Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 192
giugno 1992


Rivista Anarchica Online

Diamanti, profughi, golpe
di Gianni Sartori

Il recentissimo colpo di stato (fine di aprile) in Sierra Leone sembra essersi concluso in breve tempo (quasi senza spargimento di sangue) con la fuga del presidente Joseph Momoh in Guinea. Il potere è stato preso in mano da un Consiglio Nazionale provvisorio composto da 18 militari e da 4 civili, presieduto dal capitano Valentine Strasser. Come era prevedibile, la repressione si è inasprita e le recenti aperture verso il multipartitismo nuovamente rinviate sine die. Anche recentemente si era tornati a parlare con insistenza di un referendum popolare per decidere in proposito e si era giunti a votare nel Parlamento (in mano al partito unico APC) per un rinnovo della Costituzione per ammettere l'esistenza di più partiti.
I saccheggi e i disordini verificatisi in alcune città (soprattutto a Freetown) in coincidenza con il golpe hanno mostrato un diffuso e finora latente sentimento di ostilità nei riguardi del gran numero di profughi dal sud. Ovviamente i rifugiati diventano anche il comodo capro espiatorio per i ben più gravi disagi, che le truppe provocano alla popolazione. Gli abusi di ogni genere da parte dell'esercito ormai non si contano più.
E' comunque rilevante che a scatenare il golpe siano state le richieste di un aumento delle paghe da parte delle truppe impegnate contro i "ribelli". Proprio da questa lunga "guerra dimenticata" che insanguina da tempo il sud del paese derivano i maggiori problemi della Sierra Leone. Una guerra che, al di là della propaganda delle diverse fazioni, ha per posta soprattutto i ricchi giacimenti di diamanti.
A pagarne il prezzo è, come al solito, la popolazione civile. Almeno dall'anno scorso, da quando è stata resa nota l'attività di "ribelli" nel sud della Sierra Leone (sostenuti dalle forze del Fronte Nazionale Patriottico della Liberia) non c'è stato un attimo di tregua per le popolazioni inermi di Kenema, Bo e Pujehun. Le offensive dei "ribelli" si sono susseguite per impadronirsi dei ricchi distretti minerari della zona. Secondo quanto riportano i fuggiaschi (sempre più numerosi) dalle zone occupate dai "ribelli" è intenzione di questi ultimi tagliare in due la Sierra Leone, impadronendosi delle zone economicamente più ricche, sia quelle che producono i "raccolti commerciali" che quelle minerarie. Fin dall'inizio era loro intenzione impadronirsi innanzitutto delle importanti miniere di Kono e Tongo Field, centri economici fondamentali delle provincie orientali e meridionali della Sierra Leone. A loro non sembrano interessare altre zone del paese.
Se fossero riusciti ad occupare Daru completamente, con le sue caserme e i suoi armamenti, probabilmente sarebbero già riusciti nel loro intento. Charles Taylor può sentirsi soddisfatto: già controllava praticamente il 90% delle aree economicamente vitali della Liberia e ora ha saputo condurre i "ribelli" da lui sostenuti ad impadronirsi di buona parte di quella che viene considerata la "stanza economica dei bottoni" della Sierra Leone.
L'ingente ricchezza che ne deriva favorirà certamente le ulteriori fortune del capo militare. Già era presente nella proficua rete di contrabbando che si diramava da Tongo Field; ora con la presenza dei "ribelli" nell'area beneficerà ulteriormente dei notevoli traffici di diamanti, legname e "raccolti commerciali" (cash crops) attraverso la Liberia verso il Burkina Faso e la Costa d'Avorio.
Già prima dell'attuale guerra civile in Sierra Leone, il contrabbando dei diamanti in Liberia rendeva (secondo le stime ufficiali) almeno 100 milioni di dollari all'anno. Se i ribelli saranno in grado di trasportare regolarmente il loro bottino (e questo dipenderà dal grado di controllo militare che saranno in grado di esercitare sul territorio) le entrate per il NPFL (National Patriotic Front of Liberia) saranno ancora maggiori. A Freetown le autorità della Sierra Leone temono il peggio: l'offensiva dei "ribelli" mette in seria discussione la stabilità economica e politica dell'intero paese. Infatti, nonostante il contrabbando, il settore minerario della Sierra Leone gioca un ruolo vitale nel tenere insieme la fragile economia del paese (nel Rapporto Mondiale sullo Sviluppo del 1991 la Sierra Leone risulta uno dei paesi più poveri del mondo). Tra l'altro fornisce lavoro (più di 25.000 posti) alla scarsamente qualificata manodopera locale. L'unica speranza per il governo di Momoh è l'aiuto di alcuni paesi stranieri (Nigeria, Stati Uniti, Gran Bretagna, Arabia Saudita...). Questi aiuti potrebbero garantire una vittoria militare "sul campo" contro i "ribelli" o almeno il mantenimento delle posizioni. L'arrivo di contingenti di truppe nigeriane (condotte dal Col. David Ndifor) è stato accolto calorosamente l'anno scorso.
