La cronaca, fatta da uno dei protagonisti, dell'occupazione
del Museo del Komsomol di Mosca ad opera di un gruppo di anarchici
Quella che segue è una corrispondenza inviataci in
chiusura del numero da un'esponente del Fronte Anarchico Giovanile
di Mosca. Essa costituisce una testimonianza dell'azione volta
alla costituzione di un Centro culturale autogestito svoltasi la
notte del 29 agosto a Mosca. Il Museo del Komsomol, di cui viene
descritta l'occupazione, date le trasformazioni generali in corso,
non avrà la possibilità di perseguire un'azione
legale contro gli occupanti non esistendo più come ente
giuridico. Anche a questo proposito questo articolo costituisce
una testimonianza diretta delle tensioni, dei fermenti e delle
trasformazioni politiche in atto in URSS.
Dall'autunno 1990 nel Museo di Storia del Komsomol
(Organizzazione dei Giovani Comunisti dell'URSS) di Mosca per un
accordo tra l'amministrazione del Museo e l'organizzazione moscovita
della confederazione degli Anarco-sindacalisti (KAS), sono stati
approvati alcuni seminari della scuola moscovita apartitica della
Kas. Per questo uno degli organizzatori della scuola si è
impiegato nel Museo. Sono state tenute lezioni e seminari di
storia dell'anarchismo, di sociologia, di cultura e di
filosofia. Uditori delle lezioni sono state persone interessate
all'anarchismo, sostanzialmente giovani, che non aderivano alla
Kas a causa dell'orientamento puramente sindacalistico dell'organizzazione . La scuola è
diventata un gruppo di
opposizione alla direzione della Kas, gruppo che difendeva la
necessità di lavoro con la gioventù marginale e la
partecipazione alla controcultura. Dopo l'uscita di tutti e tre i
coordinatori della scuola della Kas, alla fine di febbraio, la
scuola ha cessato di farne parte. Due dei coordinatori con alcuni
uditori presero parte alla fondazione della nuova organizzazione
anarco-comunista: iniziativa degli anarchici rivoluzionari, IREAN.
Il terzo aderì al Fronte Anarchico Giovanile (AMF), nel quale
entrarono anche molti uditori della scuola.
Azione
dimostrativa Nel frattempo il Museo si trovò sotto la minaccia della
privatizzazione e del trasferimento del palazzo ad una impresa
commerciale. Allora nacque l'idea dell'occupazione del Museo. Dopo
il Putsch questa minaccia divenne reale... non c'era tempo per
aspettare e l'AMF prese la decisione di promuovere l'azione
dimostrativa dell'occupazione del palazzo, allo scopo di fondare in
esso un centro culturale. Nel quadro di questo centro fu
pianificato lo sviluppo di differenti innovative tra le quali
c'erano: una sala per le mostre, una per le conferenze, una
biblioteca, un centro musicale e un centro
socio-politico. Possedendo la chiave, si decise di passare al
Museo di sera come per la riunione abituale, di barricare la porta e
resistere fino al mattino, e il mattino tenere una conferenza
stampa. In caso di repressione decidemmo di tenere resistenza
passiva.
Eravamo la metà La sera del 29 agosto cominciammo l'azione, barricammo
la porta
posteriore. Gli abitanti della casa vicina pensarono che nel
Museo si erano introdotti i ladri e chiamarono la polizia. Per la
sconsideratezza di chi era di guardia, la polizia riuscì a
fare irruzione nell'edificio dalla porta anteriore. Non potevamo
essere arrestati prima della conferenza stampa e perciò
decidemmo di lasciare il museo per ripenetrarvi dopo l'uscita della
polizia. Uscimmo nel cortile accanto. Arrivarono il direttore del
museo ed alcuni collaboratori, i quali smontarono la barricata alla
porta posteriore ed installarono una nuova serratura . La polizia si
trattenne tanto a lungo nell'edificio che molti dei nostri
reputarono tutto fosse finito e andarono a casa. Quando la polizia
finalmente uscì rimanevano soltanto dodici persone. Dopo un
po' uno dei nostri entrò nell'edificio e ci aprì la
porta dall'interno. Il resto della notte restammo nel museo, ognuno
mantenne la sua presenza, ci assegnammo dei turni alla porta e al
telefono. Mantenemmo un legame ininterrotto con stazioni radio che
trasmettevano notizie sulla nostra occupazione. Alla televisione
di Mosca trasmisero un servizio con la nostra intervista, e i mezzi
di informazione ci sostenevano. La mattina arrivò il
direttore del museo con un drappello di polizia, non acconsentirono
a trattare, sfondarono la porta; la resistenza sarebbe stata
assurda: eravamo la metà. Trasmettemmo le ultime notizie
per telefono e dopo fummo arrestati. I corrispondenti, in
ritardo, arrivarono quando già la polizia si era allontanata.
Il "potere" non era interessato a prolungare il conflitto
(era passato il putsch da appena una settimana) e ci rilasciarono
tutti. Solo il direttore del museo richiese una confessione, ma
la richiesta non fu soddisfatta. Ottenemmo la concessione di uno
scantinato in una casa vicina, senza garanzie giuridiche, garanzie
che stiamo cercando di avere registrando il centro sociale. Per il
suo restauro è necessaria una grossa somma di denaro. In
questo momento, parallelamente alle riparazioni che stiamo cercando
di eseguire, è cominciato il programma musicale del
centro, e con questa denominazione organizziamo dei concerti che
oggi portano lo slogan di "ROCK CONTRO IL MILITARISMO"
nel quadro della campagna contro il servizio militare
obbligatorio, nel quale l'AMF prende parte attiva.