Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 196
dicembre 1992 - gennaio 1993


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Film storici da lasciar perdere

Come quelle barzellette che, di per sé, la dicono lunga su chi le racconta, ci sono storie che non lasciano scampo. Nel cinema, il regista che vi incappa, quasi sempre fa una brutta fine.
Facciamo il caso di Ridley Scott regista emerito (gli si deve film come I duellanti, Blade Runner, Alien, Legend, etc.), che si mette in testa di celebrare a modo suo l'anniversario del viaggio di Cristoforo Colombo (1492 - La conquista del Paradiso). Comincia con il presentarlo al suo pubblico come una sorta di opposizione libertaria al potere della Santa Inquisizione - e già da lì uno capisce che sarà dovere di questo pubblico farsene un'idea tutta positiva e festante.
Poi, non contento, prosegue col fargli trovare in mano un'arancia di quelle che chiamerei "da metafora pronta" - un'occasione d'oro perché il nostro eroe esprima la propria fede nella rotondità della Terra. A queste promozioni di empatia per il gusto d'oggi non sono estranei, ovviamente, i tratti fisionomici (esuberante naso incluso) di un attore furbesco come Depardieu.
Quando si tratta di abbandonare le metafore propiziatorie e passare alla vicenda, le cose si fanno, al contempo, maledettamente semplici e maledettamente complicate. Maledettamente semplici per decidere quali e maledettamente complicate per decidere come - perché un narratore di cinema deve sia selezionare gli eventi da narrare che selezionare i modi per rappresentarli, questi eventi. Allora eccoci al viaggio di Colombo canonico articolato nelle dieci sequenze cruciali:
1. La partenza. Addii. Lacrime. Fazzoletti.
2. Alacrità a bordo. Tutti che lavorano con tonicità e convinzione.
3. Scene di vita quotidiana extra-lavorativa. Quello che dorme. Quello che canta. Il mozzo. Quello che si sbuccia una mela. Colombo che punta gli strumenti qua e là e annota.
4. Pieno nervosismo in mezzo al mare. Qualche mugugno.
5. Colombo nei suoi alloggi. Disordine e faccia la dicono lunga sul suo umore.
6. Visita preoccupata di nostromo. Del tipo, "Comandante, sa, la ciurma è un po' nervosa".
7. Riduzione del tentativo di ammutinamento all'insegna del "siamo tutti sulla stessa barca, compagni, speriamo bene e presto".
8. Fame. Prostrazione. Sfinimento. La protesta ha lasciato il posto alla rassegnazione.
9. Terra!
10. Il primo uomo che scrive la Storia che conta sbarca nel Mondo Nuovo,
Nessun dei tanti Colombo che mi son toccati in vita mia è mai sfuggito alla "necessita" di queste sequenze. Mi par di capire che la differenza tra un regista di serie B ed uno di serie A possa consistere nel modo in cui si dice "Terra!": quello di Serie B lo fa urlare ai quattro venti, quello di serie A - come Ridley Scott - lo fa dire così sommessamente che quasi non gli si fa caso. Oppure nelle riprese dello sbarco: quello di serie A riprende i piedi nella battigia, quello di serie B il volto irradiato da luce mistica.
Pena il venir esiliato dalla categoria dei film storici, un regista potrebbe abolire le ultime due sequenze - i personaggi morirebbero tutti e la vicenda riserverebbe salutari sorprese agli spettatori. Ma di queste libertà, a quanto pare, non si può prenderne. C'è, allora, una Storia trita e ritrita che pone vincoli ferrei al narratore, tanto ferrei che, a mio avviso, un buon narratore farebbe bene a saltare del tutto le sequenze in questione e darle per implicite al proprio spettatore. E' come se tutte le sere, tornato a casa e interrogato su come mi siano andate le cose durante la giornata, cominciassi con il dire che al mattino ho preso il tram. Il tram lo prendo tutti i santi giorni e ciò fa parte del patrimonio di conoscenze implicite di coloro con i quali convivo. Gli parlerò dei tram solo se sul tram è accaduto qualcosa di particolarmente inusuale - in caso contrario non lo nomino neppure. Chi accetta di misurarsi con i vincoli di una Storia trita e ritrita, invece, va incontro a un sacco di guai: da un lato, la sua creatività espressiva da questi vincoli viene seriamente compromessa - l'invenzione, se ci sarà, sarà sempre "entro certi limiti", cioè entro i limiti dettati dal paradigma naturalistico consensualmente condiviso -, dall'altro, come reazione ai vincoli subiti, tenderà ad un eccesso di stilizzazione, ad un linguaggio più ricercato, ad enfatizzarsi nella metafora, cercando di aggiungere significati laddove le cose e gli eventi gli sembrano troppo poveri - per cui quel "primo piede", nel Mondo Nuovo è visto epicamente da noi spettatori del 1992, ma non ha più nulla a che fare con quel più modesto piede storico cui vorrebbe riferirsi. Noia e retorica, insomma, come risultati. Il che dovrebbe esser sufficiente per consigliare agli amici di stare alla larga da certi film storici.

P.S. - Dicevo che farebbe bene, il regista, a saltare a piè pari le sequenze ovvie e implicite di una vicenda storica. Farebbe bene, voglio dire, se avesse qualcos'altro da dire. Che non è il caso di Ridley Scott e del suo tentativo riabilitatorio al giudizio di oggi del Colombo irreparabilmente di ieri. Al di là delle sequenze ovvie, infatti, al film non rimane che quanto il Mission di Joffe, e altri, hanno già detto accuratamente e con profondità di analisi anche più convincente.