Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 196
dicembre 1992 - gennaio 1993


Rivista Anarchica Online

Echi dal margine
di Remo Pomponio

Il testo e le foto sono un aggiornamento de "La Mal'ora", una mostra fotografica organizzata da un gruppo di associazioni che lavorano con i cosiddetti "gravi emarginati sociali", Amici di Gartone, CAST, Cena dell'Amicizia, Centro S. Marco, Mensa di S.Antonio, Servizio Accoglienza Milanese, Gruppo Emmaus. Renzo Pomponio è un ospite di quei centri; giornalista, si è trovato senza casa e senza lavoro e ormai da anni vive per strada. Passando le sue giornate nella biblioteca di Affori, ha iniziato a raccontare la condizione di emarginato dal suo particolare punto di vista, scrivendo quindi il testo della mostra. Questa, partendo proprio da Affori, è stata esposta in tutte le biblioteche rionali milanesi nell'arco del 1991

"Una sola giornata vale la vita intera di un individuo".

L. A. Seneca

"Colui che si impegna nella ricerca noi lo possiamo salvare".

T. W. Goethe

Ascolta. S'era fatta sera e la luce delle lampade della stazione ferroviaria ti ha rammentato dove eri e perché.
Un maldestro individuo togato ti aveva mandato via dalla tua casa di abitazione. Confinato alla fermata dei treni, ti sei sdraiato sulla panca di pietra al terminale del binario morto. Poi hai cercato una povera via destinata al buio ma con vista sul traffico. Sempre aspettando che ti si addormentasse la testa. Volevi dormire e non potevi dormire. Per dormire bisogna dimenticare un poco le cose. In quei giorni non potevi dimenticare proprio nulla.
L'inimicizia dei tuoi parenti ti faceva riflettere sulle cose che ci sono nelle famiglie: in specie, sui ricordi della tua disorientata infanzia. E ti frullava nella mente che a Natale non avresti visto i fichi secchi e nemmeno i mandarini. All'alba ti accorgi che le tue cose ti sono state trafugate. Non hai più un soldo che è un soldo e ti senti alla mercé del più banale accidente. La tua faccia mal risvegliata s'incontra con quella dell'uomo in divisa che ti richiede arrogante le tue notizie personali. Non potendole documentare, la consapevolezza stessa di essere in prima persona comincia a vacillare.
Andando sbilenco e con la pancia lunga ti trascini a piedi in tutti i luoghi e da nessuna parte. Sempre con il cuore in gola e gli occhi troppo lustri o troppo smorti, mai giusti. Cominci a sentire una grande stanchità. Osservi che quelli come te trascorrono e depongono ogni giorno il loro problema sui marciapiedi e rimangono in attesa. Non ho famiglia. La mia famiglia mi nega ogni aiuto. Non ho lavoro perché nessuno mi vuole. Non ho dove dormire, non ho cosa mangiare. Posso contare soltanto sull'aiuto della gente di buona volontà. Le storie che raccontano sono sempre le stesse. Disorientato, prendi coscienza che i banali atti quotidiani ti risultano faticosi e talvolta impediti sino a falsare la scansione stessa del tempo. Tutto è diventato fragile e precario. Anche l'espulsione delle feci. L'insieme di rami e pianticelle avviluppati a formare un intrico confuso ma inestricabile come riparo, sembra scomparso dal panorama urbano.
Non ti resta che rimediare, all'alba, in un portone. E ricordi ancora con vergogna un grido: "Filomè, Filomè, hanno cacato nel cortile! Oddio, ma è merda de' cristiani!". Perché anche l'andare di corpo ti era stato reso inattuabile dall'indigenza economica. Quella era veramente la merda di un povero cristiano passato dalla parte degli infedeli. E ti senti un pianto interno, una nostalgia gonfia di asciutte, pure lacrime.
Sei costretto ad abbeverarti alla fonte municipale. Se introvabile, entri in un bar. Dove la gratuità del servizio ti vieta financo lo sguardo sul giornale. "Intende leggerlo per intero?". E ti ritieni un privilegiato quando la demenziale domanda dell'esercente non viene seguita da tutte le maledizioni e contumelie di cui dispone il suo dialetto. Ascolta. In un ambiente fisico ed umano estraneo ed inospitale, luogo senza storia, non c'è nessuno che puoi dirtelo amico.
Per avventura, può accadere che il cosiddetto balordo ti offra senza parole un sorso della sua bottiglia. Lasciandoti nella memoria la sua giacca per tutte le stagioni: con le perdute coste di velluto usurate e sporche e con la sua forma dilatata a furia di insaccarci ogni roba mangiativa.
Giunge il momento in cui ti convinci di avere torto di natura. Ma incominci pure ad imparare a star male oggi per non star peggio domani. Mantieni comunque sempre la speranza di essere ascoltato, di poter essere capito, di poter essere confortato: che si rivelerà, nell'orizzonte, un bene che anticipa quello di poter essere salvato.

