme di teatro di carattere innovativo e didattico, attente alle istanze del proletariato minerario e agricolo, e pronte ad intervenire nel dibattito progressista sulle questioni demografiche, morali, sessuali, educative. La dimensione collettiva e popolare del fenomeno si è legata, nei diversi paesi, alla coscienza della necessità e immediatezza del mezzo teatrale come pratica diffusa e largamente partecipata. E su queste basi, in particolare, si è fondata la grande influenza che il Living Theatre, con la sua struttura collettiva e la pratica dell'intervento diretto, ha esercitato nel corso delle sue tournée sulle formazioni teatrali latino-americane.
E' significativo infatti che figure storiche quali il colombiano Santiago Garcia, fondatore del gruppo La Candelaria, o il cubano Vicente Revuelta, del Grupo Teatro Estudio de la Habana, individuino nell'incontro con il Living uno dei momenti fondamentali della loro formazione e presa di coscienza teatrale.
In Argentina in particolare sono nati alcuni dei gruppi più significativi degli anni Settanta: il gruppo Once al Sur, la Comuna Baires e il Teatro Experimental di Buenos Aires e il Libre Teatre Libre di Cordova.
Dal '74 il clima di repressione e terrore instaurato nel paese ha avuto forti ripercussioni anche nel mondo teatrale e i gruppi impegnati nell'opposizione al governo hanno subito pesanti forme di persecuzione e censura.
Il Libre Teatre Libre, cui si fa riferimento in questo scritto, nasce nel 1969 presso la scuola d'Arte dell'Università Nazionale di Cordova per poi costituirsi come gruppo indipendente l'anno successivo. Crea spettacoli di satira e di denuncia che usano l'ironia come mezzo di straniamento e riflessione critica. I temi trattati sono legati all'attualità del paese: scioperi, crimini politici, mancanza di libertà nella scuola e nei posti di lavoro, situazione carceraria. Il gruppo si organizza come collettivo di lavoro, senza distinzioni e specializzazioni di ruoli. Applicando al teatro la tecnica del "foro", il LTL invita gli spettatori alla discussione collettiva al termine di ogni rappresentazione. In uno dei manifesti del LTL si legge: "Il teatro è per noi una forma di testimonianza continua. Di denuncia permanente. E' il mezzo per esprimere la realtà che colpisce tutti noi (...). Il nostro maggiore obiettivo è di raggiungere un teatro forse meno teatrale, ma più vicino all'uomo".
Il LTL si è sciolto alla fine del 1975. Molti dei suoi componenti, fra i quali Cristina Castrillo, Pepe Robledo, Roberto Videla, hanno continuato a fare teatro fondando altri gruppi o portando l'esperienza del LTL all'interno di diverse formazioni teatrali. L'attività di Videla con il gruppo di emigrati friulano "Fra Noi", di cui si parla in queste pagine, è significativa di un modo peculiare di lavorare nel "teatro indipendente": costruendo continuità con la tradizione di opposizione del proprio paese e intrecciando trame solidali in un tessuto sociale espropriato dei valori culturali più autentici.

Cristina Valenti