Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 186
novembre 1991


Rivista Anarchica Online

Testimonianza di un settantenne

Tra qualche settimana in tutta Italia verrà ricordato il 73° anniversario della "vittoria", di quel "4 novembre" in cui, tra discorsi retorici e "festeggiamenti" vari, viene spesso travisata la tragica realtà dei fatti, e cioè non di una vittoria si trattò ma di una strage inutile che ci regalò il fascismo. Voglio portare la mia testimonianza antimilitarista, di settantenne, di ex-combattente politico, di ex-militare, di disprezzo per l'esercito, in quanto centro culturale di guerra, e luogo in cui si afferma e vengono trasmessi i valori più negativi per un essere umano, quale l'obbedienza cieca, la sottomissione, il culto della forza, l'odio e l'esaltazione della violenza, cioè il diritto di uccidere. Lo dico ai giovani d'oggi che tutto questo io ripudio e li invito ed esorto a non essere schiavi di questa falsa cultura, li invito a scansare questa "scuola" disumana e li esorto a dire "SIGNORNO'"! Dal gennaio '42 all'agosto '43 fui arruolato a Forte Aurelia, a Roma, e il giorno del giuramento buttai a terra il fucile (atto che rifeci a Sulmona, e in tempo di guerra c'era da finire a Gaeta o alla fucilazione), ma sempre me la cavai: non volevo uccidere, né per i Savoia, né per il "pavone" che si gonfiava e tuonava da Piazza Venezia. In 19 mesi di "naja" mi beccai una brutta pleurite secca, mal curata al "Buon Pastore" di Roma, che col passare degli anni mi ha ridotto a grave invalidità. Il 5 (non l'8 o ancor dopo...) settembre '43 disertai e giurai a me stesso che mai più mi sarei assoggettato a chiamate dell'esercito italiano, che, come tutti gli eserciti del mondo, già in tempo di pace spreca enormi risorse finanziarie, abusa della vitalità dei giovani, tratta come "pezze da piedi" la truppa, che non ha il coraggio di reagire e farsi rispettare come "uomini".
Da quel 5 settembre feci vita ribelle: appartenni ad una formazione partigiana Garibaldina, nel Bergamasco, ed anche lì scelsi di essere il più possibile libero nell'agire, rifiutando gli ordini, quando erano evidentemente sbagliati, denunciando pubblicamente addirittura il comandante, quando con viltà, cinismo e falsità, per eliminare a tutti i costi me ed un mio compagno, ci fece processare come "spie", con processo farsa e condanna a fucilazione immediata, ma mi salvai con l'amico anche quella volta! Da altre due condanne a morte fasciste (nel '44), da ripetute sparatorie per strada in città, da raffiche su un ponte dove in piena notte mi si intimò l'"altolà" da ambo i lati, da una incredibile fuga alla stazione di Bergamo, sempre sotto (nere) raffiche, dalla ronda della "Gestapo", mi salvai sempre e molto fortunatamente "in extremis" (se non è il momento non si muore!). Me ne tornai in montagna il 20 maggio '45, schifato dal "malandazzo" quasi generale, dopo aver disarmato e messo al muro per l'immediata fucilazione otto "patrioti dell'ultima ora", i quali, di notte, me assente, avevano rubato a più non posso nel vasto magazzino militare, strapieno di armi, vestiario invernale, liquori, gomme d'auto, radio ricetrasmittenti, scarponi, ecc... Non li fucilai perché, all'ultimo momento, intervenne il giovane e coraggioso curato del paese, don Mario Frizzi che piazzatosi tra me ed i morituri, a braccia aperte gridò: "...saranno anche ladri... ma se uccidi loro devi uccidere anche me". Potevo ucciderlo? No di certo; così feci buttare a terra gli otto "foulard" rossi che vergognosamente portavano al collo e li cacciai, maledetti "patrioti-ladri"! Ormai il mio foglio di "congedo illimitato" e quello falso di "congedo assoluto" (che mi servì per gabbare i neri tutori del cosiddetto ordine nazifascista, ma non i Carabinieri che ai primi di aprile '45 m'incarcerarono e spedirono in Campo di concentramento), dormono dal '45 dimenticati in un buio cassetto.
Da ormai 45 anni per noi settantenni è tutto passato, ma i "venti di guerra" fischiano ancora ed urla la "bufera", vorrei essere giovane e sano per disubbidire ed obiettare ancora, e voi giovani dovete dire "N0" alla "naja" dei padroni, "NO" all'uccidere uomini come voi, di qualsiasi razza e colore siano; ci vuole molto più coraggio ad obiettare che ad ubbidire: "NO A TUTTI GLI ESERCITI perché L'UOMO FINISCE DOVE COMINCIA IL SOLDATO!"

Giovanni Artifoni
(Bergamo)