Chiedevi troppo
Sei costretto ad assuefarti con ogni sorta di ambienti, anche equivoci e malandati: luoghi dove viene distillato tutto il peggio della violenza, della volgarità e della mala educazione che circolano nella vita sociale; quando addirittura non favoriscono la istintiva maturazione di un crimine. Come, ahimè, alla benemerita mensa francescana, mai a sufficienza lodata per il modo con cui provvede. Qui si raduna l'umana pochezza, quand'anche dolente. Felici disconoscitori dell'eufemismo, incapaci di condurre transazioni comunicative, complesse, gli attavolati si esprimono con un unico, sovrano quadrisillabo, "vaffanculo", recante - secondo modi e circostanze peculiari - significati molteplici: tra cui quello di disappunto, di stupore, di ammirazione, di stima, di ringraziamento ed infine di dannazione eterna.
Una simile umanità non ha più bisogno di niente. Le basta soltanto una certa fiducia nella volgarità: come forza di difesa contro tutto ciò che supera i propri interessi. Né le si addice certamente la cosiddetta "buona educazione: che consiste nel passare inosservati, nel dare di sé una impressione di calma e di semplicità, di suggerire l'idea che "sarebbe pur bello conoscere qualcosa di più sul nostro conto" (Corrado Alvaro).
In questa tua giornata eterodossa ti è concesso il tempo di farti succedere nella testa tutto quello che vuoi.
Anche di accettare che taluno ti fermi in strada per chiederti se sei al corrente delle catastrofi che si preparano, o per invitarti a firmare un referendum su chissacché. Questi Testimoni di Qualcuno, emeriti profeti di sventure, questi vegetariani nemici della caccia, questi invasati delle buone cause, paiono veramente destinati dalla Provvidenza ad aggravare la già deplorevole esistenza dei loro interlocutori.
Privo di documenti di identità, sei stato costretto a rivolgerti all'istituzione: che si è manifestata nelle sembianze di un individuo mite e puntualino. Alla prova, un funzionario incapace di uscire dall'ambito professionale: e dunque di rimediare alla propria frustrazione dilatando fino al grottesco la sua inesistente qualità culturale. In grado di concepire e pertanto di esprimere soltanto concetti elementari, ti ha edotto con proterva sicumera che l'umanità tutta si riparte in residenti e non residenti. Il tuo caso pertanto poteva essere evaso soltanto "con l'annotazione sul margine di una pratica degli elementi importanti per il suo disbrigo".
Comportamento indubbiamente stitico quello dell'anagrafico che impedito a svuotare il corpo ritiene superfluo riempirsi la mente. E reazione da martire di Santa Madre Chiesa quella del richiedente: che già sulla graticola per il supplizio del rogo a fuoco lento deve intrattenersi noncurante a discorrere di vari argomenti con agio e diletto. Aldilà delle specifiche notizie sul tuo corpo, avevi richiesto la conferma della tua coscienza come immagine e consapevolezza del tuo essere individuale e sociale. Volevi una conferma formale della tua fisicità e la sottoscrizione che la tua personalità era collocata con gli altri nell'ambito sociale. Volevi ricandidarti come soggetto. Chiedevi troppo.

