Rivista Anarchica Online
L'assedio
di Antonio Cardella
Qual è l'Europa che ci aspetta con la futura attuazione degli accordi di Maastricht? Stando alle premesse
non
si tratta di una prospettiva tra le più confortanti. Le possibilità di una svolta esistono ma non
sembrano
interessare l'establishment politico europeo
Nel corso di una recente trasmissione di Milano-Italia, condotta da Gad Lerner
e dedicata al popolo della Lega,
circolò per la sala una carta geografica dell'Europa disegnata secondo le aspirazioni degli uomini di
Bossi. Con tratti marcati di un azzurro carico, si delimitava in essa un'area di opulenza e laboriosità
destinata, sempre
secondo i compilatori, a guidare la ripresa europea nella grande competizione con il resto del mondo
industrializzato. Ricostruendola a memoria e, quindi, con qualche margine di inesattezza, tale area
intensamente colorata
comprendeva, per l'intero, l'Austria, la Germania, l'Olanda, il Lussemburgo, e la Svizzera, e poi il Regno Unito,
con l'esclusione della Scozia e dell'Irlanda, la Francia sino all'asse Bordeaux-Marsiglia e l'Italia sino alla
Toscana. Il resto era delineato con tratti evanescenti su fondo grigio opaco. Secondo la visione degli
estensori di questa sorta di Magna Carta del XXI secolo l'azzurro carico rappresentava
tout-court le speranze di un futuro pacificato e opulento, in grado di regolare l'ordinato sviluppo economico,
sociale e politico dell'intero Continente. Era evidente che tale visione, in quella sala e su tanta gente, esercitava
un'indubbia suggestione, anche se da parte degli antileghisti le si muovevano alcune obiezioni, per lo
più di
natura etico-sociologica. Nella buona sostanza, gli antileghisti mostravano di non essere del tutto alieni dal
consentire sul disegno generale: si trattava soltanto di operare una forzatura, di ampliare, cioè l'area
dell'azzurro
carico, includendovi le zone originariamente amputate (oltre ai monconi di Francia e Italia, la Spagna ed il
Portogallo), le quali, certamente, non erano ancora degne di cotanto consesso, ma, insomma, non si poteva
lasciarle fuori, in primis per carità di patria, ma poi anche per evitare che si facessero più
consistenti le
resistenze alla realizzazione del disegno complessivo, mettendo in imbarazzo i governi relativi.
Cittadella assediata Debbo dirvi che lo scenario che quelle carte
prefiguravano, mi appariva privo di senso. A me quella macchia
azzurro-carico nel bel mezzo di un'area almeno tre volte più grande, mi si materializzava come la
classica
cittadella medievale, guarnita certamente di mura alte e resistenti, all'apparenza fiera e inespugnabile, ma
circondata da ogni parte da soldatesche, forse un po' male in arnese, ma numerose e palesemente motivate
dall'urgenza di seri problemi esistenziali: quindi agguerrite e decise a tutto. Posto così in termini
di contrapposizione frontale, l'esito di questo immaginario conflitto, alla lunga non può
che ipotizzarsi a favore della causa degli assediati, e su questo dato mi sembra occorra meditare
seriamente. Per usare un'immagine meteorologica, l'Europa occidentale - e segnatamente quella in rilievo
sulla famosa carta
- è come una zona depressionaria che richiami aria umida e fredda, foriera di tempo perturbato assai,
quando
non addirittura tempestoso. Guardati con quest'ottica, i destini dell'Europa non possono che essere segnati
dalla precarietà. Credete, infatti, che basteranno i cordoni sanitari elevati a presidio di questa
piccola e privilegiata porzione di
continente per resistere ad un processo di balcanizzazione che trasformerà intere plaghe europee in
terreno di
scontro tra egoismi di varia natura? Un processo che costringerà (e già oggi costringe) intere
popolazioni ad
abbandonare i luoghi natii per sottrarsi alla miseria e agli orrori dei conflitti etnici e religiosi, finendo col
premere ai confini di paesi ricchi o ritenuti tali. Ritengono tutti i fautori dell'Europa autarchica che
basterà
schierare i soldati lungo le coste e sui valichi di confine, per arginare uomini, donne e bambini, costretti a
procedere solo in avanti perché alle spalle non hanno che il deserto delle proprie disgrazie e
l'avvilimento della
propria condizione di diseredati? D'altra parte, considerate quale mutamento di logica delle regole della
convivenza internazionale, quanto tempo
e quante risorse occorrerebbero per progettare in fretta, perché di tempo ce n'è davvero poco,
un piano di
solidarietà concreta, che valga a sconfiggere le cause di un fenomeno di portata epocale, che minaccia
il futuro
di tutti noi, nessuno escluso, per protetto che esso si senta. Occorrerebbe, in prima istanza, una concezione
economica dello sviluppo che tornasse a privilegiare la
produzione dei beni, che tendesse ad allargare progressivamente il sistema industriale dei paesi che già
ne
avessero uno e da crearne di nuovi laddove non ne esistessero, badando ad esaltare le singole
vocazionalità,
senza imporre modelli ritenuti validi in assoluto. Occorrerebbe tornare immediatamente a riconsiderare la
moneta come strumento (largamente imperfetto) per il trasferimento di beni e servizi reali, eliminandone la base
puramente finanziaria, che del "vissuto" economico concreto è la reificazione. Bisognerebbe, infine,
avere una
visione del mondo molto diversa da quella che emerge dagli avvenimenti - capitolo di questa nostra benedetta
società. Bisognerebbe...!
Il consenso delle vittime Invece, nella cittadella assediata, alcuni omuncoli
che si spacciano per statisti, si danno un gran da fare a tirarsi
colpi bassi. Speculano sulle monete, sui tassi, bruciano ricchezze immense con sovrana incoscienza, mentre
nelle loro megalopoli ormai incontrollabili, cresce la grande delinquenza organizzata, ed anche la piccola,
quotidiana, sintomo di un profondo malessere sociale. Crescono - e sono questi i sintomi più allucinanti
- i
conati neonazisti, il razzismo, l'antisemitismo: sembra di rivivere il prologo di tragedie che si ritenevano ormai
consegnate alla storia, retaggio di un passato forse troppo presto ritenuto da archiviare. In questo contesto
- che non è una farneticante, visionaria interpretazione dei segni del presente - può esserci
ancora qualcuno che riesca a creder in buona fede ad una futura Europa vivibile, costruita con questi uomini
e con queste premesse? A me sembra che, se quella descritta è una realtà non contestabile,
tutti i discorsi su Maastricht, l'Europa a due
velocità, i sacrifici da compiere perché comunque si realizzi l'unificazione, altro non siano che
impulsi
emozionali lanciati dagli establishments per razionalizzare - a livello continentale - l'esercizio del loro potere,
sollecitando il consenso delle vittime predestinate.
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