Non si può escludere che l'azione congiunta delle truppe della Sierra Leone, della Nigeria e della Guinea possano realizzare l'obiettivo primario del governo: riprendersi i territori perduti. Continuano inoltre gli aiuti americani: i C-141 scaricano aiuti di varia natura (non esclusivamente "umanitari"). Si tratta soprattutto di apparecchiature militari (definite "non letali"), di forniture mediche, di apparecchiature per comunicazioni radio...
Ufficialmente si tratta di un'azione degli USA per "migliorare la mobilità delle forze armate della Sierra Leone" contro quella che l'ambasciatore USA in Sierra Leone definisce "un'aggressione dei contendenti della guerra civile in Liberia contro la Sierra". In questi termini almeno si esprime Mr Gary Maybarduk. Naturalmente il traffico d'armi, più o meno clandestino, è quantomai florido. Anche la "lslamic Relief Organisation of Saudi Arabia" ha donato cibo per milioni di dollari ai profughi rifugiatisi nella vicina Guinea per sfuggire ai combattimenti.
Secondo la relazione dei Vescovi della Sierra Leone sulla situazione post-invasione dei "ribelli" liberiani, attualmente ci sarebbero più di 200.000 profughi raccolti nei campi alla periferia di Freetown; circa 60.000 a Kenama e Bo (sfollati dai villaggi della zona); 200.000 profughi a Kailhaun (dove parte si ferma e parte prosegue verso la Guinea); più di 200.000 profughi infine si sono rifugiati in Guinea.
Comunque, nonostante gli aiuti stranieri, la tattica guerrigliera dei ribelli sembra dare buoni risultati. I costi umani sono naturalmente altissimi: in un solo recente attacco durato poche ore ad uno sperduto villaggio si sono contati decine di caduti e parecchi dispersi. E questo avviene quasi quotidianamente. D'altra parte è risaputo che una parte della popolazione collabora con i "ribelli" nelle province occupate. Anche recentemente alcuni insegnanti sono stati arrestati per aver fornito ai "ribelli" precise indicazioni (carte geografiche con dettagli aggiunti a mano) sulle possibili vie di fuga dalle zone strategicamente più importanti. Attualmente la situazione non è chiara: per esempio i ribelli dichiarano di tenere la città, strategicamente di primaria importanza, di Daru; altrettanto dichiara l'esercito. Probabilmente entrambi dicono una parte di verità: i "ribelli" tengono Daru Town, le truppe Daru Barracks. A dividerli sarebbe soltanto il fiume Moa.
Secondo quanto riportato da alcune agenzie, il capo dei "ribelli", Foday Sankoh, si sarebbe vantato di controllare vaste aree dei distretti minerari. L'intera zona di Pujehun e le città e i villaggi lungo il fiume Moa sono state per lungo tempo interamente sotto il controllo del NPFL. I combattenti di Sankoh, sostenuto dal NPFL, avrebbero ancora il controllo di Fairo e Sulima, sempre nel distretto di Pujehun. I portavoce dell'esercito invece smentiscono le dichiarazioni dei "ribelli", e sostengono che tutte queste aree, inclusi Tongo Fields e Wei Town sono state riprese dalle truppe governative. Anche da parte loro si cerca l'appoggio della popolazione. Per es. in molte località vengono distribuite munizioni ai cacciatori locali (oltre ad un sostegno finanziario) affinché collaborino con le truppe nel respingere i "ribelli". Sempre secondo alcune agenzie, peraltro solitamente ben informate, le truppe alleate (della Nigeria, della Guinea e della Sierra Leone) in molte zone starebbero per avere il sopravvento. Dopo aver respinto i gruppi ribelli si lascerebbero alle spalle consistenti retroguardie per addestrare unità civili (definite di "autodifesa") in vista di futuri attacchi. Inevitabile riconoscere in queste operazioni lo stile nordamericano di contro-guerriglia.
Scontri particolarmente sanguinosi si sono avuti ultimamente nel distretto di Seindumai. Sembra che precedentemente i ribelli avessero fatto uso di "armi finte" per terrorizzare gli abitanti di alcuni villaggi, poi saccheggiati. Questo almeno è quanto dichiara il ministro della difesa. Sempre stando alle sue dichiarazioni tutto il territorio compreso tra Bandajuma e Futa Gbejeh sarebbe stato "disinfestato dai ribelli". Tra tanta incertezza l'unico dato sicuro è quello delle sofferenze indicibili cui sono sottoposte le popolazioni civili. Ci ha detto in proposito un missionario saveriano (che resta anonimo dovendo rientrare in Sierra Leone): "I Diritti Umani? Sistematicamente calpestati e violati. Se uno delle zone che erano in mano ai ribelli viene catturato dalle truppe sierraleonesi e non riesce a convincere i soldati di aver fatto tutto il possibile per scappare viene sommariamente giustiziato. Prima c'è la tortura, poi l'interrogatorio. Seguono alcuni giorni di carcere e infine l'esecuzione. Non ci sono registri, si scompare sempre senza nemmeno una prova".