La strada riconquistata
Ascolta. Isolato dal contesto più ampio dell'emarginazione, andando alla deriva in un mare di disinganni e di illusioni rientrate, vivi ormai fuori le mura di una realtà separata, in un mondo sotterraneo: celebrando come un appestato, come un venditore di reliquie, come uno spacciatore di giaculatorie e di pentacoli, come un monaco sodomita espulso dal convento un rituale medievale di congedo funebre.
Ti abbandoni alla dolorosa ricreazione dell'alcol. La tua vita viene a trovarsi sempre dietro l'angolo: sotto specie di un altro interminabile bicchiere. Ami l'inferno, ma è intollerabile dover aspettare per ritornarvi. E così hai fretta e corri. Ci sei già quasi arrivato. Perché l'essere snebbiato è sensazione intollerabile. Giorni fatti di momenti mediocri e tarlati si succedono l'un l'altro. Notti agitate e ossessive si rincorrono in tetra monotonia. Nessuna vela è in vista mentre l'abisso sbadiglia in attesa. "Una grappa!". Da uno specchio la tua faccia ti fissa in silenzio. Gli occhi sono ricolmi di un severo monito. Il locale è deserto e silenzioso. Lo riempie soltanto il ticchettio della tua coscienza: che ti accusa con mestizia "come e con quale cieca fede poter ritrovare la propria strada e aprirsi a viva forza la via del ritorno attraverso gli orrori tumultuosi di mille risvegli dirompenti, ognuno più spaventevole dell'altro, da un luogo dove nemmeno l'amore poteva ormai più penetrare?". Perplesso, ti ritrovi dagli alcolisti anonimi.
Inosservando essi ogni mitigante cautela, le loro riunioni le trovi inquietanti, falsamente asettiche, cariche di rimorsi, deprimenti, subdolamente giustizialiste, inquinate dal peccato originale, farisaicamente liberatrici: tanto da indurti ad affrettare il passo quando finalmente hai riconquistato la strada. E qui una incontrollata mormorazione religiosa ti accompagna nell'alitare della notte. Perché Santa Madre Chiesa concede ai suoi figli la libertà di coltivare l'indolenza, di perdonare e di commettere l'illecito. Mentre statuisce i peccati già li perdona. Santifica i suoi discepoli migliori, ammettendo implicitamente la perfezione degli uomini.
Questo è il suo contenuto eminentemente umano. La Chiesa romana assevera che non c'è nobiltà senza generosità. Può essere la via d'uscita. Nella certezza che le sue tradizionali prescrizioni dell'etica del "prossimo" - sulla giustizia, la carità, l'onestà e così via - sono ancora valide per la loro immediatezza: quella quotidiana della interazione fra gli uomini.
Ma nel contempo rifletti pure che questa sfera è eclissata dall'estendersi dell'agire collettivo in cui l'attore, l'azione e l'effetto non sono più gli stessi. "Nessuna etica precedente infatti doveva tener conto della condizione globale della vita umana e del lontano futuro: addirittura della sopravvivenza della specie. Il fatto che ora questi costituiscano dei problemi esige una nuova concezione dei diritti e dei doveri: per cui l'etica dei nostri padri non può fornire nemmeno i principi: e tanto meno una dottrina compiuta".
Amore, orgoglio, amicizia, fraternità, solidarietà sono sostantivi che davano l'illusione di entità stabili. Mentre essi oggi non hanno ormai realtà alcuna. Semplicemente, impediscono di comprendere che si ha a che fare con processi all'opera, in progress, in esseri umani.
E' umiliante essere costretti ad ammettere che dietro tanti ideali si cela una faccia brutta e grossolana, peraltro sfuggente e inafferrabile: l'esistenza umana, turbata da mille pericoli, minacciata da rovina e perdizione, protesa alla ricerca di una via di scampo, sorretta da speranze di salvezza, illuminata dall'aprirsi di possibilità positive, confortata da esperienze di autorealizzazione presente e futura e di pienezza di vita."Non saranno mai eguali gli uomini finché ce ne sarà una parte in grado di fare l'elemosina e una parte costretta a chiederla".
Ogni umana società è tenuta a definire la propria identità culturale. A partire dalla forma secondo la quale dà concretezza a questi temi: quando storicizza i problemi fondamentali della propria esistenza e quelli dell'esistenza dei singoli che la costituiscono. È venuto il tempo di respingere quella routine consuetudinaria - che è durata fin troppo e che ha cagionato tanto male - fatta di pregiudizi inveterati e delle abitudini più detestabili, dello spirito, del cuore e del linguaggio. E' giunta l'ora di condannare risolutamente e senza appello quella farisaica tradizione: per i sentimenti che ha generato negli animi indifesi e per gli atti odiosi che ne sono conseguiti. Giacché infine non c'è forma o grado di crudeltà, di ingiustizia e di depravazione che non sia stata individualmente o storicamente razionalizzata come motivata da buona intenzione: che è la migliore giustificazione del comportamento riprovevole. Pur nella perplessità puoi ricominciare a vivere nella decenza la tua giornata. Tutto ciò che funziona è buono e come ha ammesso lo stesso dottor Sigmund Freud, "avere una religione può essere più utile della psicoanalisi".

