Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 196
dicembre 1992 - gennaio 1993


Rivista Anarchica Online

Processo a Peppe Sini

Il cavaliere del lavoro di Catania Mario Rendo, uno dei "quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa", come li definì Pippo Fava che poi la mafia uccise, mi ha citato in tribunale e mi chiede un miliardo e cinquecento milioni di risarcimento, per aver pubblicato un articolo sul settimanale viterbese "Sotto voce", di cui sono redattore, articolo che non gli è piaciuto. Nella stessa citazione il cavalier Rendo annuncia di avermi denunciato anche per un altro mio articolo apparso sul "Manifesto", ma ignoro ancora quanti miliardi di lire o bruscolini pensa di chiedermi per quello.
Da dove nasce il dispiacere del cavalier Rendo?
E perché questo uomo potente che annotava in cartelline intestate a ministri e parlamentari di far spostare funzionari sgraditi, o sostenere persone a lui grate, oggi ha bisogno di chiedere a noi un siffatto obolo?
Il dispiacere del cavalier Rendo nasce dall'aver noi scritto e ricordato all'opinione pubblica in quali fatti storici ed in quali ambienti culturali il cavalier Rendo sia collocato: e questo al cavalier Rendo dispiace, cosicché ha pensato di doverci far tacere inventandosi la supertassa sull'informazione.
Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato come Giuseppe Fava lo avesse definito come uno dei "quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa" e che Fava è stato assassinato dalla mafia.
Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa avesse dichiarato nella celebre intervista a "Repubblica" del 10 agosto '82 che "oggi la mafia è forte anche a Catania. Con il consenso della mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo" e un mese dopo il generale Dalla Chiesa fu trucidato dalla mafia.
Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato quante e quante pagine che lo riguardano sono contenute nella ordinanza-sentenza del maxiprocesso alla mafia stesa dal pool antimafia di Falcone e Borsellino; e come ivi sia una documentazione impressionante di rapporti con elementi legati alla mafia, di come Rendo abbia tentato di condizionare i pubblici poteri; e sappiamo cosa è accaduto del pool antimafia, e come siano state troncate le vite di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato le indagini sui suoi affari promosse dal giudice Rosario Livatino, e Rosario Livatino è stato anche lui assassinato dalla mafia (della sua nobile figura è testimonianza indimenticabile in un commosso e lucido libro scritto dal prof. Nando Dalla Chiesa).
Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato che il giudice Carlo Palermo lo fece arrestare, e Carlo Palermo è lo stesso magistrato che subì l'attentato mafioso di Pizzolungo da cui si salvò a stento e in cui furono dilaniati una donna e due bambini che l'esplosione ridusse a macchie di sangue, ed irriconoscibile poltiglia. Possiamo aggiungere che Rendo fu subito rimesso in libertà per pronunciamento del giudice Corrado Carnevale, ed anche Carnevale sappiamo chi sia.
Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato che il questore Rossi propose in successivi rapporti l'applicazione di misure di sicurezza (fino al confino) per lui e per i suoi colleghi cavalieri Costanzo e Graci: Rossi fu trasferito dalla questura di Catania, e la Procura di Catania tenne nel cassetto i rapporti finché non apparvero sulla stampa nazionale, e solo allora ebbe a pronunciarsi, ritenendo di non doverne far nulla. Possiamo aggiungere che sulla Procura di Catania, l'ambigua collocazione di alcune figure, la discutibilità di certe loro scelte, oggi sono noti documenti e giudizi non meno impressionanti di quelli relativi a Corrado "ammazza-sentenze" Carnevale.
Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato i giudizi espressi anche di recente dal generale della Guardia di Finanza Pizzuli, il funzionario che quando era a capo del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria in Sicilia condusse le operazioni che portarono al sequestro di ingente documentazione a carico dei cavalieri, e per il cui allontanamento Rendo insisteva nei suoi promemoria per i politici; e anche Pizzuli fu trasferito.
Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato le analisi e i giudizi sul suo conto che derivano dalle opere di alcuni dei principali studiosi e testimoni di cose di mafia.
Ma il suo dispiacere nulla cambia della realtà dei fatti. Ed il suo continuo appellarsi a pronunciamenti variamente a lui favorevoli in molteplici vicende giudiziarie non mutano la sostanza storica dei fatti da noi citati, e per ora ci fermiamo qui, rimandando a prossimi interventi la produzione di documentazione ulteriore, sulle citate e su altre inquietanti vicende.
Dispiace infine al cavalier Rendo che per tutto quanto sopra precede abbiamo espresso il convincimento di dover contrastare il suo arrembaggio nel tessuto economico dell'alto Lazio, e qui dispiace a noi che il cavalier Rendo dimostri così poco rispetto delle facoltà logiche altrui. E dimostri tanta dabbenaggine - la chiameremo così - da pensare di metterci a tacere facendo la voce grossa e minacciandoci con citazioni in tribunale, a suon di risarcimenti miliardari.
Lo diceva Zola, al tempo dell'affare Dreyfus: la verità è in marcia, e niente potrà fermarla.

Peppe Sini (Cura di Vetralla)