Quelle aspettative
Ascolta. Incontri nuovamente la stessa persona di poco prima: un anziano gentiluomo che si inchina e ti risaluta. Ancora non ricambi, per il sospetto che abbia confuso la tua identità. Ma ti fermi per educazione. E' l'incontro con un sorriso fatto di sole gengive e con un abito che ha smarrito il disegno del tessuto. Lo riconosci tra le nebbie della memoria. Già scrittore politico vagabondo, prolisso e verboso della sinistra la più impegnata, ti autografa e ti dona quasi a forza un suo opuscolo di "teologia per corrispondenza". L'ha scritto al termine - dice lui - del tragitto per Damasco. È singolare dover ammettere come anche la vecchiaia soffra oggi di una tragica perdita di dimensione simbolica. Giacché l'operina è del tutto puerile, disattenta, vanitosa ed infine inutile. Così l'ha giudicata anche il Fato nel decretarle dapprima la totale indifferenza e poi l'Oblio. Ricordi comunque di aver assaporato una torbida soddisfazione. Lo scritto veniva a sconfessare il novello convertito, che, ritornato alla fede dei padri, si contrapponeva ad essa con la trascurataggine e l'incuria dell'anima. Gli era sconosciuta l'attenzione, la considerazione, la riflessione e la coscienziosità che si accompagnano al contegno cauto e alla vigile sensibilità per i moti dello spirito. Avresti detto che il suo destino lo aveva inesorabilmente fissato in un punto del suo passato senza possibilità di ritorno. Stanco di starsene in disparte ad osservare lo sgretolamento della sua ideologia politica, si era staccato da se stesso come una nave che in gran segreto esca dal porto nottetempo.
Aldilà dell'episodio umano rammentato, hai pensato che indubitabilmente la Chiesa vive un momento specificamente favorevole. I valori religiosi sono rivalutati come fonte di riconquistate certezze. Aumentando l'insicurezza individuale e soprattutto sociale del nostro tempo, i valori dello spirito sono aggiornati come fonte di riconquistate certezze. La religione riacquista il suo significato primigenio: riattualizzato nell'ambito più vasto di un nuovo e moderno riferimento culturale. L'adesione alla fede avviene finalmente in un contesto più vasto in cui si stemperano tutte le differenze singole e collettive. E nuovamente la strada da percorrere è indicata in quella parte del sistema viario che conduce alla ricerca ed al possesso dei significati ultimi dell'esistenza nella loro globalità. È vero che la riconciliazione con la "Madre Chiesa" avviene per la svalutazione clamorosa delle altre istituzioni culturali e politiche. Ma pure questo è il pedaggio che la Chiesa deve pagare a chi vuole riattraversare la già obsoleta Nuova Frontiera. E' confortante dunque riflettere che le affermazioni religiose, anche le più inverosimili di tutte, posseggono una vitalità assolutamente non conforme alle aspettative.
Quelle aspettative che l'utopia politica voleva far diventare realtà: con il risultato di confermare la regola che i fini realizzati dalla Storia non sono il compimento della volontà umana bensì la risultante del rapporto o contrasto fra le intenzioni degli uomini e le condizioni oggettive. L'utopia è infatti quasi sempre un errore, ma raramente una menzogna. Il comunismo ha fallito tutti i suoi obiettivi, provocando l'opposto di quanto si proponeva: una società giusta, l'unione riordinata di popoli diversi, la diffusione di una moralità nuova. Ma in questo sta la sua forza simbolica: di mantenersi innocente attraverso e malgrado ogni fallimento.

Con sincero sdegno morale
Non ho alcun timore del Buon Dio.
Se accadesse che ci incontrassimo un giorno, avrei più rimproveri da fargli io che lui cose da criticare in me. È comprensibile che il popolo di Dio nel suo abituale dialogo nel tempio con l'Onnipotente abbia l'ardire di chiedergli certi conti, di farsi spiegare il perché del suo comportamento quando castiga il cattivo ma non uno peggiore di lui.
"Perché, vedendo i malvagi, taci, mentre l'empio ingoia il giusto?" (Abacuc I 13).
La comunità dei credenti pensa infatti che la serie dei fatti negativi sia determinata necessariamente da colui che ha disegnato gli eventi dell'uomo.
In verità, le disgrazie posseggono la sola gravità del destino cieco: non meno incomprensibile per chi legge che per chi ha redatto queste note. Chi scrive non solo non crede ad una divinità decadente postasi ad improvvisare questo mondo con materiale da discarica; ma che la concatenazione degli avvenimenti luttuosi sia attraversata incessantemente dal caso e dalla contingenza; e che infine incombe a noi tutti soltanto di criticare esplicitamente l'ordine sociale quando è ingiusto: e di rivolgerci con sincero sdegno morale contro le iniquità sociali, politiche ed economiche del nostro tempo. Denunciando senza pietà le manchevolezze esistenti: creando così una diffusa insoddisfazione verso le istituzioni dominanti e contribuendo a formare criticamente la coscienza dei nostri simili.
Vivere è prima di tutto desiderare.
Banditi i bilanci fatti di entrate e uscite, di successi e di sconfitte, si recupera il piacere di stare dentro alla vita presente: di apprezzarla, di ritrovare al suo interno le ragioni di un destino comune, neppure troppo triste.
Così tutto diventa possibile e più umano, anche la povertà: nella quale pure ci si può muovere con scioltezza serena.
Ma vivere è anche il piacere della solitudine. La riconquista e l'amore di sé, la visione vicina e lontana del mondo, la nuova esperienza entro il cerchio della propria vita continuamente mutevole: un quadro tra i più suggestivi e ricchi dell'umana vicenda quando è giunta in prossimità del suo declino.

Pagata ogni giorno di persona
Il viaggio finisce qui: in questo territorio disabitato. Che un tempo credevi popolato di fratelli della pace, di allevatori instancabili di colombe, di piantatori intensivi di ulivi. Hai usato le parole - rivestite di ogni significato e del loro opposto - non più che mezzi per affermare la tua identità. Al modo di salvagenti per tenerti a galla nell'incommensurabile mare della vita. Hai creduto nelle parole per amore delle medesime, del loro suono nonché del ruolo che ti procurano. Ma pure con la pretesa di salvarti l'anima. Coartato dal quotidiano, hai sposato le ragioni dei vinti ed hai scritto un'omelia in cui lo sconfitto recita la parte del perseguitato o della vittima sacrificale. Un metodo sicuro ed insuperabile per sopravvivere.
Come ho accennato poc'anzi, hai ripetutamente pensato, come tutti: ho più rimproveri da fare io all'Eterno di quanti Lui ne abbia nei miei confronti. Ma subito hai corretto, e qui chiarifico: è atto di presunzione accusare e condannare la Divinità, siccome procedono taluni mistici ebraici (hassidismo). Ed allora vado oltre. Pagandola con il dolore, hai esperimentato che alla vita laicamente concessati non è lecito di essere ripetitiva: bensì esplosiva e mutevole. Altrimenti - schiava ammanettata e impaurita - non potrà essere desiderata, coltivata e pagata ogni giorno, ogni ora. Di persona.

Il risveglio m'è allora un altro nascere: che la mente lavata dall'oblio e ritornata vergine nel sonno s'affaccia all'esistenza, curiosa.

Camillo Sbarbaro

Riuscire a trasformare le vicende della propria vita in racconto è una grande gioia: forse l'unica felicità che un essere umano possa trovare su questa terra.

Karen Blixen